Capitolo 5 - Realtà

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«Bè, direi che come prima cena non è andata male» disse Daniel, dopo aver ascoltato il breve resoconto di John.

Lui sorrise amaramente, premendosi le dita della mano libera dal bicchiere di brandy sulla tempia. Gli era venuto un gran mal di testa e aveva la spaventosa tentazione di scolarsi l'intera bottiglia.

«Ma fammi il piacere» rispose infatti, mentre anche Daniel si versava un bicchiere e si sedeva sulla poltrona di fronte a lui. Al signor Montgomery era quasi venuto un colpo quando aveva chiesto di far salire in salotto il signor Cooper e aveva congedato sia lui che il cameriere, ma al diavolo l'etichetta. Aveva bisogno del suo migliore amico.

«Dico sul serio: hai superato la prova in modo brillante. Non che avessi dei dubbi. Solo non capisco perché tu sia stato così scorbutico nei confronti della signorina Gray. Al piano di sotto, Fox, il cameriere, ci ha raccontato che la signorina ti lanciava saette.»

«Ha detto così?»

«Proprio così: saette! Anche se diceva che lo ha fatto più per il rimprovero della Baronessa che per il vostro breve battibecco. Fox l'ha definita viziata, capricciosa e saccente. E, incredibile ma vero, nonostante fosse presente anche la signora Potter, non l'ha messo a tacere. A me comunque è sembrata gentile e cordiale, dunque mi chiedo cosa ti abbia fatto per meritarsi un trattamento simile.»

John non rispose, preferendo svuotare il bicchiere.

Era stato molto prudente nel corso di quei dieci anni. Non si era mai fatto vedere in Inghilterra e le lettere indirizzate a lui in Giamaica gli venivano fatte recapitare a Londra al quartier generale dal signor Timothy, l'amministratore che aveva lasciato nelle piantagioni. Una volta ricevute, lui le rispediva in città, dove i segretari le mandavano ai destinatari.

Era stato molto prudente anche prima di tornare. Aveva ripetuto insieme a Daniel per filo e per segno almeno cento volte la storia che avrebbero raccontato. Inventare frottole faceva parte del suo lavoro e aveva architettato tutto credendo di essersi preparato a sufficienza: aveva previsto le domande di suo padre e infatti era riuscito a liquidare la sua curiosità durante il breve incontro del pomeriggio; aveva previsto le esclamazioni melodrammatiche di zia Shaw e il fatto che avrebbe parlato della guerra. Per precauzione si era preparato anche a un eventuale incontro con Jamie.

Non si era però preparato alla signorina Gray.

Era solo un modo per evitare l'argomento?

Aveva fatto centro.

Senza saperlo, lo aveva smascherato. E lui era rimasto muto come un idiota. 

Per fortuna ci aveva pensato zia Shaw a distogliere l'attenzione, ma era sicuro che avesse notato il suo tentennamento. Le giovani donne erano abituate a osservare i piccoli dettagli e Camille non faceva eccezione. Gli avrebbe chiesto ancora della Giamaica, aspettandosi descrizioni poetiche e romantiche di paesaggi, della vita di una piantagione e delle persone che ci vivevano.

E lui non sapeva come comportarsi.

Era abituato agli imprevisti, succedevano sempre, eppure Camille era quel tipo di inconveniente che avrebbe messo a dura prova la sua pazienza e capacità di razionalizzare. 

Non perché avrebbe chiesto della Giamaica o perché fosse tanto bella da togliere il fiato e aveva quegli occhi ambrati incapaci di nascondere le emozioni, ma perché rappresentava ciò che più lui odiava: superficialità, vanità e frivolezza. E poteva benissimo dare ragione a Fox: era sicuramente viziata e capricciosa. Dopo il piccolo rimprovero di zia Shaw, ad esempio, non aveva più parlato. Se ne era rimasta immusonita, limitandosi ad annuire e a pronunciare frasi di circostanza.

Un visconte all'improvvisoحيث تعيش القصص. اكتشف الآن