Capitolo 12 - L'istinto dell'investigatore

181 14 21
                                    


«Oh mio Dio!» esclamò Camille alla vista del cadavere della Duchessa, diventando pallida come un lenzuolo e coprendosi la bocca con le mani. Le gambe le cedettero per davvero questa volta e se dietro di lei a sorreggerla non ci fosse stato John, si sarebbe afflosciata a terra come un soufflé venuto male.

«Camille, vi prego, venite via» la implorò, tirandola indietro. Avrebbe voluto risparmiarle quella scena orribile, ma lei restava inchiodata sul posto.

L'istinto di John, invece, si tese tutto in una volta e, nella mente, ecco che dopo mesi fece di nuovo capolino la voce della spia. "Osserva attentamente l'ambiente circostante" gli intimò. "Raccogli quanti più dettagli possibili prima che si avvicinino troppe persone".

Purtroppo, la sua bella fanciulla irrequieta si riscosse in fretta dallo stato di shock, senza dargliene la possibilità. Percorse in grandi falcate la strada a ritroso, gridando aiuto e chiamando a squarciagola il Duca e la Marchesa di Cleredone, figlia minore della povera Duchessa e venuta anche lei lì dal Somerset per festeggiarne il compleanno.

Nei minuti successivi, come c'era da aspettarsi, ci furono urla e svenimenti, paura e caos, sdegno e incredulità. Nessuno dei presenti avrebbe mai immaginato che la festa per i settant'anni della Duchessa Madre di Southlake si sarebbe conclusa con il suo omicidio... perché di quello si trattava. L'urlo agghiacciante e la ferita alla tempia, incompatibili con una caduta intenzionale dal terrazzino del terzo piano, escludeva a priori il suicidio.

«Fate allontanare tutti» disse John al Duca, consapevole che ogni traccia stava venendo cancellata a causa dei nobili che, sempre più numerosi, accorrevano e si accalcavano intorno al corpo della nobildonna. «Anzi: mandateli via e fate chiamare le autorità» aggiunse, conscio che l'assassino, chiunque egli fosse, di sicuro non si nascondeva in quel marasma di palloni gonfiati. 

Sua Grazia, sconvolto, obbedì senza fiatare.

Nessuno si fece pregare per lasciare il palazzo. La maggior parte corse via come se avesse un demone alle calcagna, senza salutare e rischiando pure di calpestare qualcuno nella foga di uscire dal portone il prima possibile. Quando poi la scena del crimine fu sgombra, a eccezione di un paio di camerieri sul punto di dare di stomaco rimasti per sorvegliare la Duchessa, John poté iniziare il suo lavoro.

Era consapevole di non doverlo fare. Avrebbe potuto rivelare troppo di sé ed esporsi al punto che chiunque, Camille soprattutto, avrebbe capito che in realtà non era mai stato nelle piantagioni e che vedere cadaveri e sventare congiure erano stati il suo pane quotidiano degli ultimi dieci anni. L'indole investigativa però era dura da mettere a tacere e, suo malgrado, dovette ammettere di essere quasi emozionato all'idea di un nuovo caso da risolvere.

Per quello si avvicinò, esaminando la posizione del corpo, le ferite e il terrazzino dal quale la Duchessa era precipitata.

Lentamente si sedette sui talloni, scostando una ciocca di capelli grigi dalla fronte della donna, percorrendole la guancia e sfiorando infine la ferita sul lato sinistro della nuca: era rotonda al tatto, con un grosso ematoma che andava via via formandosi tutt'attorno. Di certo, non il risultato di un colpo inferto da una lama, tantomeno da una mano chiusa a pugno. Un oggetto duro e pesante era più probabile: un fermacarte, un portagioie, un candelabro... le possibilità erano numerose.

La seconda considerazione che fece risollevandosi e guardando il modo scomposto in cui si erano rotti gli arti, fu che doveva essere stata spinta con violenza: il corpo, infatti, oltre alle fratture scomposte, era atterrato di schiena e con la testa rivolta verso il muro. Se si fosse buttata o fosse stramazzata solo per via del colpo alla fronte, sarebbe stata nella posizione contraria, ovvero di pancia e con la testa rivolta al giardino. Terzo: c'era quell'urlo da tenere in considerazione, il quale gli fece presumere che la Duchessa aveva lottato per difendersi e che, al momento dell'impatto, era ancora cosciente.

Un visconte all'improvvisoWhere stories live. Discover now