Capitolo 13 - Litigi e nuovi incarichi

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«Possibile che i giornali non sappiano parlare d'altro?» esclamò il Visconte furioso, leggendo l'ennesimo articolo sulla morte della Duchessa madre di Southlake. «Non hanno alcun rispetto per quella povera famiglia. E che fine hanno fatto le guerre, la politica e l'economia? Tutto sparito?»

John sospirò bevendo il suo tè.

Era passata una settimana dall'omicidio e, com'era prevedibile, la tragica notizia aveva fatto il giro di tutta l'Inghilterra, portando a Windermere giornalisti e pseudo investigatori certi di fare il colpo grosso indagando sull'assassinio di una personalità come Susan Wortham. John era convinto avrebbero avuto a che fare con quella marmaglia ancora per un paio di settimane, tre al massimo, prima che la loro attenzione venisse catturata altrove.

«Come avete ragione, milord» intervenne Camille, quel mattino per fortuna meno cerea del solito. «Phoebe mi scrive ogni giorno, dicendomi che i giornalisti si presentano in continuazione a Southlake nella speranza di strappare un commento al Duca o alla Marchesa, ignorando il momento difficile che stanno passando. Non vanno nemmeno in città, onde evitare spiacevoli incontri» concluse mesta, mandando giù un boccone di macedonia.

Di sicuro, pensò John, erano stati momenti difficili anche per lei. E per quanto Camille si sforzasse di apparire serena, in verità aveva passato gli ultimi giorni a girovagare per il castello senza meta e pallida come un fantasma.

Ci voleva tempo.

Come ribadito durante la loro ultima conversazione, gli incubi le avrebbero fatto compagnia ancora per parecchio. E poco importava se lui avrebbe potuto darle conforto perché consapevole di quello che stava passando: da codardo, non aveva più osato rivolgerle la parola. Primo, perché non poteva farla ubriacare ogni qual volta si sentisse in vena di confidenze; secondo, perché non aveva ancora accettato appieno i suoi sentimenti; terzo, perché anche Camille aveva fatto di tutto per evitare di stare sola con lui più del dovuto.

Probabilmente era ancora arrabbiata.

"Perché qualsiasi cosa io faccia, voi siete sempre pronto a rimproverarmi e a sminuirmi?"

"Mi giudicate e mi fate sentire una sciocca come sempre."

"Volete rimproverarmi anche adesso?"

Al Diavolo!

Se avesse potuto, si sarebbe preso a pugni da solo.

Perché John si struggeva e malediceva per quell'affetto che provava, si mangiava il fegato dalla gelosia, e l'unica cosa che riusciva a tirar fuori era il lato peggiore del suo pessimo carattere. Anche lei, però, avrebbe dovuto capire che le sue parole erano dettate solo dalla preoccupazione e dal fatto che gli faceva male vederla fra le braccia di quel damerino. Si vantava tanto del suo intuito che quasi mai sbagliava e della sua capacità di capire le persone, eppure non si era per nulla accorta di come diventava rigido in sua presenza, di come cercava di nascondere l'attrazione che sentiva e di quanto fosse tranquillo al suo fianco, addirittura da rivelarle verità che, a parte Daniel, nessun altro conosceva.

Era davvero una sciocca, allora, e lui lo era ancora di più se pensava di riuscire in qualche modo a fare breccia nel suo cuore.

«Che assurdità!» disse suo padre in risposta al commento di Camille. «Fossi nel Duca li avrei già fatti tutti arrestare.»

«Forse credono di cavare qualche ragno dal buco» intervenne lui, cercando di distrarsi da quei pensieri che da giorni gli facevano perdere il sonno e, ne era convinto, il raziocinio.

«In che senso?»

«Uno scandalo, mia cara, ecco cosa vanno cercando quegli approfittatori» rispose suo padre. «Ma se nemmeno la polizia ha idea di che pesci prendere, figuriamoci dei giornalisti di bassa lega. E a proposito di polizia: ho visto poco fa che Montgomery ti porgeva un loro messaggio, di che si tratta?»

Un visconte all'improvvisoWhere stories live. Discover now