23. Metallo

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Io e Charles ci avviciniamo all'entrata del parcheggio sotterraneo dell'edificio della Gestione Sportiva e, una volta arrivati, lui si sposta per lasciarmi entrare per prima, anche se di fatto le porte sono automatiche.

«Grazie!» Gli dico io sorridente. Lui ricambia il mio sorriso e mi segue dicendo «Sai che tecnicamente dovrebbero essere gli uomini ad entrare per primi? Così possono controllare l'ambiente ed evitare pericoli.»

Per un attimo mi chiedo se Charles sia serio; l'aria condizionata mi scuote e mi volto a guardarlo «Da quando ti interessi alle buone maniere?»

Lui alza un sopracciglio come se fosse una cosa ovvia «Da sempre, e comunque vale solo per i luoghi sconosciuti, questo penso che tu lo conosca bene.» Dice, indicando il primo logo del Cavallino che vediamo, poi continua «Perciò sono stato educato!» Esclama, facendomi l'occhiolino e prendendo con la mano libera la mia macchina fotografica «Dai che ti dò una mano.»

Sento le mie guance prendere fuoco, allora scuoto la testa nella speranza di nasconderle con i capelli. Imbarazzata, lo ringrazio mentre continuiamo a proseguire per raggiungere il piano superiore.

 Imbarazzata, lo ringrazio mentre continuiamo a proseguire per raggiungere il piano superiore

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 «Ma tu hai idea di dove dobbiamo andare? Io no.» Ammetto confusa, guardando Charles proseguire sicuro «Da Mattia. Sicuramente lui lo saprà. Sa sempre tutto, no?» Mi dice lui, con un sorrisetto provocatorio.

Smettila di provocarmi! Vorrei urlargli seccata. Ma non lo faccio, in realtà non mi dispiace.

Per niente.

Annuisco, così procediamo in direzione dell'ufficio di mio padre.

«Allora, come va?» Gli chiedo io per essere gentile.

«Va...» Risponde lui, facendomi capire che non sta andando tutto esattamente per il meglio, ma non ho molta confidenza con lui, quindi decido di non approfondire ulteriormente. Ma Charles mi toglie dall'imbarazzo della risposta, chiedendomi come sto a mia volta.

«Bene.» Rispondo io, molto poco sinceramente.

Da una parte sono felice, dall'altra ho mille dubbi proprio a causa sua. Però si, sono felice. È questo che conta, dopotutto, no?

Arrivati davanti alla porta dell'ufficio di mio padre, mi fermo. Charles fa lo stesso e scherza «Allora avevo ragione, conosci davvero questo posto!» Poi mi fa di nuovo l'occhiolino e come risposta alzo gli occhi al cielo.

In realtà, quando alzo la mano per bussare, noto che sulle braccia ho la pelle d'oca.

E non per l'aria condizionata.

Detesto il mio corpo.

Per fortuna mio padre ci dice di entrare, ma prima che io possa posare la mano sulla maniglia della porta, Charles sfiora la mia mano, aprendola al mio posto.

Sto per ringraziarlo di nuovo, ma quando la porta si apre, vedo mio padre sorriderci e io mi vergogno troppo anche solo per sussurrare un timido 'grazie', così invece, saluto mio papà.

Momentum || Charles LeclercWhere stories live. Discover now