12. Non ha importanza

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E' da poco meno di due ore che sto guidando. Ho già varcato il suolo della Lombardia e potrei essere benissimo a Milano, ma no, sto andando a casa. Di là non passerò.

Normalmente avrei acceso lo stereo e avrei ascoltato un po' di musica dalla mia playlist preferita; mi mette sempre di buonumore. In generale anche soltanto guidare mi rende felice.

Ma non sono felice.

Sono solo e semplicemente una grandissima testa di cazzo.

Non riesco a crederci; non riesco a credere che se ne sia accorto anche Mattia. Pensavo mi chiamasse a casa sua per parlare di lavoro, invece no. Ha aspettato che chiudessi la porta d'ingresso per farmi il suo discorso, che probabilmente si era anche già preparato.

Scuoto la testa, e provo per l'ennesima volta a non pensarci. Ma non ci riesco, è impossibile svuotare la mente. Mi tolgo dalla corsia di sorpasso, tentando di mantenere la calma; forse un po' di musica potrebbe davvero aiutarmi.

Cazzo Charles, sei davvero un coglione.

E alla fine non ci riesco, perché sento ancora su di me lo sguardo di Mattia. Non era arrabbiato, anzi, quando sono entrato in casa sua, mi ha accolto con un sorriso divertito sulle labbra. Solo dopo avrei scoperto essere soltanto curiosità. Mattia era curioso, ma questo non lo potevo sapere quando mi sono seduto nel suo studio, immaginando che mi avrebbe parlato di lavoro.

«Désolé, Charles, je t'ai peut-être fait venir ici pour une raison stupide. Mais... Oh, je me sens stupide de t'en parler! J'aime ma fille et peut-être que... j'ai compris ce qui se passe avec elle. Je me fiche de qui elle aime, mais je veux qu'elle soit heureuse. Tu comprends?»

Sono rimasto spiazzato, ma poi ho risposto — rigorosamente in francese — la lingua abituale delle nostre conversazioni «Oui, je-» Ma non sono stato in grado di dire altro, perché Mattia ha continuato.

«Chiara est heureuse avec Jacopo, j'ai déjà dit que je me fiche de qui elle aime. Pourrait-elle être plus heureux avec toi? Je ne peux pas savoir, je veux juste que tu saches qu'elle a un petit ami. Tu le savais avant, mais je te l'ai rappelé. Cela dit, peu importe ce qui arrive, mais si tu essaies d'interposer entre eux sans sa volonté, alors je ne pourrai plus rester en dehors, ok?»

E così ho annuito, senza comprendere pienamente le sua parole. Lui ha considerato la questione chiusa e sono uscito evitando di dare spiegazioni. Penso che ieri sera abbia capito cosa fosse successo; forse l'ha chiesto a Chiara o non so...

Ma in ogni caso, una volta fuori, ho cercato Chiara. Ero impaziente di spiegarle che il mio sguardo era finito proprio perché volevo avere una sua reazione. Ma avrei dovuto pensarci prima; era soltanto una pessima idea.

Ho percorso il vialetto, passando la piscina, seguito dal cane dei Binotto, immaginando di trovare Chiara da qualche parte, ancora con la sua amica, ma entrambe erano sparite. Non c'era nessuno, a parte me e Maeve.

Avrei voluto chiamare il suo nome, ma dopo quelle parole di Mattia, mi vergognavo così tanto, che sono salito in macchina e ho iniziato a guidare per tornare a casa.

E ora, sono ancora qui, su questo sedile, sforzandomi di pensare ad altro. Ma non ci riesco. Mattia vuole soltanto che sua figlia sia felice, non importa con chi, ma allora perché me ne ha parlato quasi come fosse un avvertimento, quasi a dirmi di stare lontano da lei?

Fanculo, dovrei accendere lo stereo e basta.

Davanti a me ci sono macchine troppo lente, così mi sposto di nuovo nella corsia di sinistra per sorpassarle. Ma una volta fatto tutto ciò, pur avendo incollato lo sguardo davanti a me, non muovo un dito per riempire questo silenzio. In fin dei conti, questo silenzio, è già troppo rumoroso.

Momentum || Charles LeclercWhere stories live. Discover now