Epilogo

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"Soprattutto voglio
salvarti da me"


Cinque mesi dopo....

Era una notte piovosa, con le nuvole che coprivano interamente il cielo, nascondendo la luna e le sue compagne stelle, quando aveva chiesto a sua madre perché la luna sembrava seguirlo dappertutto.

Aveva tre anni, o forse quattro, non ricordava, ma rimembrava le parole della sua amata mamma, che non aveva mai dimenticato.

Gli aveva detto che la Luna lo seguiva dappertutto perché lo stava proteggendo, lo stava tenendo d'occhio dai mostri cattivi, lo stava osservando da lontano per far sì che niente potesse fargli del male.

E poi gli disse, che un giorno, quando sarebbe stato grande, avrebbe trovato la sua luna. Non quella che stava in cielo, e ogni mese aveva forme e dimensioni diverse. Gli disse che un giorno, quando avrebbe trovato l'amore, avrebbe trovato anche la sua luna.

Avrebbe trovato la persona che lo avrebbe protetto, perché il male non lo toccasse mai. Che lo avrebbe amato, come la luna amava le sue stelle, e che gli avrebbe illuminato il suo cammino buio con la sua luce.

Gli disse che un giorno avrebbe trovato la persona che sarebbe diventata la sua luna, quella che sarebbe rimasta per sempre con lui, che lo avrebbe seguito ovunque e lo avrebbe guidato nel buio.

E lui l'aveva trovata. Aveva trovata la sua luna, senza di cui la notte non aveva più senso, senza di cui lui non poteva vivere, perché la paura del buio e dell'ignoto non gliel'avrebbero mai permesso.

Ma lui quella luna l'aveva persa.

L'aveva persa in uno dei giorni più brutti della sua vita.

L'aveva persa, guardandola scivolare dalle sue dita e dalle sue mani, finché l'aveva vista scomparire in un abisso infinito.

L'aveva lasciata andare, e ogni giorno un pezzo di lui la seguiva, lasciando in lui nient'altro che il dolore totalizzante, che ormai quasi non percepiva più.

Aveva perso la sua luna, e con lei aveva perso anche sé stesso.

Pensava che quel giorno ne sarebbe uscito vincitore, ma ne era uscito senza niente tra le mani, se non con un cuore sanguinante e la mente a pezzi.

E mentre camminava sul terreno fangoso, con la leggera pioggerellina fredda che gli colpiva le spalle coperte dalla giacca nera, e i capelli cresciuti, stringeva al suo petto il mazzo di fiori. Il loro profumo dolce e delicato gli pizzicava le narici, e gli faceva stringere più forte le labbra e la mascella.

Il loro colore splendente e accesso contrastava con i colori scuri presenti accanto a lui, e con la tristezza e il dolore che lo circondavano.

Non aveva mai amato i cimitero...

Li odiava, lo aveva sempre fatto.

Odiava l'odore di terra e di piante selvatiche che vi era in esso, il suono dei pianti, dei gemiti di dolore e delle parole spezzate. Odiava ogni singola cosa di quel posto, e voleva solo andarsene.

Voleva solo andare, scappare così lontano, e lasciare che il tempo lo deteriorasse, che si portasse via gli ultimi pezzi che gli erano rimasti.

Ma lui continuò a camminare, la testa alta e lo sguardo fisso davanti a sé. I suoi stivali si muovevano automaticamente tra i sentieri, ormai sapendo a memoria ogni singolo passo che lo portava a lei.

L'odore dell'erba e della terra bagnata si faceva sempre più forte, ma non copriva mai il profumo dei fiori nel suo braccio.

Non li guardò, non aveva mai avuto il coraggio di farlo da quel giorno.

Perso Senza Di TeWhere stories live. Discover now