Prologo: Somebody does Love

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La vista dall'alto la rilassava

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La vista dall'alto la rilassava.

Daeun Mochizuki si portò gli occhiali da sole sulla nuca, tenendosi i gomiti dietro la schiena pur di non appoggiarsi al parapetto di cemento ed a quella sorta di tubo di metallo posto sopra di esso, probabilmente aggiunto come ulteriore protezione; se si fosse appoggiata, il calore racchiuso in essi a causa di venticinque gradi circa di giugno l'avrebbe scottata.

Ciononostante, si affacciò quanto bastava per guardare di sotto: cinque piani, se non contava quello su cui era, la separavano dalla terra ferma.

Quella stupida barzelletta che raccontava spesso alle elementari le tornò alla mente, portandola a sbuffare divertita; se davvero bastasse pensare di essere una palla per non spiaccicarsi al suolo, chissà quante persone si sarebbero potute salvare nel corso degli anni.

Eppure quella battuta sull'uomo che si lanciava da un palazzo pensando di essere una palla, rimbalzando e tornando su mentre un altro pensò di essere un budino, spiaccicandosi inesorabilmente al suolo, faceva ridere lei ed i suoi compagni di classe, quand'erano piccoli.

Ma gli anni passano e portano a cambiare, e Daeun lo notava dalle piccole cose: una barzelletta che non la faceva più ridere, il non avere più paura che il balcone su cui si trovava cadesse a causa della leggera pendenza con cui era stato volutamente costruito, le verdure da sempre odiate ma amate da un annetto a quella parte o il suo colore preferito, passato da nero a blu.

Crescere e cambiare erano parte dell'essere umano.
Talvolta era piacevole, talvolta risultava stressante; ciononostante era qualcosa di inevitabile.

"Mic Drop", la canzone che stava ascoltando, venne interrotta dalla suoneria del cellulare e non appena Daeun lo esse il numero sullo schermo sbuffò abbastanza sonoramente da fare spostare l'attenzione di suo padre Elia dalla televisione, posta accanto alla porta-finestra del balcone, a lei.

«Che c'è?» chiese l'uomo abbassando il volume dell'audio, la figlia negò col capo.

Quell'interruzione portava il nome di un portatore di stress che Daeun avrebbe voluto eliminare dalla sua vita.

«Pronto?» rispose lei tirando fuori il miglior sorriso falso che potesse avere, pur cosciente di non poter essere vista dalla persona dall'altro lato del telefono «In realtà sono a Milano, a casa dei miei nonni... Sai, domattina parto, te l'avevo detto» riprese, il tono dispiaciuto celava un fastidio che attendeva di essere reso noto.

Bastarono un paio di scambi di battute ed un saluto, appena chiuse la chiamata Daeun mutò l'espressione del suo viso.

«O è deficiente o mi sta prendendo per il culo» esclamò, togliendosi una cuffietta in modo da poter conversare col padre pur ascoltando la musica «Sono mesi che sa che devo partire, gliel'ho detto da quando mi ha assunta che per questi tre mesi non ci sarei stata, cazzo mi chiede di andare in negozio domani?! Gliel'ho ricordato ogni settimana negli ultimi due mesi, per ricordargli di trovare qualcuno che potesse sostituirmi, e gliel'ho scritto sia sull'agenda degli appuntamenti che per messaggio, che ovviamente non ha letto perché ti pare che legga i messaggi? Cazzo vuole di più, un piccione viaggiatore con una lettera ad informarlo o che gli faccia i segnali di fumo? Ma poi, me lo chiedi alle sei di sera del giorno prima?» sputò con rabbia, rientrando in salotto e sedendosi pesantemente sulla poltrona, rivestita con una fodera rosso porpora, più vicina.

Somebody does Love [Min Yoongi/BTS]Where stories live. Discover now