Capitolo 11

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"Ali sei sicura che sia una buona idea?" mi domanda Raquel. Siamo di fronte al carcere, sedute sul muretto. Sto fumando una sigaretta, era da tanto che non lo facevo, non mi è mai piaciuto, ma sono talmente nervosa che ne ho chiesta una ad un secondino.
"Sì" le dico muovendo nervosamente la gamba. Ho la testa bassa, lo sguardo a terra e la mente affollata di domande. La faranno uscire? Ci accorderanno il permesso? Potrò portarla con me?
"Eccola" mi dice Raquel indicando la bionda che indossa una gonna elegante, una camicia bianca, delle décolleté con il tacco e un pellicciotto color panna.
"Ma è la stessa persona con cui abbiamo parlato due ore fa?" chiedo io arricciando il naso, Macarena è veramente molto bella, cammina con eleganza e sicurezza verso di voi nonostante le mani legate dalle manette.
"Vorrei saper portare i tacchi come lei" sussurra mia moglie al mio fianco mentre la bionda ci raggiunge.
"Beh? Che ci faccio qui?" chiede lei non appena è abbastanza vicina da farsi sentire.
"Vieni con noi, in auto c'è un cambio più comodo e un cappellino, quello che stiamo facendo non si può normalmente fare, quindi devi passare inosservata e così, beh, non lo sei" le dico io indicandola dalla testa ai piedi.
"Se non si può fare, perché lo facciamo? E soprattutto di cosa si tratta?" chiede ancora la bionda mentre ci segue alla macchina.
"Fai troppe domande Macarena Ferreiro, sali e cambiati, per il resto sii paziente" le risponde mia moglie che quando è così autoritaria, è tremendamente sexy.
"Con queste manette non posso neanche farmi una coda, come dovrei far..." comincia a lamentarsi, Raquel però la precede e con un gesto fulmineo le sgancia le manette.
"Muoviti. E non provare ad allontanarti" le dice mostrandole la pistola.
"E per andare dove" sussurra Maca impercettibilmente portando lo sguardo oltre l'orizzonte, poi abbassa la testa e sale in auto, rapidamente si cambia indossando la mia tuta da ginnastica che tengo sempre nel cofano per emergenza e il cappellino con la visiera. Una volta vestita, bussa sul finestrino per farci cenno che è pronta. Saliamo a nostra volta in auto e io le porgo i miei occhiali da sole.
"Fatti la coda che non potevi farti con le manette e indossa questi. Oggi non sei Macarena, oggi devi sembrare una qualsiasi bionda. Ah e Maca, quello che ha detto Raquel è vero. Sei senza manette, ma niente scelte avventate perché se ti giochi questa opportunità, non ce ne saranno altre" il mio tono è autoritario.
"Ma che opportunità?" chiede lei eseguendo i miei ordini e sbuffando.
"Mira por la ventana y relájate" le dice Raquel voltandosi verso di lei e facendole l'occhiolino. Io metto in moto.

"Ma questa è Madrid!" esclama Maca un paio d'ore dopo.
"La conosci?" le chiedo io.
"Ci ho vissuto fino a prima del carcere" risponde sorridendo e schiacciando il naso contro il finestrino oscurato dall'esterno. Sembra una bambina.
"Avrai fino a domani pomeriggio e noi saremo sempre lì, a turno, davanti alla porta. Più tardi arriveranno le nostre figlie, ma tu non metterai il naso fuori da quella stanza. Ventiquattro ore di normalità Macarena. Giocatele bene, non provare a fuggire o ti giuro che mi accerterò che tu sconti ogni singolo secondo della tua pena in isolamento. E posso farlo" le dico imboccando l'entrata del parcheggio dell'ospedale.
"Ma che cosa sta blaterando?" domanda la bionda in direzione di mia moglie che si limita a farle un mezzo sorriso. Scendiamo insieme dall'auto ed entriamo nell'edificio che sa di disinfettante e medicina. Guidiamo Maca, ancora confusa, fra i corridoi fino alla stanza di Zulema.
"No, non è possibile" inizia a scuotere la testa lei mentre indietreggia.
"Hai ventiquattro ore Maca, so che non ti interessa e siete socie ma ho pensato che tu potessi volerla vedere. E ho pensato anche che lei sarà felice di vedere la sua socia" le dico io sorridendole.
"NON CI CREDO! GRAZIE!" urla lei gettandomi le braccia al collo improvvisamente. Raquel scoppia a ridere guardando la biondina che sembra Paula dopo averle concesso di mangiare il gelato con le sue amiche. Non appena Macarena si separa da me, appoggio la mano sulla maniglia e la spingo verso il basso aprendola. Zulema sta leggendo sdraiata al contrario sul letto dando le spalle alla porta.
"Ciao" la saluto e lei sussulta per un attimo, poi risponde.
"Ciao" mi risponde senza voltarsi.
"Ho una cosa per te" le dico camminando verso il letto.
"Non voglio nulla, non ho più quattro anni Am... cioè Alicia" mi risponde digrignando i denti.
"Dobbiamo fare così ogni giorno? Facciamo un passo avanti e con la notte quindici indietro? Perché per me va bene Zulema, ne ho di tempo. Sei tu che dovresti dare un freno a quella lingua biforcuta che ti ritrovi perché a volte il silenzio è oro" le dico raggiungendola e strappandole dalle mani il libro.
"Ridammelo hija de puta, ti ho detto che non ho più quattro anni!" esclama lei sollevandosi.
"Senti il bisogno di continuare a ripetere che non hai più quattro anni come se non volessi farti mettere i piedi in testa da me ma io non l'ho mai fatto! Ti ho sempre protetta Zulema, avrei preferito una vita di merda accanto a te a casa nostra piuttosto che quello che ho avuto convivendo ogni giorno con il pensiero di averti persa. Lo capisci questo? Io non volevo quello che ho avuto! Vuoi comunque punirmi per il resto della mia vita? Fallo! L'ho fatto io stessa per gli ultimi trentatré anni. Ma almeno non devastare tutto ciò che tocchi, sei meglio di così. Gestisci la tua rabbia." le dico sbattendole il libro sul letto. Macarena e Raquel hanno gli occhi sgranati.
"Gliele hai cantate ispettrice" ride la bionda.
"Que coño..." si volta immediatamente Zulema.
"El elfo del puto infierno! Sei sempre così stronza, ma sono felice di sapere che sei viva!" dice Maca avvicinandosi al letto di Zulema.
"Che cosa ci fai tu qui rubia?" le chiede la mora tentando di celare la luce nei suoi occhi e la gioia di vedere Macarena nella sua stanza. Lo sapevo, socie, tsè.
"Tua sorella pensava fosse una cosa buona da fare. Potresti trattarla un filo meglio, comunque" dice Maca sedendosi accanto a Zulema.
"Tu non sai nulla" ringhia la mora.
"Oh sì. E ho anche un appunto da farti. Quella - dice indicando me - sta muovendo le montagne per sistemare le cose per te e tu cosa fai? Le sbatti in faccia la tua rabbia per qualcosa che lei non poteva cambiare? Dio Zulema, ti facevo molto più intelligente di così!" esclama Maca.
"Mi ha abbandonata" sussurra Zulema.
"No Zule, tua madre ti ha abbandonata, mio fratello dopo la morte di mamma e papà mi ha abbandonata. Non lei, lei non lo sapeva, lei non è una sorella che ti ha abbandonata. E mi ha tirata fuori dal carcere per te. Non ti ha abbandonata. Dalle tregua, sembri una bambina!" le dice. Zulema non risponde, sta processando e io colgo l'occasione per lasciare la stanza con mia moglie. Dentro di me provo sentimenti contrastanti. Da un lato le parole di Maca mi fanno sorridere, dall'altro la cattiveria di Zulema mi fa male.

MitadWhere stories live. Discover now