Capitolo 13

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"Ispettrice, ha chiesto di parlarti" mi dice Macarena la mattina dopo uscendo dalla stanza di Zulema. Ha passato la parte rimanente della notte con lei, credo che abbiano parlato per ore.
"Più tardi andrò - le rispondo tagliando corto - piuttosto tu dimmi come ti senti, tra due ore dovrai andare. Sei agitata?" le domando.
"No ispettrice, so che hai fatto un buon lavoro, mi hai detto che si tratta solo di una formalità, non vedo l'ora di sentirmi davvero una donna libera. Perché non vuoi andare a parlarle?" mi chiede non lasciando cadere nel vuoto il mio ritardare il confronto con mia sorella.
"Preferisco stare un po' con te, è un momento importante" le rispondo.
"Mi conosci da due ore e preferisci stare con me che andare a parlare con la sorella che credevi di aver perso e per la quale stai facendo miracoli? Non me la bevo. Che c'è?" mi chiede ancora lei.
"Niente, non mi va di sentirmi dire altre cose di merda, riconosco i miei limiti e non sono propriamente conosciuta per essere una che si fa mettere i piedi in testa. E a lei l'ho già concesso fin troppo" sollevo le spalle riflettendo su quanto vere siano queste mie parole.
"Ali, è ora" dice Raquel raggiungendoci. È tornata a casa il tempo di farsi una doccia e si è precipitata nuovamente qui per salutare la bionda.
"Di già? Ma era tra due ore!" esclama Maca.
"Allora vedi che sei agitata?" le chiedo io facendole l'occhiolino. Lei annuisce e sorride.
"Andrà tutto bene, ti riaccompagneranno da noi finalmente libera" le sorride di rimando Raquel.
"Vado allora, grazie per quello che avete fatto, non saprò mai sdebitarmi" mi stringe le braccia al collo e poi fa lo stesso con Raquel.
"Non la saluti?" chiede perplessa mia moglie mentre si separa dall'abbraccio.
"No, ho paura che se lo faccio, non la vedrò più. Invece così devo tornare qui per forza, ha senso?" chiede lei.
"Più di quanto pensi" le risponde mia moglie accarezzandole il viso. Alma la aspetta alla fine del corridoio, vediamo la bionda raggiungerla a passo lento come se non fosse convinta di quello che sta facendo. Sorrido sapendo che ho regalato a una persona innocente un futuro, è per questo che ho scelto questo lavoro. Per il bene e per il male, che poi spesso sono separati da una sottilissima linea.
"Hai fatto la cosa giusta amore, se lo merita più di chiunque" mi dice.
"Lo so, l'amore tossico può far fare cazzate e noi lo sappiamo bene, no?" le domando ammiccando e allargando le braccia. Lei subito vi si nasconde appoggiando il viso sul mio petto. Sa che la mia frase è riferita alla sua fuga folle con il Professore ed al tentativo di una seconda rapina.
"Mi hai salvato la vita, sono tornata a respirare grazie a te e non saprò mai come poterti ringraziare. Mi hai regalato una famiglia, una figlia perfetta e una vita incredibilmente degna di essere vissuta. Sei tutto Alicia, sei tu la mia vita" mi dice sollevando lo sguardo e incrociando il mio. Le sorrido per poi avvicinarmi delicatamente alle sue labbra sulle quali poso le mie, la bacio senza alcuna malizia, solo con tutto l'amore che mi riempie l'anima ogni volta che la vedo.
"Ti amo come il primo giorno, il vero primo giorno" le dico.
"Anche io Alicia, ti amo dall'accademia e per quanto io ci abbia provato, non ho mai smesso di farlo, il mio cuore è sempre stato tuo" mi bacia ancora.
"È tutto a posto per oggi pomeriggio?" le domando.
"Tutto perfettamente a posto, per chi mi hai presa?" mi chiede facendo una smorfia e fingendosi offesa.
"Per l'ispettrice più sexy della Spagna" le rispondo baciandola ancora una volta.
"Perché non vai da lei ora?" mi chiede, io sbuffo leggermente, poi però la assecondo.
"Sì, tu però vai a casa, ti aspetto nel pomeriggio" le dico e, forse per la stanchezza o forse per lasciarci spazio, lei acconsente e si congeda con il più bel sorriso che mi abbia mai regalato. E sì, so che questa cosa la penso a ogni sorriso, ma è più forte di me, la guardo imbambolata mentre si allontana e penso che sia bella come il sole se non di più, sempre. Sorrido passandomi una mano fra i capelli ed entro in stanza.
"Mi ha detto Macarena che volevi parlarmi" dico rompendo il silenzio.
"Sì, ma le ho chiesto di chiamarti più di un'ora fa, che fine ha fatto?" solleva un sopracciglio come faceva anche da bambina.
"È in tribunale per l'udienza" le rispondo.
"Se n'è andata senza dirmi nulla?" mi chiede.
"Aveva paura che sembrasse un addio, temeva che non ti avrebbe più rivista" rispondo freddamente.
"So cosa pensi" mi dice.
"No non credo" scuoto la testa io.
"Pensi che io tenga tutti lontani, compresa lei, per paura che possa succedere quello che è successo con te" continua lei.
"No, in effetti non stavo pensando questo" sollevo le spalle io.
"Vuoi condividere?" mi incita.
"Stavo pensando che tieni tutti lontani perché sei una stronza, cinica e orgogliosa. Ma questo, te ne do atto, è sicuramente perché quello che è successo con me ti ha segnata. Non è per me sicuramente, hai reso ben chiaro che non te ne frega assolutamente nulla di me, quindi non mi sento tanto importante da poter personalmente condizionare la tua vita e le tue relazioni" le dico sinceramente, noto come si innervosisce mentre ascolta le mie parole. Sta in silenzio, per la prima volta da quando si è svegliata sembra star ascoltando e assimilando le mie parole. Fra noi cala una strana pausa, come se qualcuno da fuori ci avesse congelate. Siamo immobili entrambe, lei a gambe incrociate sul letto e io in piedi al centro della stanza, a debita distanza dalla sola persona che vorrei sentire addosso in questo momento. Poi, improvvisamente, esplode in un pianto sordo. I suoi occhi si bagnano di lacrime, il suo viso si contrae in una smorfia, il suo petto sussulta leggermente, ma non emette alcun suono. Io rispetto questo momento e mi volto dandole le spalle per non metterla in difficoltà, passano alcuni minuti e non succede nulla così decido di andarmene ancora una volta, l'ennesima. Lo faccio, muovo qualche passo verso la porta quando la sua voce torna a risuonare profonda tra queste pareti improvvisamente troppo piccole.
"Mi sei mancata in ogni giorno della mia vita, sempre. Ho sempre guardato la porta immaginando di vederti entrare, mi sono sempre voltata a cercarti qualunque cosa succedesse, ho provato a trovarti persino quando sono arrivata qui in Spagna su una nave cargo. Ho camminato chiedendomi dove tu fossi, ma non eri da nessuna parte. Lo so Alicia, so che non avresti potuto fare nulla di diverso e so che se invece avessi potuto, l'avresti fatto. Lo vedo, lo vedo." mi dice, io resto di spalle, sono io a sussultare scossa dai singhiozzi ora. Non riesco a parlare, mi sembra che la sua voce sia così lontana, come se non fosse possibile che lei, la stessa persona che mi vomita addosso merda da giorni, possa aver finalmente fatto un passo verso di me.
"Vieni qui?" mi chiede e io, come mossa da una forza esteriore, cammino fino a lei che mi fa cenno di sedermi sul letto. Quando lo faccio, mi solleva un braccio e vi si rannicchia sotto appoggiando la testa sul mio petto.
"Come quando eravamo bambine" sussurro.
"Habibi" risponde lei e io so che è tornata, che siamo tornate. Avvolgo le mie braccia intorno al suo corpo magro e fragile, la stringo delicatamente a me e le accarezzo la testa passando le dita fra i suoi capelli. La sento rilassarsi e, poco dopo, si addormenta proprio come quando era piccola. Sorrido e mi rilasso per la prima volta da tempo. Crollo anche io in un sonno finalmente sereno mentre ho tra le braccia la cosa più preziosa che potessi sperare di stringere ora.

"Puta loca! Come hai fatto?!" urla Nairobi spalancando la porta della camera di Zulema svegliandoci entrambe. Scendo dal letto delicatamente quando dietro a lei irrompe la moretta con il viso da angelo e la mente di otto diavoli.
"Sei la figlia di puttana migliore di tutto il mondo" grida Tokio saltandomi in braccio.
"Grazie" sorride semplicemente Stoccolma e io annuisco con lo sguardo mentre mi libero dalla stretta di Tokio e butto gli occhi all'orologio. Raquel è stata di parola, mi ha detto che alle tre sarebbero state qui e alle tre sono davvero qui. Ma quanto abbiamo dormito?
"Insomma ispettrice, ti avevo detto che avresti saputo cosa fare, ma non mi aspettavo mica che facessi le cose così in grande - dice Saray, poi fa spazio alla ricciolina al suo fianco - lei è la mia Rizos" me la presenta.
"Grazie per averci tirate fuori di lì" sorride Kabila.
"Grazie ispettrice, per davvero" conclude poi Maca.
"Deduco che tu ora possa venire a salutarmi dato che non è un addio. Giusto?" la voce roca di Zulema fa sussultare tutte noi nella stanza, compresa Raquel che ancora è ferma sulla porta. Maca mi fulmina con lo sguardo capendo che sono stata io a riportarle ciò che aveva detto a me, poi sposta gli occhi su di lei e lentamente muove qualche passo nella sua direzione. Scruto mia sorella e gli occhi mi si assottigliano, ha una luce nello sguardo che non le avevo mai visto, c'è della malizia e ha un'espressione soddisfatta. Macarena la raggiunge e si china verso di lei.
"Beh, ciao" le sorride la bionda. Accade tutto in pochi attimi, Zulema esplode in un sorriso, le porta una mano sulla nuca, la avvicina a sé e la bacia davanti a noi. Per un attimo sembrano isolarsi in una loro bolla intima, poi però vengono riscosse dalle urla di gioia che esplodono in questa stanza.
"Lo sapevo hermanita! Lo sapevo!" grida Saray raggiungendo Zulema ed abbracciandola finalmente dopo settimane in cui sono state lontane. Maca sembra stordita e guarda nella mia direzione, rimane immobile quando Rizos la raggiunge per abbracciarla. Gli occhi della bionda però restano sui miei, fermi. Così sono io a sorriderle e le faccio l'occhiolino, in fondo so che in parte è merito delle mie parole, ho punto Zulema sull'orgoglio che è da sempre il modo migliore per ottenere qualcosa da lei, soprattutto quando quel qualcosa è la verità.
"Tia!" esclama Paula irrompendo nella stanza ed appendendosi al collo di Tokio.
"Mi niña! Quanto sei bella Paula? Dimmi un po' quando smetterai di diventare sempre più bella?" la accoglie Tokio sbaciucchiandola. Vì invece cammina zitta zitta fino al letto, nessuno si accorge di lei tranne me e Raquel che rimaniamo sorprese da quello che accade. La piccola tende una manina e tira il lenzuolo di Zulema che porta lo sguardo su di lei. Victoria alza poi le sue braccine per farsi sollevare, Zulema la prende facendo una smorfia di dolore che tenta di mascherare e Vì si accoccola a lei stringendo con la manina il collo del pigiama di sua zia che le annusa la testa con gli occhi socchiusi.
"Fino a due settimane fa nemmeno esistevi per lei e ora mi rubi pure la mia nipotina?" le chiede Nairobi ridendo e avvicinandosi al letto.
"Fino a prova contraria, sono tutte mie" fa l'occhiolino Zulema in direzione di Paula che scivola dalle braccia di Tokio per correre sul letto con la sorellina e la zia.
"Me lo ricorderò Paula, questo me lo ricorderò" afferma Tokio.
"Zia ma a te ti conosco da tanto tempo, con lei ho ben undici anni da recuperare" dice facendo spallucce. Potrei giurare di aver visto una lacrima scivolare dagli occhi di Zulema, ma me lo terrò per me.
"Allora Rabat, che cosa ci dici di questa novità? A cosa dobbiamo questa libertà?" chiede Nairobi spostando l'attenzione su di me.
"Rabat?" chiede Zulema.
"Tutte le persone che fanno parte della nostra banda devono avere un nome di città" afferma Tokio.
"E tu hai scelto Rabat?" mi domanda Zulema.
"No, siamo state noi a sceglierlo per lei, nemmeno sapevamo che è una fottuta araba anche lei, però ha sempre avuto la faccia da Rabat" ride Nairobi.
"Ma a proposito di questo, come avete fatto a non notare la somiglianza con Alicia?" chiede Macarena.
"La verità è che l'avevamo notata, tutte e tre" abbassa lo sguardo Stoccolma.
"E?" chiede Raquel.
"E nessuno diceva nulla, non sapevamo che fare, Rabat non ha mai parlato di una sorella, tu nemmeno Lisbona e tantomeno Zulema, abbiamo pensato che fosse un caso. Per altro tu - dice puntando il dito verso di me - hai sempre detto di essere di Pamplona quindi non ci siamo più poste troppe domande" risponde Stoccolma con tono colpevole.
"Vale, bando alle ciance, qui servono nuovi nomi di città. Come diceva il Professore?" chiede Nairobi.
"NIENTE DOMANDE PERSONALI, NIENTE NOMI E NESSUNA RELAZIONE" recitano in coro le ex Dalì. E io rido perché nonostante sentire il nome del Professore mi faccia ribollire il sangue nelle vene, queste regole sono proprio una barzelletta in questa stanza d'ospedale dove ognuna di noi è legata profondamente a qualcuno in un modo o nell'altro.

* spazio autrice *

Ebbene, ecco un capitolo!
Avete idea su come potranno chiamarsi Saray, Rizos, Maca e Zule? E invece Vì e Paula?
Che ne pensate? Vi piace?

- Elle 🦂

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