V

31 6 1
                                    

(Chloe Blake)

Quella notte Joseph dormì malissimo, ebbe dei forti dolori allo stomaco e rimase insonne a rigirarsi nel letto senza prendere sonno. Sua madre lo aveva fatto arrabbiare, non più di altre volte, e detestava quando suo padre insisteva sul fatto che gli servisse un rapporto con Melissa. Era una donna odiosa, sincera al limite del maleducato. Solo una volta a quindici anni le aveva chiesto di stare insieme, di far finta che fossero madre e figlio, dopo aver litigato con suo padre e lei gli aveva sbattuto la porta in faccia. Per Joseph i rapporti erano chiusi.

Riconosceva quel dolore al bassoventre, quella fastidiosa e pesante sensazione allo stomaco e il formicolio alle gambe. Masturbarsi non era servito a niente, anche dopo un antidolorifico sentiva ancora la pulsazione al naso e quella al suo ego ferito. Sapeva di essere ridicolo, non era da lui prendersela a cuore per una ragazza qualsiasi, ne aveva tante altre tra cui scegliere, eppure non faceva altro che crogiolarsi nelle coperte e pensare a quanto gli sarebbe piaciuto sentire i gemiti soffocati di Chloe nel cuscino, le lacrime di piacere e l'odore della sua pelle. Gli sarebbe piaciuto da morire sotterrarla sotto di sé e tirarle i capelli, sentendola urlare il suo nome.

Il desiderio era mescolato da un senso di impiccio. Gli aveva dato un pugno davanti a tutti e ci stava provando con uno dei suoi migliori amici. Il coach aveva avvertito varie volte i ragazzi della squadra di tenersi lontano dalle relazioni, erano complicate secondo lui a quell'età e portavano guai. Se la sarebbe tolta dalla testa volentieri se avesse saputo come, quegli occhi azzurri lo facevano agitare ogni secondo di più e immaginarla piegata con i pantaloncini da ginnastica aiutava poco la faccenda.

Si alzò con le luci dei lampioni ancora accese e il cielo indaco. Era troppo nervoso per continuare a restare fermo nel letto. Erano poco oltre le cinque e mezzo del mattino, aveva riposato qualche ora e lo aveva fatto male. Ciò di cui aveva bisogno era allenarsi, scaricare l'adrenalina.

Si fece una lunga doccia calda. Suo padre dormiva nella stanza matrimoniale, russava, se fosse stato per Joseph gli avrebbe ficcato un calzino in bocca e ignorava come Natalie riuscisse a sopportarlo. Sophie era sotterrata nel suo lettino rosa da una marea di peluche e stringeva la sua amata paperella gialla di nome Ducky.

Scese di sotto a farsi un thé caldo e mangiare un'abbondante colazione. Normalmente la mattina mangiava poco, giusto un toast o dei cereali e comprava a scuola degli snack, in aggiunta l'ansia gli chiudeva lo stomaco. Quel giorno ebbe tempo di cuocersi uova, funghi e salsicce.

«Joe, ehi» mormorò Natalie, stropicciandosi gli occhi. Doveva aver dormito sul divano e, a giudicare dalla sua faccia, la sua nottata era stata pessima come quella del figliastro. «Oggi hai proprio un bel appetito. La prossima volta chiudi la porta della cucina, o la puzza di fritto andrà di sopra.»

Annuì distratto, concentrandosi sui fughi e sul profumo delizioso. Stava ripassando mentalmente le informazioni sulla Rivoluzione francese che aveva imparato per il compito e Natalie gli afferrò brusca il volto.

«Che ti è successo al viso? Hai un segno scuro!» boccheggiò. Si specchiò sulla cappa lucida della cucina e si sfregò il leggero livido sul naso. «Qualcuno ti ha tirato un pugno?»

Joseph trattenne un sorriso freddo.

"Già, me lo ha tirato una ragazza perché le ho toccato il culo, ma credo proprio che se te lo dicessi mi metteresti in punizione fino al prossimo anno", pensò lui.

Era molto meglio far credere di essere stato colpito per sbaglio o durante una piccola lite in squadra, erano già capitate divergenze simili e anche Nick a volte era tornato a casa pieno di lividi su braccia e gambe. Cadevano e si rotolavano, gli incidenti capitavano in continuazione.

Imperial wolver IWaar verhalen tot leven komen. Ontdek het nu