IX

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Novembre passò in un battito di ciglia e arrivò dicembre, portando con sé il vero maltempo. Pioveva quasi ogni giorno e il sole diventò un miraggio lontano, nascosto da strati di nubi grigie e raffiche di vento, da Cambrige a Liverpool. Gli studenti si riparavano sotto ombrelli scuri, sciarpe e berretti di lana, tremando per colpa dell'umidità. Le città si svuotarono dai turisti e la loro assenza portò una vaga sconsolazione in chiunque, segno che l'inverno fosse finalmente giunto alle porte.

La persona che sentì peggio il cambiamento fu Chloe. Ogni giorno si svegliava sperando di fosse uno spiraglio di sole e che le temperature salissero oltre i dieci gradi. Il suo corpo era sempre in ottima forma, era cresciuta a Snødden, con il vero freddo. Il permafrost ghiacciava ogni cosa vivente e le città vicine erano ammantate da strati di neve perenne, in un clima sereno che piaceva ad ogni bambino. Nonostante il maltempo in inverno, il sole non mancava mai nella sua terra natia.

Chloe non capiva i lamenti dei ragazzi inglesi sulle temperature. Faceva freddo, lo capiva dal modo in cui sua nonna attizzava il fuoco nel camino e si scaldava le dita ogni qualvolta rientrasse dal mercato, ma non faceva tanto freddo per lei. A scuola, appena appariva un minuscolo raggio di sole, ci si metteva sotto ad occhi chiusi, crogiolandosi in quei minuti prima di vederlo di nuovo scomparire.

Si adattò alla vita da studentessa molto prima di quanto credesse. L'abitudine divenne una componente fondamentale nella sua routine: di mattina si svegliava prestissimo, verso le cinque e mezza o sei, e andava a correre. Faceva dalle nove alle dodici miglia in un'oretta, talvolta preferiva correre nella pista rossa della Royal Oxford Academy e, se era fortunata, incrociava Joseph. Parlavano un po' e si allenavano, alcune volte persino Chloe tirava in porta e lui parava. Le lezioni occupavano gran parte del giorno, lente e monotone, studiavano in biblioteca o al Joys. Tre o quattro volte a settimana la squadra di calcio si preparava nella palestra, costretti a ripararsi dalla pioggia ed evitare brutti raffreddori. I cugini Jenkins, Tim e Michael si beccarono persino l'influenza. I pomeriggi liberi li passavano a casa degli Evans, a guardare la TV o assistere alle loro partite di D&D.

Gli attacchi d'ansia scemarono, ma lei non la lasciava in pace. Talvolta si svegliava in posti sconosciuti, scalza, con addosso i resti dei suoi vestiti. Ricordava di rado cosa succedesse in quelle ore di incoscienza, aveva il terrore di addormentarsi e non svegliarsi più in sé. Più di ogni altra cosa, aveva l'angoscia di fare del male a qualcuno intorno a lei, rivelarsi il mostro che era e affermare le peggiori paure dei suoi nonni e di Alees. Voleva essere diversa dagli altri, migliore di ciò che era stata con Ru.

A Joseph piaceva la compagnia di Chloe, a maggior ragione vederla rifiutare con gentilezza tutti i suoi possibili ammiratori, dai ragazzini spavaldi del primo anno a quei sempliciotti dell'ultimo. Era irraggiungibile, solare e gentile con chiunque le rivolgesse la parola, tremendamente irresistibile persino con i calzini spaiati e l'uniforme non stirata.

Con Nick era tutto okay per entrambi. Era impegnato tra la scuola, la Lega sportiva e il lavoro, concentrandosi in ogni momento della giornata. La relazione tra Nicholas e Chloe sembrava distante anni luce, talvolta gli dava buca per vedersi con Joseph alla fine delle lezioni e i pettegolezzi avevano già cambiato sponda.

Joseph non le chiese mai di uscire o vedersi da soli, malgrado un'evidente amicizia covata e Chloe pensava spesso di aver fatto o detto la cosa sbagliata. Si domandava il motivo per cui non tentasse almeno di farlo, lo vedeva accerchiato da ragazze di ogni età a scuola, gli chiedevano il numero di telefono o un appuntamento fugace. Rispondeva allo stesso modo con ognuna, che al momento fosse troppo occupato con la stagione sportiva. Era una bugia, le successive partite della nazionale sarebbero arrivate in primavera.

Chloe moriva dalla voglia di chiedere il motivo per cui un ragazzo tanto sicuro di sé si dimostrasse esitante. Aveva evitato di parlare a Clarisse della questione, voleva dei chiarimenti e l'amica ne avrebbe parlato con il fratello, David a Nick e Nick a Joseph. Una parte di lei, non sapeva quanto sincera e radicata, voleva che le chiedesse un appuntamento. Nelle sue fantasie rifiutava, eppure nella realtà avrebbe fatto l'opposto.

Imperial wolver IOù les histoires vivent. Découvrez maintenant