XVII

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(Ru)

Le diede un bacio sulla guancia e girò sui tacchi, correndo verso l'Accademia. Lo vide attraversare in fretta la strada, rischiando di essere investito, e sventolare una mano per far cenno ad un autobus di fermarsi. Tra la folla di pendolari e studenti si infilò nel bus rosso e bianco.

Sospirò sconfitta e giocherellò con la manciata di banconote che le aveva dato sua nonna per comprare le verdure fresche e il pane. Il mercato era ancora per lo più deserto a quell'ora, i banconi e i contadini stavano svuotando i furgoncini e dal panificio si sollevava un succulento odore di pane caldo.

Aspettò pazientemente il suo turno dietro una signora anziana alla bancarella delle verdure. Sua nonna le cucinava spesso e le mancava il cacciarsi una preda da sé, correre dietro un cinghiale o un cervo per poi divorarlo. Era un brivido che le piaceva.

«Quei cavoli hanno un aspetto delizioso!» disse una voce vicino a lei.

Si girò per annuire e si trovò davanti Ru.

Il suo corpo gelò all'improvviso e venne percorsa da un brivido freddo, lo stesso che aveva provato nel rivedere Gwyn. Il cuore le esplose nel petto e abbassò gli occhi a terra, si concentrò e si pizzicò la gamba per svegliarsi da quell'incubo. La terra ruotò ad una velocità disarmante, tanto da farle credere di stare cadendo nel vuoto.

Ru si curvò e le fece un sorrisetto, quel ghigno sornione, maligno e arrogante. «C'è qualcosa che non va? Hai visto un fantasma?»

Era come se lo ricordava; i Licantropi non invecchiavano. Le cellule si rigeneravano in fretta, impedendo alla pelle di consumarsi e agli organi di atrofizzarsi. Il suo viso era lungo, rigido, la fotocopia più audace e adulta di Dylan, il mullet gli incorniciava il mento definito e le sopracciglia folte e scure. Gli occhi erano incappucciati e neri, uguali alla sua giacca di pelle, le orecchie percorse da vari piercing.

«Vieni, spostiamoci un attimo. I tuoi cavoli possono aspettare» commentò dolcemente.

Chloe pensò che forse scappare era una buona idea. Non avrebbe mai osato trasformarsi in pubblico o farle del male, eppure se l'aveva rintracciata doveva conoscere persino l'indirizzo di casa. Ru era un vero predatore, avanzava solo nell'esatto momento in cui vedeva un punto debole.

Le fece passare il braccio sulle spalle e le piantò le dita nella pelle, scaricando la tensione che gli aveva procurato. Chloe lo seguì senza emettere alcun fiato, si rifiutava di credere che fosse con lei, che l'aveva trovata dopo quei mesi. Alees gli aveva detto che fosse impossibile, le tracce che aveva lasciato ad Arcadia però erano facili da rintracciare per uno come lui, in aggiunta alcuni beta avevano uno sviluppato senso dell'olfatto.

«Aspetta, non è come pensi... io...» balbettò ingenuamente senza pensare. Noah era morto e Chloe era fuggita. Non c'era spiegazione. «C'è stato un incidente e...»

«Non sono arrabbiato. Sono contento!» esclamò Ru con finzione, trotterellando. «Non mi dai un abbraccio? Vieni qui» le ordinò e Chloe tremò, avanzando.

Una parte di lei pensò che fosse finita, che la uccidesse in quella piazzola lugubre e tagliasse la corda. Aveva ancora un valore enorme per lui e, fino a quando si sarebbe dimostrata utile, l'avrebbe risparmiata.

Ru le strinse le braccia sulla schiena e la annusò. «Sì, sei proprio tu. In carne ed ossa. Vieni con me.»

«Non mi fai paura» ci tenne a specificare.

I territori inglesi erano sotto la principale protezione dell'Esercito demoniaco, un passo falso, una chiamata sospetta, e i Demoni avrebbero circondato Wolverhampton.

Gli occhi di Ru brillarono e la bocca si storse inviperita. «Su questo ho qualche dubbio, prinsesse.»

Principessa. La chiamava in quel modo, lo stesso in cui le si rivolgevano gli altri membri del branco o gli incauti ad Arcadia. Era la figlia del grande re guerriero, il suo desiderio era quello di diventare la regina della Lega.

Imperial wolver IWhere stories live. Discover now