XI

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Arthur prese i ragazzi per le braccia e li tirò via, spingendoli sulle scale del piano di sopra. Senza farselo ripetere due volte, Joseph portò Chloe con sé. Era una scena che si ripeteva ogni mese, Melissa che si presentava alla porta di casa – o direttamente al cancello – e rimaneva fino a quando non aveva i suoi soldi. Il giorno variava di mese in mese, Arthur si assicurava solo che Natalie e Sophie non fossero in casa, e tentava di far avere un rapporto decente tra il figlio e la madre.

Melissa non aveva mai dimostrato alcun interesse per Joseph dopo il divorzio. Era come se si fosse lasciata alle spalle quella vita e si rifiutasse di credere di avere un figlio. Gli aveva detto cose orribili e lui aveva già pianto le lacrime dovute a causa di quella donna, tant'è che gli insulti oramai gli scivolavano addosso e li ignorava come poteva. I giorni no, proprio come quello, erano i peggiori: Joseph si sentiva davvero il mostro che diceva.

Chloe posò le mani sulla schiena di Joseph e lo fece muovere più veloce, allontanandosi dalle urla. Natalie e Sophie erano chiuse in camera della bambina e leggevano una storia, sovrastando le accuse di Melissa sul fatto che fossero degli assassini senza cuore.

«Ti faccio vedere una cosa» disse Joseph, provando ad essere gentile.

Aprì la porta della soffitta e ci salirono. Era una sala ampia, con il soffitto basso e sporco. Avevano rivestito i muri di cartongesso e aggiustato il cappotto alcuni anni prima, l'aria però continuava a puzzare di muffa, in alcuni angoli c'erano delle macchie verdi. Solo una lucina illuminava l'enorme antro e c'erano poche cose ordinate in fila, come vecchi mobili rotti, pile di libri inutili o il vecchio televisore che aveva rotto Sophie.

In mezzo c'era la sua batteria. Era stato costretto a spostarla dopo che Sophie aveva avuto la brillante idea di giocarci e l'aveva quasi fatta a pezzi. Era costata cara ed era il regalo della prima vittoria della nazionale di Joseph, a quattordici anni. C'erano tamburi, piatti, pedali e sordine per attenuare le vibrazioni.

Chloe ci girò intorno per ammirarla e picchiettò il dito sulla grancassa. «Deve fare un sacco di rumore» constatò. «Cavolo, è stupenda!»

Joe prese le bacchette e le indicò lo sgabello al centro. «Siediti, ti faccio vedere come si fa.»

Le andò di fianco e gliele mise in mano. Erano leggere, di legno, rivestite in smalto acrilico con la punta sferica. Le teneva con l'impugnatura timpanistica, il classico modo in cui tutti si approcciavano, quasi stessero tenendo in mano due coltelli, a V rovesciata.

«Okay, non così» la corresse. «Mano sinistra perpendicolare. Fai passare la bacchetta tra pollice e palmo. Devi controllare il colpo con l'indice. Questo è il charleston e quello il ride, producono suoni diversi.»

Le guidò il polso sul piatto e lo fece suonare. Il ride aveva un suono riecheggiante e sottile a differenza dell'altro. Piano la aiutò a suonare le ottave, colpendo il rullante e la grancassa e contando le battute ad alta voce. La lasciò provare da sola e la vide in difficoltà a sincronizzare le battute delle mani con quelle scandite sui pedali.

Dalla finestrella della soffitta vide Melissa uscire di casa sbattendo la porta. Tequila le saltellava attorno, sperando di poter giocare. Tagliò il giardinetto, senza coprirsi dalla pioggia e scomparve sulla strada.

«Joe. Tutto okay?» gli domandò Chloe, giocherellando con le bacchette.

Natalie era tornata di sotto e stava discutendo con il marito. Ogni qualvolta Melissa si presentasse a casa senza preavviso sconvolgeva la tranquillità della famiglia, contagiandoli con il malumore.

«Sì, succede spesso, tranquilla.»

Scesero al secondo piano e Joe si assicurò che Sophie fosse impegnata a giocare con le bambole, anziché sentire quelle stupide discussioni. Andarono nella stanza del ragazzo e la fece entrare per prima, temendo potesse scappare di fronte alla tragicità della sua vita familiare. Nick poteva capirlo, David no.

Imperial wolver IDove le storie prendono vita. Scoprilo ora