1. Facciamo un patto

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1.

Facciamo un patto.

Quella sera l'aria era particolarmente pungente, troppo perché qualcuno indossasse gli stessi abiti leggeri che avevo scelto io. Essere una studentessa universitaria di una grande città era molto più difficile di quanto la gente potesse pensare, perciò avevo deciso di intraprendere una strada alternativa per mantenermi, benché non mi aggradasse affatto. Stavo aspettando un cliente da forse cinque minuti, prima che la porta del grande edificio dietro di me si chiudesse rumorosamente.

Avevo riconosciuto quell'uomo. Non solo perché fosse continuamente in TV, ma soprattutto perché quello era il momento esatto in cui lasciava sempre l'edificio. Era l'amministratore delegato della più grande azienda sudcoreana, la Byun Corp. Mi passava ogni volta davanti, preoccupandosi a malapena della mia esistenza. D'altronde, per quale motivo una persona tanto lustre doveva dare adito ad una come me?

Tenni lo sguardo basso al suo passaggio, fissando la mia concentrazione sulle sue scarpe di pelle nera tirate a lucido, sicuramente troppo costose per chiunque. Neanche se avessi lavorato tutta una vita sarei stata sicura di riuscire a comprarle. Scossi leggermente il capo per togliermi quei pensieri demoralizzanti dalla testa quando, ad un tratto, sentii qualcuno venirmi letteralmente addosso.

Come se nulla fosse, l'uomo vestito di tutto punto mi passò oltre incurante, fermandosi poco dopo e dandomi le spalle. Potevo quasi percepire il conflitto interno che stava attraversando. Si girò verso di me. Era decisamente attraente, i lineamenti definiti del suo viso completavano la nitidezza dei suoi occhi.

"Stai aspettando qualcuno?" - chiese, umettandosi le labbra.

"Sì." – mi limitai a dire, incerta su come rispondere a un uomo così importante. Non mi aveva mai parlato prima.

"Quanto ti paga?" – continuò, prendendomi alla sprovvista.

"Cinquecento." - abbassai lo sguardo e cominciai a giocherellare con le mie unghie.

"Ti do il triplo se vieni con me." – disse con una calma disarmante.. "È stata una brutta giornata."

"Il triplo?" – ripetei sconvolta, restando a bocca aperta.

"Il triplo." - confermò.

"E' una bella cifra..." – dissi più a me stessa, ma ovviamente a lui non sfuggì.

"Il tempo è denaro. Allora, vieni o no?" – chiese risoluto.

Annuii e lui mi fece segno di seguirlo, riprendendo a camminare. Non esitai oltre e mi limitai ad eseguire il suo ordine.

La sua casa era più di quanto chiunque avrebbe creduto possibile. Era immacolata, di uno stile moderno e all'avanguardia, di quelle tecnologiche ed ecosostenibili che sicuramente non potevano permettersi tutti. Mi persi nei dettagli, notando quanto i quadri Picasso appesi alle pareti fossero tenuti preziosamente al sicuro nelle loro teche di vetro. C'erano pochi soprammobili, ma sicuramente di valore, sulle mensole di legno chiaro, mentre il divano immenso regnava padrone al centro del grande salone. Mi sentii immediatamente  a disagio, riconfermandomi quanto avrei dovuto lavorare sodo per potermi permettere anche io, un giorno o forse mai, tutto quel ben di Dio. Lui pose le chiavi della macchina su di una mensola e continuò a camminare.

"Ehm, signor..." – mugugnai, attirando la sua attenzione.

"Chiamami semplicemente Baekhyun." – rispose monocorde. Forse quell'accenno alla brutta giornata che mi aveva confidato prima era più grave di quanto pensassi.

"Baekhyun," - annuii. "Bene."

"Cosa ti piace?" – chiese, ma non riuscii a capirlo completamente.

"In che senso?"

Patto FataleWhere stories live. Discover now