12. Il frutto proibito

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12.

Il frutto proibito.

Byun Baekhyun era diventato peggio di una droga. Mi aveva contaminato il sangue e avvelenato la mente, tanto da credere fosse il toccasana migliore, la cura necessaria per lenire le sofferenze che avevo subito nella mia vita. Invece, come una serpe infima, aveva aspettato paziente che mi mostrassi vulnerabile, sottomessa al suo volere, e mi aveva morsa spietatamente alle spalle, contagiandomi con il suo letale veleno.
Con una mano mi aiutava, mentre con l'altra infliggeva la pugnalata mortale.

La dura realtà mi aveva colpita in pieno viso come il più doloroso degli schiaffi, distruggendomi, sgretolandomi dentro. Ero esausta, consumata, incapace di ragionare lucidamente perché di me, dopo averlo lasciato, non era rimasto più niente. Mi sforzavo di andare avanti, trascinandomi pesantemente nelle giornate, la mia migliore amica mi aveva riaccolto a braccia aperte in casa sua regalandomi tutto il suo affetto e il suo supporto, permettendomi di vivere con lei.

Apparentemente avevo ricominciato da capo: era passato un mese da quando mi ero trasferita da Fanny, lei mi aveva persino trovato un lavoro al piccolo ristorante all'angolo del palazzo dove vivevamo e, nonostante tutti gli aspetti negativi, almeno io e Fanny avevamo finalmente realizzato il nostro sogno di vivere insieme.
Non potevo tenerla allo scuro delle vicende capitatemi, così quando mi sentii pronta le raccontai tutto, sottolineando quanto Baekhyun sembrasse ignaro dello sbaglio commesso. Fanny era furibonda, come mai lo era stata prima. Ascoltò la storia in silenzio, ma nei suoi occhi vidi la scintilla d'odio crescere piano piano, mentre stingeva i pugni in segno di riluttanza, serrando la mascella.

"Non ne hai già passate abbastanza?" – ruppe il silenzio che si era creato tra noi, accigliata, e anche in quel caso mi ritrovai a darle ragione.

Ne avevo veramente passate tante nella mia vita e quello era stato il colpo di grazia. Quella frase mi risuonò spesso nella testa nei giorni a venire, non me lo meritavo, così come nessuno meritava di vivere nel modo in cui l'avevo fatto io. La vita mi stava mettendo alla prova e al diavolo il detto le disgrazie arrivano a chi le sa sopportare. Era pura crudeltà, un'incomprensibile accanimento nei miei confronti. Ma ancora di più trovavo rivoltante il fatto che Baekhyun sapesse tutto e, ciò nonostante avesse lasciato Jongin fare di me ciò che voleva senza battere ciglio.

"Ehi, stai bene?" - la mano di Chanyeol sulla spalla mi scosse dalla mia trance. Annuii e gli rivolsi un piccolo sorriso.

"Si, stavo solo pensando." – tagliai corto.

I miei colleghi sapevano tutti chi fossi, mi avevano vista con Baekhyun più volte sia sui social media che in televisione, e il loro stupore nel vedermi arrivare nel loro locale e lavorare insieme a loro non mi era sfuggito. Li vedevo con la coda dell'occhio ogni tanto parlottare in silenzio tra loro mentre riordinavo i tavoli, probabilmente spettegolavano su di me, si chiedevano come mai fossi finita lì e perché Baekhyun non veniva a riprendermi, salvando la principessa da una vita di stenti, in perfetto stile Pretty Woman. Ma la mia vita non era un film e non ci sarebbe stato nessun lieto fine.
Mi limitavo a fare semplicemente il mio lavoro, impegnandomi e cercando di essere cordiale con i clienti e lo staff, e questo bastava. I miei colleghi ebbero quantomeno la cortezza di non farmi domande riguardo Baekhyun, e almeno di questo fui grata.

Chanyeol era uno degli ultimi arrivati, proprio come me, e a differenza degli altri si era da subito mostrato empatico e disponibile. Era un ragazzo alto, quasi il doppio di me, il tipico gigante buono, e glielo potevi leggere nei grandi occhi marroni che era così. Aveva sempre il sorriso sulle labbra ed era anche molto divertente, l'unico con cui avessi stretto di più in quell'ambiente.

"Finisco di pulire io se vuoi. Manca un'ora alla chiusura, dubito venga qualcuno." – propose gentile e io accettai ringraziandolo, passandogli lo straccio sorridendo.

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