Chiamata

Voleva chiamarla. Lo voleva davvero. Ma dopo una serie di tentativi e di prove, gli parve impossibile riuscire a stabilire un contatto che fosse diverso da quello fisico e reale. Simon sospirò fissando i tasti spessi della cabina telefonica appena fuori dalla zona della Comunità. Non aveva idea né di come fare né di come aprire un discorso, la prima volta non era andata affatto come sperava. Viola era anche stata troppo gentile nei suoi confronti, in condizioni normali un elemento tanto negato al dialogo come lui avrebbe allontanato qualsiasi altra ragazza.

Nell'aria avvertì un odore pungente di muschio e abete, Zita lo stava ancora fissando con fare contrariato, poteva avvertire quasi la sua presenza dietro la schiena come fosse stata un fantasma che lo perseguitava.

Non aveva preso molto bene la sua decisione di restare tra gli esseri umani, a detta sua lui non era portato per quel genere di vita, proprio come tutti gli altri. Chiunque fosse entrato nella Comunità, sarebbe poi stato addestrato ed educato al fine di comandare il proprio corpo per il passaggio definitivo tra umano e animale. Il loro destino era sempre stato ripopolare i boschi e le montagne ormai privi di lupi, Simon non faceva certo eccezione.

Ma lui non aveva mai preso una vera e propria decisione. Aveva sempre avuto qualche dubbio e alla sua età non aveva ancora smesso di trasformarsi, quando i suoi compagni smettevano intorno alla prima adolescenza e davvero pochi esemplari si allargavano fino alla maggior'età umana. Ecco: Simon aveva superato già da diverso tempo quel limite.

Lira aveva sempre dato libero arbitrio alle decisioni di ogni singolo membro, per lei era importante solo che i cuccioli e i giovani lupi fossero pronti ad affrontare il mondo esterno in qualsiasi sembianze si fossero trovati; ma era anche vero che, comunque, aveva sempre dato una certa preferenza alla vita lupesca. La sua motivazione era solo più dignitosa di quella dalla viceleader: gli umani non avrebbero potuto comprendere la loro doppia natura, era sempre stata fuori dal loro campo mentale; questo era il mattino per il quale molti neonati venivano abbandonati alla nascita.

Ma Simon non era un neonato o un cucciolo che istruire; non aveva perso la capacità di cambiare aspetto e sapeva guardarsi delle diverse presenze che occupavano e popolavano il mondo. Addirittura era arrivato alla conclusione che restare nella sua forma nuova fosse anche più conveniente: un essere umano conscio dell'esistenza di soggetti dotati di una doppia natura avrebbe potuto preservare di più la loro esistenza.

"Zita! Smettila di fissarmi in quel modo. Non riuscirai a farmi cambiare idea, ormai ho deciso e tu dovresti sostenermi!"

La lupa emise un lieve ringhio: "Sei uno sciocco a credere che ti lascerò fare. Sai qual è lo scopo della Comunità".

Simon sbuffò, sentendo un'altra volta quella frase. Ormai era diventata un mantra che persisteva ad ogni ora del giorno e della notte. Era chiaro che Zita provasse un vero e proprio risentimento per il genere umano, tanto da voler dissuadere i giovani lupi dal voler vivere con la forma che occupava solo il quaranta per cento del loro essere; Simon non aveva mai capito il reale motivo, ma col tempo aveva iniziato a sospettare che avesse solo ricevuto delusioni.

"Ho diritto a scegliere per la mia vita, no?"

"Solo per aver visto una ragazza, quanto sei sprovveduto..." Zita uscì dal cespuglio dove era rifugiata, in quell'orario non passava nessuno per quelle strade e poteva mostrarsi indisturbata. Afferrò il pantalone del ragazzo con i denti iniziando a tirarlo, eseguendo strattoni a distanze regolari.

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