Capitolo 5

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Eravamo arrivate a Francoforte, ci aspettavano tre ora di scalo prima dell'aereo per San Diego, così ne approfittammo per prendere un caffè. Ci rintanammo in una caffetteria, e dato che eravamo ancora in Europa, insistetti per offrirglielo «d'accordo! Ma quando arriviamo a San Diego promettimi che mi lascerai ricambiare il favore!» disse, io sorrisi «dai, poi vediamo!» replicai, lei scosse la testa e si morse il labbro.

Jen era come un raggio di luce entrato nella mia vita per caso, qualche anno a dietro, sarei scappata. Ero solita fuggire dalla luce del giorno, invece di inseguirla... preferivo vivere nel buio totale, come se non fossi meritevole di mostrarmi a qualcuno.

Ci sedemmo al tavolino una di fronte l'altra, la guardai attentamente, sul naso aveva un ematoma violaceo, segno che se lo fosse fatto di recente e, come al solito, la mia curiosità prese il sopravvento.

-«che hai fatto al naso?» - domandai, con un tono che traspariva preoccupazione e ironia insieme, lei sorrise e ridacchiò, mi morsi la lingua pensando che avrebbe preferito rifilarmi una scusa, e invece...

- «un caporale mi ha tirato un pugno... ehm... già, breve storia...» - disse, facendo un sorso dalla sua tazza di caffè,

- «spero che abbiano preso un provvedimento, alla fine è insubordinazione, no?» - lei rise e annuì,

-«sì, lo hanno sospeso temporaneamente dalle sue mansioni, ma sono sicura che prima o poi lo riavrò di nuovo tra i piedi!» - rispose, da un'espressione del suo volto capii che fosse meglio cambiare discorso, ma rimasi in silenzio in attesa che lei mi chiedesse qualcosa.

«allora, raccontami... cosa farai una volta arrivata a destinazione?» mi chiese, giocando con il bordo della tazza usa e getta

«studierò fotografia all'università di San Diego» rispondo, mi scontrai con il suo sguardo, i suoi occhi facevano su e giù, per poi incastrarsi con i miei, poi controllò l'orario

‹‹sei una fotografa?›› mi chiede, io annuisco

‹‹ci provo, in realtà, non ho il coraggio di reputarmi tale›› rispondo, poggiò le labbra sulla sua tazza di caffè e fece un sorso, poi lo riabbassò, tornando a sfiorarne il bordo con le dita

‹‹e... quali sono soggetti che preferisci ritrarre?›› mi accendo una sigaretta, caccio il fumo e scrollo la cenere

‹‹le persone›› rispondo

‹‹le loro imperfezioni, le paure, ogni particolare che possa rendere le foto umane›› aggiungo, lei mi ascoltava attentamente, mentre io le confidavo tutto quello che mi venisse in mente

‹‹affascinante›› mormorò

‹‹e cosa ti affascina di più›› le chiedo, notando il modo in cui mi guardava, come nessuno avesse mai fatto, sorrise

‹‹tu›› rispose semplicemente

‹‹mi affascina la tua mente, i tuoi occhi, la tua voce, esplorare la tua anima e perdermici›› aggiunse

‹‹la mia anima? Cos'ha di affascinante?›› le chiedo

‹‹perché la tua apparente pacatezza nasconde una te che non mostri, sei inquieta, irruenta a volte e questo... ti rende molto bella ai miei occhi›› risponde, mostrandosi diretta e sincera. Mi chiedevo come fosse riuscita a leggermi dentro, così in profondità, in così poco tempo.

A quel tavolo era come se fossimo le uniche persone sveglie nell'universo, il resto del mondo era spento, e noi due supernove pronte ad esplodere da un momento all'altro, due elettroni impazziti che scontrandosi causano una scossa elettrica che è possibile avvertire senza troppo sforzo.

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