In vino veritas

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Sette giorni dopo eravamo a casa di Paulo, a festeggiare la notte di San Silvestro tutti insieme, Oriana compresa. Era tornata nella capitale pochi giorni prima, come previsto dai piani stabiliti con il suo compagno: Natale dalla sua famiglia, Capodanno con noi.
Sapeva quanto lui tenesse a stare con me ed il piccolo il venticinque, e secondo quel che mi era stato riferito le era andato bene sin da subito. Più ci pensavo più ritenevo a dir poco incredibile la calma con cui stesse affrontando la transizione dalla semplice vita di coppia ad una condivisa. Al suo posto non avrei retto.
Mi domandavo spesso se avesse capito quello che stava succedendo tra di noi, e mi sentivo estremamente in colpa per stargliela facendo sotto al naso. Tolto il pizzico di rivalità che certamente provavamo ma non lasciavamo mai trapelare, era una ragazza meravigliosa, piena di vita ed amore, che stava concedendo alla persona sbagliata.
A volte mi veniva facile credere che sapesse che lui non l'avrebbe mai amata fino in fondo, e che lo accettasse, senza troppe pretese. Ciò la rendeva ancor più straordinaria.
Me ne convinsi la prima volta che varcai la soglia della loro villa a Torino, e vidi appesa al di sopra del televisore la foto di me e Paulo davanti alla fontana di Trevi. Lui me l'aveva detto, il giorno che ci eravamo incontrati al parco, ma non ci avevo creduto finché non me l'ero ritrovata davanti agli occhi.
Il soggiorno non era più lo stesso ormai, la città tantomeno, ma il quadro era posizionato ancora lì, e mi faceva sempre sorridere il fatto che avesse scelto proprio quell'immagine, che era stata una sorta di premonizione sul nostro futuro.
Tra le 20 e le 22 avevamo cenato, e ci eravamo divertiti con dei giochi da tavolo alla portata di Paulino, ovviamente con un pizzico di alcool in corpo per noi adulti.
Alle 22:15 in punto io ed il piccolo ci eravamo diretti al piano di sopra, lo avevo cambiato e messo a letto, promettendogli che lo avrei svegliato prima della mezzanotte, così che potesse fare gli auguri a zio e Ori. Era strano crescere tra i grandi, senza fratellini o cuginetti, e voleva sentirsi partecipe il più possibile, nonostante fosse ancora un bambino.
Quando tornai giù erano stati così gentili da riempirmi un calice con lo Chateau Pétrus del 2014, pagato intorno ai quattromilacinquecento euro. Mi sorpresi quando me lo dissero, per poi ricordarmi di aver navigato anch'io un tempo nell'oro e nel lusso.
"Eva, l'anello che Paulo ti ha regalato è incantevole" esclamò lei, mentre bevevo un sorso.
Lo portavo al dito, ovviamente, e non seppi come reagire alla sua affermazione.
M'imbarazzai, perché non riuscii immediatamente a spiegarmi il motivo per il quale le avesse mostrato qualcosa che aveva comprato per me, poi però lo guardai, e mi ricordai della persona che avevo davanti: un uomo buono, onesto, e che faceva le cose ingenuamente.
"Sì, è davvero molto bello"
"Ha buon gusto, quando non fa il maranza. Non ha capito di non avere più quindici anni"
Quasi mi strozzai per le risate quando glielo sentì dire, non aveva tutti i torti però, negli ultimi tempi Paulo aveva approcciato questo nuovo mondo tipico dell'adolescenza.
"Posso confermare che a vent'anni si vestiva molto meglio"
"Ehi! Smettetela subito, questa sera sono perfettamente elegante!" si lamentò.
Indossava una camicia bianca di lino ed un pantalone nero, avevo visto di meglio ma non potevo certo dire che fosse brutto, tutt'altro.
Si avvicinò al bancone dov'eravamo sedute, le avvolse un braccio intorno ai fianchi e le baciò una tempia. Sorrisi amaramente senza farlo notare, perché erano perfetti insieme, e perché continuavo a pentirmi di starli allontanando.
Mi versai ancora da bere, e gli avvisai che sarei uscita in giardino a prendere una boccata d'aria, se il piccolo per qualunque ragione si fosse svegliato mi avrebbero chiamato.
Non tenni in considerazione la considerevole differenza di temperatura tra l'interno dell'abitazione e il giardino, avevo addosso un abito senza maniche con la schiena scoperta, mi sarebbe venuta la bronchite.
Non la reputai una motivazione abbastanza valida da farmi rientrare a prendere il cappotto, e mi sedetti su una sdraio posizionata a bordo piscina, continuando a prendere piccoli sorsi dal mio bicchiere. Decisi che sarei rientrata soltanto dopo averlo svuotato, e se fossi andata avanti così ci sarebbe voluto un bel po'.
Mi persi nei pensieri, guardai l'acqua muoversi delicatamente, spinta da quel poco di vento che soffiava. Avrebbero dovuto chiuderla per l'inverno, ma avevano optato per l'aspettare un altro po'. Non me ne intendevo, ma sulla superficie galleggiavano diverse foglie, e andando avanti così non sarebbe stato facile ripulirla in estate.
Mi sentii toccare le spalle, cosa che mi fece voltare di colpo pensando fosse un volatile, dato che in villa se ne vedevano parecchi.
"Scusami, ti ho vista uscire senza nulla addosso e ho pensato avessi freddo" era lui, che mi aveva coperto con la sua giacca.
Aveva pensato bene, stavo congelando.
"Grazie" sussurrai.
Si sedette accanto a me, e iniziò ad accarezzarmi un braccio, mentre io continuavo a sorseggiare.
"Questo vestito ti sta benissimo" commentò.
"Ma mi manca vederti con i tubini e gli scolli vertiginosi" aggiunse.
"Questo non è uno scollo vertiginoso?" lo indicai.
"È comunque un passo avanti rispetto alle tute" fece spallucce.
"Ricordati che sono pur sempre una mamma"
Sapevo cosa avrebbe voluto dire, che lo ero anche prima, ed ero pronta a rispondergli che la situazione non era la medesima, ma non lo fece, stette in silenzio.
Afferrò il mio calice, togliendomelo dalle mani, e ne bevve anche lui.
"Se vuoi un bicchiere di vino posso andare a prendertelo" mi proposi.
"No, voglio bere dal tuo"
E lo fece guardandomi dritta negli occhi, senza distogliere lo sguardo per un secondo. Lo buttò giù tutto d'un colpo, e fu una scena talmente tanto erotica che dovetti girare il capo e schiarirmi la gola, così da mascherare le sensazioni che stavo provando.
Posò il palmo della mano libera sul mio ginocchio, il suo calore si espanse per tutto il mio corpo. Mi sentivo così a mio agio in sua compagnia, saremmo potuti restare lì per ore, non avrei mosso un dito e tantomeno fiatato.
"Ti ricordi quanto spesso non ci tolleravamo, e la maggior parte delle volte non avevamo il coraggio di dircelo?" domandai.
Ebbi l'impressione che non volesse affrontare l'argomento, ma fece uno sforzo dato che ero io a chiederglielo.
"Eva, devi capire che tutto mi agitava molto. Non era mia intenzione essere una brutta persona nei tuoi confronti, ma sono finito per diventarlo, e mi dispiace"
"Non ti stavo accusando"
"Lo so"
Riuscii a percepire la sua anima così a fondo, come non riuscivo a fare da tempo. Potevo leggere nei suoi occhi la fiducia e la voglia di aprirsi, seppur contornate da un pizzico di timore.
"Te l'ho detto perché adesso va bene tra di noi, e non voglio che questo cambi o si rovini" ammisi.
"Non succederà, ci siamo giurati di esser prudenti, no?"
Sì, lo avevamo fatto, ma al tempo eravamo stati altrettanto maldestri da arrivare a tradire anche le promesse.
"Paulo, io sto facendo di nuovo l'amante, non è così?"
Ovviamente ero conscia di quel che stessi facendo, avevo soltanto bisogno di una conferma.
Abbassò il capo e annuì.
"Per favore, dillo a parole"
Sospirò, passandosi le dita sul naso e sulla bocca.
"Ti prego, non farmi questo"
Appoggiai una guancia contro la sua, e restammo così infiniti secondi.
"Scusami se ti faccio ancora del male" dissi dispiaciuta.
"No, non lo fai. Sono io che me ne faccio, non riuscendo a scendere a patti con me stesso"
"Non fa niente, sei un essere umano, non devi essere impeccabile e non sempre si è consapevoli di tutto ciò che si vuole"
L'avevo capita la sua indecisione, il bivio tra certo ed incerto, dove era costretto a scegliere se saltare dall'altro lato oppure restare dov'era.
"Credo che lei sappia tutto" esclamò.
"Non è stupida, certo che lo sa"
E quella consapevolezza non poteva che peggiorare le cose.
"Mi sento estremamente in colpa, ma vi amo per ragioni diverse, e chiunque lasciassi indietro perderei un enorme parte di me"
"Non sei costretto a scegliere, come vedi quello che sta succedendo va bene ad entrambe"
Era assurdo come contesto, lui aveva preso la decisione di condividere il suo amore, e noi ci eravamo semplicemente accodate, ma non se n'era mai parlato.
"No, Eva. Tu non capisci"
"Che cosa non capisco?"
"Che io non posso scegliere perché l'ho già fatto, ho già scelto te"
Il cuore mi si fermò in petto, smise di ricevere ordini dal cervello, e non respirai per qualche decimo di secondo.
"Non farlo, Paulo"
"Eh?"
"Non invertire i ruoli. Nei fatti lei è la tua compagna ed io quella che ti scopi, dentro di te è esattamente il contrario, ma non puoi pretendere che il resto del mondo si adegui anche a questo"
"Nena, qué quieres decir?"
"Che non puoi scambiarci e decidere d'ora in avanti di portare me dalla tua famiglia in Argentina, alle cene di lusso o alle cerimonie della società. Non puoi avere tutto questo con me e continuare ad andare a letto con lei, se vuoi due persone nella tua vita l'ordine che deve restare in piedi è quello attuale"
Sperai fosse chiaro ciò che stavo cercando di dirgli, ovvero che il nostro ruolo non poteva giostrarsi in base ai suoi sentimenti del momento o del periodo.
"Mi stai obbligando a prendere una posizione, allora"
"Non lo sto facendo"
"Ti ho già detto che scelgo te"
"Non voglio che mi scegli"
"Entro e lo dico ad Oriana, subito"
"Sta' fermo, ti ho detto che non voglio essere scelta"
"Perché?"
"Ho bisogno di tempo"
"Hai avuto sei cazzo di anni, Eva" sbottò.
Lo sapevo, ma non ero pronta ad affrontare la questione, ci eravamo dati una data e avevo programmato di arrivarci serenamente tramite la psicoterapia.
"Ragazzi, manca solo mezz'ora alla mezzanotte" sentimmo alle nostre spalle.
Era lei, affacciata dalla vetrata che dava sul giardino.
Mi alzai, pronta a rientrare, ma prima mi sentii costretta ad ammonirlo: "Non fare cazzate. Abbiamo stabilito il 5 di febbraio, aspettiamo fino ad allora, per favore" quasi lo supplicai.
Lasciò un dolce bacio sul dorso della mia mano, poi si allontanò per rientrare e lo seguii. Mi sentivo in dovere di frenarlo prima che commettesse l'ennesimo errore.
Passai quei trenta minuti con la mente proiettata nel 2015, in particolare alle prime due settimane in cui mi ero trasferita da lui, e c'era ancora Antonella.
Ricordai la notte in cui esasperata mi misi a suonare Einauidi, pur di coprire i loro gemiti che squarciavano il mio animo tutti i dannati giorni. Litigammo così forte che ci spintonammo, facendo sì che i nostri corpi si scontrassero contro le pareti e l'arredamento della casa.
Quella volta alla fontana di Trevi non era stata la prima in cui ci eravamo alzati le mani, la differenza stava nel fatto che le precedenti ero troppo inibita dai farmaci per rendermene conto, mentre la sua stretta intorno al mio polso ricorreva troppo spesso nei miei sogni, e talvolta era come se la sentissi ancora bruciare sulla pelle.
Non lo avevo superato, ci stavo ancora lavorando.
Ad ogni modo, ricordai nitidamente la sua conversazione con Antonella, che origliai da dietro la porta della mia camera:
"Non farmi scegliere tra lei e te"
"Perché? Sceglieresti lei?"
"Sì, sceglierei lei"
Era l'esatta replica di quello che ci eravamo detti sulla sdraio, faccia a faccia, pochi attimi prima. Non cambiava nulla nella nostra storia, eravamo rinchiusi in un loop, con la differenza che Oriana era più accomodante di quanto non lo fosse la sua ex.
Certo, gestire una relazione a ventun anni e farlo a ventinove erano due cose completamente diverse.
"Io l'ho accettato, me ne sono fatta una ragione, sto cercando d'ignorarlo e di andare avanti, ma se lei continua a far così io non posso non risponderle, mi provoca" gli avevo detto durante una discussione in cui tutti e tre eravamo coinvolti.
"Tu sei palesemente innamorato di lei e continui a tenermi appesa ad un filo, eres un idiota, de verdad, non puoi continuare a pensare e sperare che mi vada bene. Vai con lei e basta!" rispose Anto, accendendo l'ennesimo dibattito tra me e lei.
"Non sa scegliere, è palese, non ha una che preferisce di più, ci sono dei tratti caratteriali o estetici differenti ma che ama allo stesso modo, per questo vuole tenerci entrambe" le risposi.
Più mi addentravo nei particolari di quelle giornate, più il tutto mi sembrava estremamente cringe. In particolare lo era doverlo rivivere.
"Benissimo, io vado a svegliare il mio amato nipotino" esclamò Paulo intorno alle 23:40, e corse sù come una saetta.
Una volta rimaste sole, Oriana allungò la mano verso la mia, e parlò:
"Eva, io vorrei dirti alcune cose, e voglio farlo ora, approfittando del fatto che lui non c'è. Non vorrei portarmi questo peso anche nel nuovo anno"
Mentre aspettavo che aggiungesse altro la guardai con attenzione, non l'avevo mai fatto prima, era come se mi spaventasse entrare in sintonia con lei.
Indossava un magnifico abito nero in paillettes, che le donava tantissimo. Aveva decolorato le sopracciglia, e trovavo le stessero divinamente, le illuminavano il viso. Portava le unghie lunghe, al contrario di me, che a causa del mio mestiere avevo anche smesso di tenerle coperte con il gel, capendo di non poter continuare a trasgredire la regola del "corte e senza smalto".
"Vedo in Paulo l'amore che prova nei tuoi confronti, e lo vedo da anni, anche quando tu non facevi più fisicamente parte della sua vita. Ho imparato a volerti bene, ho sentito parlare di voi insieme così spesso che sembra sia stata io ad aver avuto una relazione con te" ridacchiò, e la seguii facendo lo stesso.
"Anche io ti voglio bene, Ori"
"Lo so, so quanto mi stimi, e che fai di tutto per non complicarmi la vita. Sei sempre stata gentile e premurosa con me, e ti ringrazio tanto per questo. Lo stai facendo anche adesso che le cose tra te e Pau sono cambiate, e state ritornando ad essere gli stessi di una volta"
Arrossii, non aspettandomi che tirasse fuori quel discorso così presto.
"Sono serena proprio perché conosco i suoi sentimenti nei tuoi confronti, è brutto da dire ma sono abituata a venire dopo di te. Ogni anno per il tuo compleanno andava a passeggiare nel Valentino, come avevate fatto nel 2016, e credo si sedesse alla stessa identica panchina. Per il vostro anniversario di matrimonio trovava una scusa ed andava a cena fuori, tutti i primi di marzo, fino al 2020, in cui ha finalmente potutosi festeggiarlo l'esatto giorno"
Non avevo la più pallida idea che facesse davvero quelle cose, non ne aveva mai accennato, forse per paura di rendersi ridicolo ai miei occhi.
"Ti stimo ancora di più, dopo tutto quello che mi stai dicendo"
Sorrise.
"Non è facile per nessuna delle due, e soprattutto non è facile per tuo figlio, che non riesce a capire il ruolo di Paulo nella sua vita, più andrà avanti questa storia meno gli sarà chiaro. Spero di poter trovare una soluzione di comune accordo il prima possibile, ma credo che per farlo dobbiamo dargli spazio per riflettere, e decidere qual è la cosa più giusta per lui"
"Ne stavamo discutendo prima, sai quanto è impulsivo e non vorrei combinasse un guaio"
"Non lo farà se gli stiamo vicino ma al contempo abbastanza lontane, affinché passi del tempo da solo con se stesso"
"Lo conosci molto meglio di me, per questo mi affido completamente al tuo giudizio"
"Fidati, conosco molto più te che lui"
E così si concluse la nostra conversazione, quando i due omonimi si palesarono in soggiorno con le scintille accese, pronti per fare festa.
Ripensai a quella mattina a colazione con Antonella, in cui citai Bukowski, con un estratto di "Musica per organi caldi" in cui si parlava dell'amore come forma di pregiudizio.
Mentre il countdown dei dieci secondi scorreva, l'unica cosa che avevo in mente erano le parole di un altro scrittore, il mio Richard Bach: "Se ami qualcuno lascialo libero. Se torna da te, sarà per sempre tuo, altrimenti non lo è mai stato".
Lo appuntai mentalmente tra i miei buoni propositi del 2023: lasciare Paulo libero di vivere. Se era per davvero la mia metà, come avevo sempre creduto, sarebbe tornato da me.

Él 2 ||Paulo DybalaWhere stories live. Discover now