Falling

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Passarono alcuni giorni prima che ricominciassimo a parlare, un pomeriggio lo trovai ad attendermi sotto casa, appoggiato alla sua auto.
Con aria parecchio infastidita gli chiesi cosa ci facesse lì, mi disse che aveva discusso dell'accaduto con il suo terapeuta, in una seduta di due ore piene, e che voleva fossi presente alla prossima. Credeva sarebbe stato d'aiuto ad entrambi.
Gli feci presente che non mi sembrava opportuno sostituire la mia psicologa, e lui mi assicurò che sarebbe stata solo un'eccezione, ma non sarei riuscita a sentirmi al sicuro con una persona che non mi conosceva, se non dal punto di vista di Paulo.
Trovammo un compromesso: i nostri medici si sarebbero confrontati, e avrebbero organizzato un appuntamento in comune, soltanto per noi e in un luogo neutro, cosicché entrambi fossimo sullo stesso livello di confort.
Poco tempo dopo eravamo seduti davanti ai loro occhi attenti. Di fronte a me la dottoressa Ferrara: capelli castani raccolti in una coda un po' scompigliata, sorriso cordiale. Davanti a lui il dottor Galli: assomigliava a John Travolta in Grease, per la pettinatura in particolare, aveva le gambe incrociate e si teneva il mento con il pollice.
"Allora, come vi fa sentire essere qui?" parlò lei.
"Mi sento tesa" risposi, poi venne il turno di Pau: "anch'io".
"Vorrei che vi spiegaste meglio"
Ci guardammo per un istante, mi fece intendere di iniziare per prima, e così feci.
"Mi fa sentire tesa il fatto di dover esprimere i miei sentimenti davanti a lui"
"Perché?" 
"Ho paura di deluderlo"
Silenzio.
"Signor Dybala, che ne pensa?" intervenne l'uomo alla sua destra.
Il fatto che loro si dessero del lei mentre noi del tu mi mise a disagio, ma dopo un po' ci feci l'abitudine.
"Nonostante a volte possa sembrare deluso, non lo sono quasi mai. La amo così tanto che qualsiasi cosa faccia a me va bene"
"E per quanto riguarda ciò che ha detto poco fa? Perché è teso?"
"Lo sono perché mi vergogno di quello che ho fatto, ovvero il motivo per cui siamo qui"
Ferrara e Galli si rivolsero uno sguardo, concordando che fosse opportuno affrontare subito l'argomento.
"Prima di ascoltare la versione di Paulo, vorremmo sentire te, Eva"
Deglutii a fatica, il numero ventuno se ne accorse, perciò posò la mano sulla mia, accarezzandola delicatamente.
"Sapete entrambi cosa è successo, e credo vogliate conoscere le emozioni che abbiamo provato in quelli istanti. Per quanto mi riguarda, mi ha scosso molto il fatto che ad avermi alzato le mani sia stata la stessa persona che anni fa mi salvò da uno stupro"
"Per quale motivo questo ti ha scosso?"
"Per il semplice fatto che ho sempre creduto fosse l'unico di cui potermi fidare, certa che non mi avrebbe mai torto nemmeno un capello"
Sentii il suo respiro cambiare, come reazione alle mie frasi. 
"Adesso so di starlo ferendo dicendo queste cose"
"Come fai a saperlo?"
"Vedo che ha modificato la postura, respira più freneticamente e ha gli occhi lucidi"
"Signor Dybala, che emozioni prova adesso?"
"Mi odio per averla fatta sentire così"
"Allora come mai l'ha stretta in quel modo?"
"Non ero consapevole di quello che facevo, non sapevo come gestire i sentimenti, il mio corpo si è mosso in disaccordo con il cervello, lasciandosi guidare da non so cosa"
Scoppiò a piangere, e istintivamente posai la testa sulla sua spalla, carezzandogli il braccio. Qualche lacrima fuoriuscì anche dai miei occhi, macchiandomi le guance.
Restammo tutti in silenzio, fino alla fine del nostro sfogo. Ripresero a parlare soltanto quando ci ricomponemmo.
"Spero abbiate notato le interazioni che ci sono tra di voi, in caso contrario noi siamo qui proprio per metterle in evidenza, in quanto cruciali per avere una panoramica del vostro rapporto. Eva, quando Paulo ha letto la tua difficoltà non ha esitato un secondo a farti sentire la sua presenza, ha afferrato il tuo pugno racchiudendolo nel suo palmo, perché credi lo abbia fatto?"
Non risposi immediatamente, mi presi qualche momento per rifletterci.
"Credo per confortarmi, e trasmettermi coraggio"
La donna di fronte a me sorrise, senza aggiungere altro.
"E lei, Paulo, si sarà certamente accorto che la sua Eva quando l'ha visto piangere ha tentato in ogni modo di farle capire che era lì, soltanto per lei, come se noi non esistessimo"
Il fatto che il suo terapeuta si rivolgesse a me come "la sua Eva" faceva intendere che fosse proprio Paulo a chiamarmi in quel modo, e quando me ne resi conto ebbi l'impressione che attorno al mio cuore lacerato si stesse formando un nuovo cerotto.
"La vostra vicinanza, ragazzi, è più forte della distanza che cercate d'imporvi per proteggervi. Certamente non siete ancora consapevoli al cento per cento delle vostre emozioni, per questo motivo avete delle reazioni esagerate, ma Paulo non è un uomo violento, e tantomeno Eva una donna indifesa. Vi amate così tanto da portare ogni singola cosa all'esasperazione, ma dovrete imparare a conviverci, qualsiasi strada prenderanno le vostre vite" parlò la dottoressa Ferrara.
"In questa stanza non esistono giudizi, e conosciamo tutti la vostra situazione saltuaria, il che non rappresenta in alcun modo un aspetto negativo. L'amore non sempre conduce al fidanzamento o al matrimonio, e va benissimo che, seppur siate legalmente sposati, conduciate due vite separate, se è questo che vi fa sentire nel posto giusto. Siete troppo concentrati sul dare un valore agli avvenimenti, non è sbagliato volerlo fare, ma per quanto vi riguarda non applicate questo criterio in modo sano. Fare sesso o darsi un bacio, nella vostra situazione, è irrilevante. State uscendo da una serie di traumi strettamente connessi, motivo per il quale non è possibile analizzarli separatamente, come non è attualmente possibile che vi separiate" continuò il dottor Galli.
"Il nostro obiettivo è insegnarvi a fare delle scelte che prescindano dal vostro passato. Attenzione, questo non significa che esso non abbia importanza, perché ha formato gli adulti che siete, ma avete bisogno di quel pizzico di spensieratezza che avete completamente annullato"
"Detto ciò, riteniamo sia opportuno continuare con le sedute di coppia. Avete fatto un ottimo lavoro con i vostri demoni interiori in solitaria, ma è arrivato il momento di confrontarsi, in modo che abbiate la possibilità di continuare a migliorare"
Una volta usciti di lì restammo nel parcheggio per dieci minuti buoni. Non ci eravamo rivolti la parola, né in ascensore né in auto da quando eravamo saliti.
Decisi di girarmi verso di lui, travolta da un momento di audacia improvvisa, e lo vidi fare lo stesso. Feci scontrare le nostre fronti, e i nostri nasi si sfiorarono un paio di volte, grazie ai micro movimenti della mia testa. Le labbra schiuse si incontrarono, si riconobbero, e irrimediabilmente si unirono in una danza cauta.
Lo sentimmo entrambi, l'impellente bisogno di possederci per sfogare la frustrazione, ma bastò che mi sedessi a cavalcioni su di lui affinché le distanze si annullassero e ci sentissimo completi.
Ci abbracciammo per molto tempo, così tanto che fuori divenne buio, e ci sentimmo in colpa per aver segregato Oriana in casa con il piccolo a cui badare.
Per la strada discutemmo molto serenamente degli argomenti che avevamo affrontato durante la terapia, trovandoci d'accordo su molte cose.
Quella notte andai a letto con un peso in meno, e riuscii a dormire per nove ore senza incubi o sogni spaventosi.
La mattina seguente mi presentai a scuola emanando una luce diversa, se ne accorsero in molti, ma fu Mauro in particolare a farmelo notare.
"Ti ringrazio, sei davvero gentile" gli avevo risposto.
Ci eravamo incrociati in corridoio, e nonostante fossi arrivata davanti alla mia aula non accennava a lasciarmi andare.
"Sei occupata questa sera?" domandò, cogliendomi alla sprovvista.
"Con i figli si è sempre occupati, lo sai bene" smorzai.
"Le mie sono con la madre questa settimana, pensavo che se ti facesse piacere potremmo bere qualcosa insieme"
Corrugai la fronte.
"Mi sembrava di aver capito che la madre fosse tua moglie"
"Oh nono. Beh sì, al tempo era mia moglie, siamo separati da due anni"
Ero certa mi avesse detto qualcosa di diverso, ma non vedevo l'ora di liberarmene ed iniziare la mia lezione.
"Passo a prenderti alle otto, quindi?" insistette.
"Ci vediamo alle sette, ti mando un messaggio con la posizione" e mi dileguai.
Non lo avrei fatto arrivare fino a casa mia, ci saremmo incontrati direttamente in un bar. Seppur lo conoscessi avevo le mie riserve, in particolare perché mi aveva mentito. 
Ero agitata, sia per lo pseudo appuntamento che per la reazione di Paulo al riguardo. Sapevo di non dovermi giustificare, e in teoria lui avrebbe dovuto sapere che era il caso di mettere da parte la gelosia, ma era molto più complicato di così.
Scegliere di vedere un'altra persona era sicuramente un modo di sfidarlo per come si stava comportando. Faticavo ad accettare di essere condivisa, e pretendevo la mia indipendenza dato che lui in primis non aveva rinunciato alla sua.
Il mio collega non mi piaceva, né tantomeno interessava in alcun modo, ma era stato l'unico ad avvicinarmi, e credevo che un po' di svago non mi avrebbe fatto male.
Quando glielo dissi il suo primo commento fu: "così ora vai a bere con altri uomini".
"Anche io sono rimasta sorpresa dalla tua serata in una discoteca per ragazzini"
"Touchè"
Si offrì di tenere Paulino, che ormai godeva di una stanza tutta per sé proprio di fronte a quella di Oriana e Dybala, cosicché potessero controllarlo.
Sarebbe stato al settimo cielo, adorava dormire lì e svegliarsi in compagnia di Kaia e Bowen.
"Mi dai un consiglio sull'outfit?"
"Molto simpatica Eva, davvero"
"Dai! Che ti costa? Pensi che metterò dell'intimo sexy e un abito seducente?"
Alzò gli occhi al cielo, facendomi ridere.
"Okay, vada per il consiglio"
Gli mostrai vari vestiti in maglia, che erano pressoché identici, cambiava soltanto il colore e qualche intreccio.
"Dove andate?" chiese.
"È rilevante?"
"Ovviamente sì. Se siete in un posto intimo e accogliente metti quello verde, se il locale è hot quello rosso, mentre se si tratta di un semplice bar del centro, spesso affollato, quello grigio"
Era incredibile, ne sapeva una più del diavolo.
"Il grigio crea distacco" commentai.
"Appunto"
Gli diedi retta, non era mia intenzione essere affascinante, le tre opzioni infatti facevano parte degli indumenti che usavo tutti i giorni, ma la sua teoria mi sembrò più convincente come spiegazione della scelta.
"Scrivimi quando torni a casa" mi disse, mentre il piccolo indossava il giubbotto, pronto ad avventurarsi con lo zio.
"Va bene papi"
Mi si avvicinò con stremante lentezza, spostandomi una ciocca di capelli dietro all'orecchio, come un adolescente nel tentativo di una nuova conquista.
"Papi solo a letto" sussurrò.
"Vattene, scemo!"
Diedi un bacio al mio bambino e lo abbracciai forte. Gli feci sapere che mi sarebbe mancato moltissimo, ma che il tempo senza di me sarebbe passato velocemente, tanto da non accorgersene nemmeno.
Paulo m'intimò di essere prudente, e soprattutto furba. Gli promisi che sarei stata attenta.
Chiamai un taxi, e mi feci accompagnare dove avevo stabilito. Mentre attendevo vicino all'ingresso mi guardai attorno, mi sembrò un pub tranquillo, frequentato da gente della nostra età.
Ero andata ad intuito, e soprattutto avevo fatto scelte sagge: lontano dal mio appartamento ma a soli tre chilometri dal quartiere dove abitava Dybala, in modo che mi avrebbe potuto raggiungere in fretta se ne avessi avuto bisogno.
Quando Mauro arrivò e ci salutammo, la sua prima domanda fu proprio sulla posizione: "Carino qui, come lo conosci? Vivi nei paraggi?"
"Sì, ci vengo spesso"
Una menzogna bella e buona. Se fossimo stati a Torino lo avrei portato in piazza San Carlo, dove lavorava Giovanni. Era il mio posto sicuro, e mi avrebbe aiutata con qualsiasi difficoltà. Nonostante fossero passati anni, eravamo ancora molto amici. Difatti, quando incappavo in dei nuovi bar lì nella capitale, non facevamo altro che scambiarci messaggi per commentare gli stuzzichini e i drink, paragonandoli ai suoi.
"È un'ottima notizia, significa che dopo potremmo continuare da te" commentò.
Il Gin Lemon che avevo ordinato mi andò quasi di traverso. Primo campanello di allarme: battute sconce senza aver prima instaurato un minimo di confidenza.
Ridacchiai nervosamente, continuando a sorseggiare dalla cannuccia.
Feci il possibile per bere lentamente, in modo da non ubriacarmi con facilità, seppur accadesse raramente.
Quando cominciò ad interrogarmi sulla mia vita privata aveva già terminato il suo secondo Negroni.
"Come conosci Paulo Dybala?"
Prima di rispondere, riflettei bene sullo scegliere di racontare la verità o meno. La mia diffidenza prevalse, perciò feci un mix delle due cose: "ci siamo incontrati per la prima volta sette anni fa, ad un evento dove lui era ospite ed io allietavo la serata al pianoforte. È un appassionato di musica classica, abbiamo chiacchierato e fatto amicizia".
Stavo per inventare che due nostri amici si erano sposati, ovvero Alice ed Alvaro, motivo per il quale ci eravamo avvicinati ancora di più, ma mi ricordai immediatamente dell'articolo di giornale che ci vedeva ritratti fuori da una discoteca, dipingendoci come una coppia, perciò decisi di evitare.
"Non avrei mai immaginato che fosse un ascoltatore di Mozart o Beethoven"
Mi dovetti trattenere dallo scoppiare a ridere, il connubio Paulo e genere classico era come quello di ananas e pizza.
"Quindi ti sei trasferita qui con lui?"
"Io e mio figlio non avevamo nulla che ci legasse al Piemonte"
Nulla se non i ricordi..
"Non prendiamoci in giro, vi siete trasferiti perché tra te e Dybala c'è qualcosa"
Sbiancai.
"È fidanzato da anni, ed io ho un bambino con un altro uomo"
"E dov'è quest'uomo?"
"Ha avuto un incidente in moto un anno e mezzo fa. Un incidente mortale"
Mi finsi provata, per render credibile l'ennesima bugia. Secondo campanello d'allarme: mi aveva invitata fuori pur credendo che io avessi una relazione con un altro.
Si disse dispiaciuto, poi ordinò due shot di vodka.
"O preferisci la tequila?" domandò.
Non l'avrei bevuto per nessuna ragione al mondo, sapevo che se lo avessi buttato giù mi avrebbe costretto a farlo ancora, e con l'effetto dell'alcool già in corpo sarei stata così disinibita da accettare.
"Oh no, grazie. Io passo"
Sul suo volto apparve un ghigno.
"Non vorrai farmelo fare da solo, sarebbe molto maleducato"
'Fanculo l'educazione, il mio era un no secco.
"È più maleducato non rispettare un no da parte di una donna, non credi?"
Piegai il capo, e cercai di manipolarlo con lo sguardo. Non funzionò.
"Andiamo, serve a sciogliere i nervi, per prepararci"
"Prepararci a cosa?"
Non lo avrei dovuto chiedere.
"A quando ti chiederò di accompagnarmi alla toilette"
Fui sopraffatta dal suo lurido atteggiamento, non ne potei più.
"Sei un pervertito del cazzo"
Afferrai con foga la mia borsetta, decisa a scappare di lì. Non sarei riuscita ad avvisare Pau, ma quantomeno mi sarei allontanata, potevo correre, avevo indossato gli anfibi anziché i tacchi proprio per quel motivo. Lo avrei chiamato per strada, nel frattempo sarei stata più vicina alla sua via, e mi avrebbe raggiunta in pochi minuti.
"Dove vai, troia!"
Riuscì ad attorcigliare la sua mano intorno al mio collo, il barista fu il primo ad accorgersene.
"Hey, che cazzo stai facendo?" esclamò.
Da quel momento in poi si scatenò l'inferno: buona parte della gente seduta ai tavoli urlò, in particolare le donne. Qualcuno si fiondò verso di noi, nel tentativo di liberarmi dalla sua presa.
Non stavo soffocando, per fortuna, avevo abbastanza aria nei polmoni per resistere qualche altro secondo.
Quando un uomo lo prese alla sprovvista, colpendolo alle costole, Mauro dovette difendersi.
Non capii bene cosa stesse succedendo, mi sentii improvvisamente sbandare, e mi mancò la terra da sotto ai piedi, probabilmente stava iniziando l'asfissia.
Vidi tutto davanti a me roteare, come l'illusione ottica della Notte Stellata di Van Gogh, poi caddi di lato, e sbattei la tempia contro il bancone.
Da quel momento in poi la vista mi si appannò completamente, ma riuscivo ancora ad udire le voci in sottofondo: "chiamate un ambulanza, fate presto!", "chi è il suo ultimo contatto sul cellulare?", "fermate questo stronzo".








Él 2 ||Paulo DybalaWhere stories live. Discover now