Jaque

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Il pensiero del rinnovo delle promesse non abbandonò la mia mente nemmeno per un istante.
Non facevo che pensare a quanto il nostro rapporto si stesse consolidando. Il nostro amore era sopravvissuto alla guerra, era stato testimone della distruzione, e l'aveva inglobata al suo interno fortificandolo, non abbattendolo.
La notte dopo la proposta non ero riuscita a dormire, allora avevo tenuto sveglio anche lui, e avevamo chiacchierato fino all'alba, quando il sole era appena sorto ed eravamo usciti in giardino per ammirarlo.
Avevamo discusso di come avremmo dovuto fare per organizzarlo, e soprattutto quando. Ci eravamo promessi normalità, un pizzico in più rispetto al nostro primo matrimonio, ma avremmo mantenuto distanti le consuetudini che separavano sposa e sposo fino alla celebrazione. Volevamo viverci, ogni singolo istante.
La prima decisione da prendere riguardava la data, volevamo a tutti i costi fissarla e toglierci il pensiero. Dovevamo, come al solito, tenere in conto i calendari delle competizioni, sia per quanto riguardava la Roma che la Nazionale. Inoltre, in estate erano previste le nozze di Correa, alle quali eravamo stati invitati, e andavano presi in considerazione anche gli eventi riguardanti la sua famiglia.
Dopo averci riflettuto a lungo, scegliemmo di nuovo il 29 febbraio, del 2024. Il fatto che cadesse nuovamente in un anno bisestile era decisamente un'opportunità, e avere a disposizione più di trecentosessantacinque giorni non ci avrebbe fatto male, anzi. Tra gli errori da non ripetere c'era proprio l'andare di fretta.
La mattina dell'intervista con Dazn era arrivata, e Paulo mi aveva chiesto di accompagnarlo. Gli avevano detto che poteva portare qualcuno con sé, perciò aveva colto la palla in balzo.
Non sarei stata con loro nella prima fase, ovvero in mezzo ai tifosi ai piedi del Colosseo. Mantenere un profilo basso era la mia priorità, volevo introdurmi nel suo mondo, ma con cautela.
Paulo aveva il potere di firmare accordi, e decidere cosa volesse che gli altri raccontassero sul suo conto, ed io facevo parte della sezione di riservatezza. Chiunque mi avesse vista lì quel giorno, nella terrazza dove si sarebbe tenuta la partita a scacchi riservata unicamente allo staff, non avrebbe accennato al fatto che con Dybala ci fosse una donna.
C'era chi mi aveva già intravista in sua compagnia, magari in un ristorante o per le vie del centro, o chi lo aveva notato insieme a mio figlio, ma mi conoscevano come una sua cara amica.
Nessuno aveva mai saputo chi avesse sposato il numero dieci della Juventus, quella fredda mattinata invernale. I tabloid avevano ipotizzato si trattasse di Oriana, poi avevano cambiato versione, convincendosi del fatto che quello non era di sicuro il suo matrimonio, ma fosse un semplice invitato che nella foto era apparso vicino alla sposa.
Non portava la fede, quindi non poteva aver convolato a nozze, mentre io la portavo ancora, e di conseguenza ero semplicemente una sua conoscente.
Quelle supposizioni, in realtà, ci avevano semplificato la vita, altrimenti gli anni passati separati sarebbero stati invivibili per entrambi.
Nel tempo che intercorse tra il mio compleanno e quella mattina, erano cambiate diverse cose. Una tra le tante riguardava i suoi nipoti, che si erano momentaneamente stabiliti in villa con noi: Dolores era stata presa per un corso di formazione nella Capitale, che sarebbe durato qualche mese, e Lautaro aveva semplicemente deciso di starle vicino.
La reazione da parte di loro zio, inizialmente, non si era rivelata così positiva. Era arrabbiato perché avevano aspettato di dirglielo una volta arrivati lì, sapendo che comportandosi in quel modo non gli avrebbe mai rispediti indietro, ma poi aveva letto nei loro occhi la necessità di cambiare aria, e aveva immediatamente accettato.
Sarebbero stati insieme a noi per un po', dunque. La loro compagnia ci avrebbe aiutato a guardare il mondo in maniera alternativa, e riscoprire una parte della gioventù che avevamo perso.
Dopo l'intervista, saremmo andati in un circolo di scacchi, come mi aveva promesso. Gli era sembrata una grande idea concentrare tutto in una sola giornata.
"Così, facendo la partita con la Leotta, ho l'opportunità di allenarmi" disse.
Voleva fregarmi, ma il fatto che potessi osservare in anticipo il mio avversario avrebbe giocato a mio favore.
Per l'occasione mi chiese di vestirmi elegante, in quanto lui avrebbe indossato un completo con una polo nera al di sotto. Fu lui stesso a scegliere l'abito da dentro al mio armadio: un tubino a bretelle in pelle, color vinaccia scuro. Sulla schiena presentava una trama tipo corsetto, con dei lacci.
Non avrei mai indossato qualcosa del genere in quel contesto, ma mi assicurò saremmo stati all'interno, e che se avessi sentito freddo mi avrebbe prestato la sua giacca, come faceva sempre.
Lo avevo assecondato, soprattutto perché quello era uno dei pochi vestiti che mi faceva sentire ancora bella, nonostante non fossi riuscita a tornare in forma dopo le gravidanze.
"Voglio già togliertelo" fu il suo commento non appena mi vide scendere le scale.
"Zio, per favore contieniti" esclamò Lautaro.
Gli rivolse il medio con naturalezza, mentre mi accoglieva tra le sue braccia.
"Lo so che ti rode ancora il culo perché l'ho presa prima io, sobrino"
Prima di salire sul Van che ci avrebbe portato sul posto, mi rivolse l'ennesimo "sei stupenda". Anche lui lo era, ed ero invidiosa di chi quella mattinata di sole avrebbe ammirato la sua infinita bellezza.
"I programmi per oggi sono: pranzo subito dopo la registrazione, perché morirò sicuramente di fame, e ti porto in un bel posto. Successivamente regoliamo il nostro conto in sospeso, e quando avrò vinto torneremo a casa, ti prenderò in giro davanti a tuo figlio, poi faremo l'amore, e infine a cena parleremo con lui di quella situazione"
Con 'quella situazione' intendeva il fatto che avessimo deciso di dire a Paulino come stavano le cose tra di noi, quella stessa sera.
"Va bene, continua ad essere così convinto della tua supremazia"
Risi, pensando che al tempo non avrei mai fatto l'amore con lui dopo una sconfitta, permalosa com'ero.
L'autista lasciò Paulo nelle mani della giornalista e del cameraman, che ebbi l'onore di conoscere solo mezz'ora dopo, quando ci raggiunsero dall'altra parte della strada.
Diletta si presentò, sembrava cordiale, ma il fatto che si appoggiasse spesso sulle braccia e sulle spalle del mio uomo mi causò una gelosia inaspettata.
Insomma, sapevo facesse parte della sua gestualità, ed ero certa le sue intenzioni non fossero che buone, ma lui capì dai miei sguardi cosa mi stesse succedendo, ed io lessi nei suoi eccitazione.
Ci spiegò che, come potevamo vedere, la terrazza era coperta, e le pareti trasparenti, grazie al montaggio, avrebbero dato l'illusione di trovarsi all'esterno.
Preso posto davanti al tavolo di gioco, mi sedetti in un angolo, e ascoltai con attenzione la loro conversazione.
Raccontò della sua Dybala mask, del momento difficile vissuto dopo aver sbagliato il rigore contro il Milan, e di come avesse trovato la sua maniera di uscirne.
Non era teso ma sorridente, trasmetteva serenità, ed ero sicura che gli spettatori l'avrebbero percepita.
Parlò di come avesse iniziato a giocare a scacchi, guardando Alfonso farlo con i suoi amici. Non lo sapevo, non me l'aveva detto, e pensai fosse una cosa veramente tenera.
Fu il momento di procedere con la partita. Da Dazn avevano fatto fare su misura dei pedoni giallorossi, che in caso di vittoria avrebbe potuto tenere per sè. Si finse spaventato, ma quando la Leotta gli fece presente che gli riponeva preventivamente nella scatola che poi gli avrebbe consegnato, lui rispose: "Sì, perché so già che me li porto a casa".
Spalancai la bocca, e scoppiai a ridere. Era sempre il solito insolente del cazzo, e mi faceva letteralmente impazzire. Se lo avesse fatto con me, saremmo finiti a letto nel giro di pochi minuti, anticipati da numerose provocazioni da ambedue le parti.
Mi guardò prima d'iniziare, gli feci l'occhiolino, poi tornò a concentrarsi.
La chiacchierata duro più di un'ora, nella quale studiai con attenzione la sue mosse, non solo scacchisticamente parlando.
Non avevo spesso l'opportunità di vederlo interagire con persone esterne alla nostra cerchia, ed era davvero interessante come punto di vista, mi permetteva di capirlo meglio.
Era così maledettamente arrapante mentre accennava sorrisi ed alzava lo sguardo per rivolgerlo alla sua avversaria. Chi era lì intorno avrebbe sicuramente compreso il nostro rapporto semplicemente notando come lo guardassi: ero persa.
Ovviamente vinse, ed ovviamente non fece che crogiolarsi, quando salimmo a bordo della sua Lamborghini diretti chissà dove.
"Io e te dovremmo parlare di tante cose" esordì.
"Ne sono consapevole, ma non so mai da dove partire"
"Non facciamo sesso, Eva"
Arrivò dritto al punto, fulminandomi, e soltanto allora mi resi conto del perché non facesse che provocarmi, girandoci intorno tutto il tempo.
Mi fece specie anche il fatto che lo avesse chiamato 'sesso', parola che lui stesso mi aveva imposto di abolire.
"Una volta facevamo l'amore, mi pare" risposi infastidita, incrociando le braccia.
"È uguale"
"Non è uguale, dato che sei stato tu a porla sempre in questo modo. Stai prendendo le distanze"
"Sto prendendo le distanze? Fai sul serio? Sei frigida, non ti fai toccare"
Sei frigida, non ti fai toccare..
"Se è per il 'sesso', come ti piace chiamarlo adesso, puoi farlo con chi ti pare, dato che è stato così fino a quanto? Un paio di settimane fa?"
Silenzio.
Mi conosceva, e avrebbe dovuto sapere che rispondevo sempre ad un attacco con un altro attacco.
"Possiamo non litigare?" disse.
"Hai iniziato tu"
"Volevo soltanto parlarne, e capire il tuo punto di vista. Non era mia intenzione essere aggressivo"
"Lo sei stato"
"Scusami"
"No, scusami tu"
Avevamo entrambi i nervi a fior di pelle, facevamo ancora fatica a comunicare.
"Qual è il problema se non facciamo sesso?" chiesi.
M'imbarazzava discuterne.
"È che mi manca fare l'amore con te, e vederti disinteressata al riguardo mi fa stare male"
Sorrisi non appena udii la parole 'amore'.
"Non sono disinteressata, è che non sono pronta. Mi vergogno" ammisi.
"Di cosa dovresti vergognarti?"
"Non sono stata a letto con nessuno per anni, e ti sarai accorto anche tu che non sono più quella di una volta. La mattina di Natale sono riuscita a mettere da parte le insicurezze, e mi sono lasciata trascinare dai sentimenti che provo nei tuoi confronti, ma non ho dimenticato le smagliature sul seno e sulla pancia, la cellulite e tutto il resto. Il fatto che non abbia avuto tempo di pensarci, a causa di quello che è successo a Paulino, non significa che per me queste cose non esistano o non siano mai esistite"
Cercai di eliminare il nodo che mi si era formato in gola, e parlargliene con più naturalezza possibile.
"Mi dispiace, Nena. Non volevo essere così stronzo. E mi dispiace anche che pensi queste cose di te, che io non ho minimamente notato"
"Io le ho notate però, e stare accanto ad uno come Paulo Dybala è pesante, anche se non te ne rendi conto"
"Che vuoi dire?"
"Che la gente si aspetta io sia perfetta"
Si spostò al lato della carreggiata, ed inchiodò.
Mi prese il volto tra le mani prima di esclamare: "e a noi cosa cazzo è mai fregato della gente?"
"Non ti forzerò mai a fare qualcosa che non vuoi. Possiamo provarci, se ti va. Ma fallo prima di tutto per te stessa Eva, non per me" aggiunse.
Posai la fronte contro la sua, annuendo.
"Ora andiamo a mangiare, ho prenotato in un posto che mi ha consigliato Spina, e scusami ancora per quello che ho detto"
Ci avviammo, ma quando vidi in lontananza il McDonald's ebbi un'idea migliore.
"Posso farti una proposta?"
Annuì.
"Puoi annullare la prenotazione?"
Annuì ancora, poi domandò: "non hai fame?"
"Pensavo ci potessimo fermare al Mc drive"
Mi lanciò uno sguardo per poi ridere.
"Sei sicura?"
"Se puoi permetterti di mangiare schifezze, sì"
"Posso fare un'eccezione"
E fu così che ci ritrovammo a mangiare panini e patatine in un parcheggio, vestiti eleganti. Sembravamo due adolescenti americani prima del Prom.
Quando mettemmo piede nel circolo, dovemmo prestare attenzione e muoverci con cautela. Tutti lo conoscevano, lo salutavano, e mi squadravano da capo a piede.
Quando salimmo le scale, mi accompagnò posando una mano sulla mia bassa schiena, com'era sua consuetudine fare, poi da vero gentleman scostò la sedia prima che mi sedessi.
"Hai tutti gli occhi addosso" disse prima d'iniziare.
Ne ero consapevole, e fu proprio la consapevolezza a spingermi ad approfittarne. Liberai il collo dai capelli, fermandoli con una forcina, ed incrociai le gambe, cosicché l'abito lasciasse intravedere le cosce.
"Mantieni il focus, Dybala" lo ammonii.
Guardai la scacchiera: io avevo il bianco, lui il nero.
Aprii la partita con pedone in D4, ed ottenni come risposta cavallo in E6, accorgendomi subito di come avesse modificato la sua strategia rispetto alla partita con Diletta Leotta.
Dopo un paio di mosse, mi ritrovai con alfiere nero in B4 che teneva sotto scacco il mio Re, e Paulo potè sussurrare il suo primo 'Jaque'. Lo difesi con cavallo in D2, riaprendo il gioco.
La tensione tra di noi era palpabile. Giocavamo senza timer, dunque potevamo concederci dei brevissimi tempi di pausa, e fu durante uno di questi che mi accorsi di come alzava ed abbassava lo sguardo freneticamente.
"Che cosa stai facendo?" gli chiesi.
"Ti ammiro"
Andammo avanti, ma non smise di farlo.
"Mi deconcentri" esclamò di punto in bianco.
"E perché mai?"
"Perché sei dannatamente sexy Eva, cazzo"
Le sentii le farfalle nello stomaco, e non solo.
"Prima si finisce prima si va a casa" aggiunse, intuendo le mie sensazioni.
"Non mi lascerò sconfiggere per questo" precisai.
E fu così, con gli sguardi dell'intero circolo puntati su di noi, che riuscii a fotterlo, e fargli scacco matto.
Gli applausi si elevarono, e Dybala stesso si sentì costretto a battermi le mani.
"Non pensavo fossi così brava" commentò.
"Te lo avevo detto, fai male a non prendermi sul serio"
Quello che non sapevamo ancora era che la giocata a scacchi sarebbe diventata il nostro appuntamento settimanale fisso, non importava quanto avessimo da fare, il martedì ci saremmo trovati puntualmente lì.
Una volta rientrati a casa, non facemmo l'amore come avevamo programmato. I ragazzi ci assorbirono, con le loro perplessità e mille domande, tanto che decidemmo addirittura di rimandare il discorso con Paulino ad un altro giorno.
Dormimmo nello stesso letto quella notte, lo facemmo spontaneamente, senza accorgercene.
"Amo infinitamente i miei nipoti, ma spero non sia così tutte le sere" esordì.
"Quando Paulino crescerà sarà anche peggio" risposi sospirando.
"Oh Dio, non farmici pensare" si girò verso di me, nascondendo il volto nell'incavo del mio collo.
Scoppiai a ridere.
"È la tua nuova vita, amore mio"
"E la amo da impazzire"

Él 2 ||Paulo DybalaWhere stories live. Discover now