Scomparso

7 3 0
                                    

L'indomani Miriam andò a controllare le condizioni di Nero prima di andare al laboratorio. Era tranquillo, di nuovo si rifiutò di spostarsi a casa sua.
In laboratorio trovò due delle sue cavie morte. E la giornata prosegui con l'autopsia dei due topi oltre ai prelievi alle altre bestiole.

Taylor la guardava sempre male, e se poteva rendergli difficile la giornata lo faceva apertamente.
«Devi portar via quella bestiaccia da qui!» le disse quella mattina bevendo il suo solito caffè davanti alla gabbia dove lo sfortunato gatto si stava man mano riprendendo.
«Dovrete sopportarlo per un altra settimana! Qualcosa in contrario?» gli rispose seccata lei.
Non c'era più quella stima e quella concordia che caratterizzava la loro collaborazione.
Taylor la guardò sorpreso e tornò gentile.
«No no, niente in contrario, scusami! Ultimamente sono un po' nervoso»
«Lo avevo notato!» rispose secca lei chiudendo il discorso. Lui sembrò voler dire altro ma rinunciò e si chiuse nel suo ufficio con le sue scartoffie.

Miriam sapeva che lì dentro nessuno era avanti quanto lei nelle ricerche sulle cure per la leucemia. In un giorno solo gli avevano fatto perdere due cavie. Dal fegato delle bestiole già si capiva un dosaggio eccessivo del farmaco.
Non voleva dare la colpa a nessuno ma di certo la meticolosità che la contraddistingueva le aveva fatto meritare la stima di tutti. Il dottor Prust fu il primo a beneficiare della scoperta della proteina F.2 di cui lei era l'unica autrice. Era sicura che non avrebbero voluto andasse via, ma era altrettanto sicura che quel posto le stava sempre più stretto e che sia Prust che Taylor ne fossero coscienti.

Aspettava la pausa pranzo per poter tornare a controllare Nero. A mezzogiorno sentì un forte rumore metallico e si chiese cosa fosse, affacciata al corridoio vide il dottor Prust che le disse vagamente di essere andato a prendere una scatola nel sotterraneo. Gli occhietti brillavano dietro le tonde lenti degli occhiali, quegli occhi che aveva reputati arguti e buoni le parvero nascondere un guizzo furbesco di chi sa qualcosa che tu non sai. Continuò a guardare le spalle dell'uomo mentre se ne tornava al secondo piano, nel candore del suo camice bianco, senza l'ombra di una scatola in mano. Pensierosa tornò ad occuparsi dei suoi dati per gli ultimi dieci minuti prima della pausa. Poi uscì per raggiungere Nero.

Era un forno quel luogo a mezzogiorno. Non riusciva a credere che Nero preferisse stare lì.
Scese dalla jeep e correndo entrò nella baracca. Sentiva già che qualcosa non andava, dopo qualche attimo per abituare la vista all'oscurità, vide che Nero non c'era. Si guardò intorno corrucciata. Se ne era andato! Perché? Perché non glielo aveva neanche accennato la mattina?
Non era in gabbia, era libero, non aveva bisogno di fuggire, non da lei almeno.

Uscì fuori e si guardò intorno, prese la jeep e fece quei due chilometri per raggiungere il punto in cui lo aveva trovato due notti prima.
«NEROOO!  NEROOOO!» gridò.
Camminò per una decina di minuti, poi decise di tornare al lavoro, la pausa pranzo stava per finire. Si sarebbe fatto vivo prima o poi.
"Purché stia bene." pensò.

Il pomeriggio passò lento, Miriam era nervosa, dovette fare tre volte la stessa sequenza per un campione. Se anche al terzo avesse fallito avrebbe dovuto cominciare tutto da capo. Chiuse la cartella e accese il pc, aprì il file denominato Nero e aprì i risultati degli esami in cultura dei campioni che aveva raccolto, lì confrontò con quelli che aveva fatto di prima mattina con i campioni presi dalle medicazioni tolte. Nella sequenza genetica c'era uno stacco troppo palese, cosa lo avesse procurato cominciava a capirlo.

Ricordò la cicatrice sopra una natica, era certa che se avesse guardato meglio, e con una luce adeguata avrebbe trovato altre cicatrici più piccole per interventi in laparoscopia. Miriam corrugò la fronte! Poi fu presa dalla rabbia. Cosa avevano fatto ad un bambino di soli 9 anni? E davvero lo avevano salvato da morte certa? Quanto poteva essere attuabile una cura che sconvolgeva il dna dell'individuo trasformandone anche la conformazione fisica?

Assorta nei suoi pensieri, con gli occhi ormai stanchi a consultare altre ricerche pubblicate sul web si imbattè su un estratto su una ricerca sulle cellule tumorali impiantate su corvi e piccioni. Vi era la sequenza del dna di un corvo e Miriam rimase a studiarlo a lungo, sullo schermo vedeva specchiati gli occhi di Nero.
La sua mente gli fece un brutto scherzo udì il grido di Nero arrabbiato, quel verso che l'aveva spaventata la prima volta quando lo udì vicinissimo al suo orecchio. Si alzò di botto dalla sedia facendola rovesciare a terra. Rimase in ascolto ma nulla rompeva la solita cacofonia dei lavori in laboratorio.

Il dottor Prust la guardava preoccupato dalla soglia. Miriam tirò su la sedia e si giustificò.
«Ho sentito uno strano verso...»
«Non ho sentito nulla.» fu veloce a ribadire il vecchio ricercatore.
Miriam era tornata a sedersi e chiuse tutte le finestre aperte sul monitor del pc, se il dottor Prust si fosse avvicinato non voleva mostrargli i suoi progressi.

Uscendo dalla GBGG passando davanti una delle altre stanze di sperimentazione vide Ashley e Jane baciarsi, alla fine la cara Jane era riuscita a conquistare Ashley. Miriam pensò che le due ragazze così diverse esteriormente erano una bella coppia nonostante tutto. Si augurò che la loro relazione non avesse ripercussioni sugli studi che stavano facendo.
Ora più che mai Miriam voleva un punto di arrivo per chiudere quel capitolo della sua vita.

Nel tragitto verso casa, quella sera ricordo il momento in cui aveva visto Nero la prima volta. «Dove cavolo sei?!» accelerò più che poté. Forse era sul tetto davanti casa sua, era tornato a volare, avrebbe aperto la finestra e lo avrebbe visto volare dentro la sua camera.
Una vana speranza, Nero non c'era. E non ci fu neanche nelle sere successive.
Miriam tornò più volte alla cava. Ispezionava la baracca, il dirupo, i cumuli di rocce. Si addentrò anche nei canyon nel fine settimana.
Gridava il nome che gli aveva dato alle rocce che ne rimandavano un pallido eco a volte o versi striduli di vari uccelli altre volte.
La domenica sera la vide di nuovo sconsolata in ginocchio fra i sassi a gridare «NEROOO!» all'ostilità dell'ambiente circostante.

Nero Opowieści tętniące życiem. Odkryj je teraz