3.Anghel

33 6 107
                                    

Mosca, maggio 1982

Dieci morti, tutti Letargianti

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

Dieci morti, tutti Letargianti. Quando aveva ricevuto la notizia, Yordanka era raggelata. I Razumov avevano provveduto subito spedendo degli Ophliri a ripulire e nascondere la notizia per evitare di spargere il panico nella società non Ephura, ma ovviamente, anche lì, non potevano riportare indietro le persone morte, proprio come con la sua famiglia. Ed era solo l'inizio. Un secondo disastro aveva invece colpito vicino all'Ephia di Plovdiv, e con esso erano morti anche ben tre Ophliri, che ne stavano seguendo le tracce dopo l'ultimo attacco.

I segni delle stragi, dopo quelli che avevano iniziato a chiamare Vortici - termine coniato proprio basandosi sulle descrizioni sue e di Clara - erano gli stessi di quelli che avevano devastato la vecchia Ephia su Vitosha, per cui non c'erano dubbi: la causa era la stessa. Della quale, però, solo lei conosceva il vero nome, che però mai avrebbe rivelato ad anima viva. Dimitar, anche dopo tutto quello che aveva fatto, rimaneva pur sempre suo fratello, e lei, in quanto maggiore, l'avrebbe protetto fino alla morte.

Anche, e soprattutto, nel momento in cui quell'enorme e suggestivo portone bianco dagli intarsi dorati si apriva lento e silenzioso, facendo confluire, come spifferi indesiderati, il vociare dall'interno dell'enorme salone.

«Sei pronta?» le chiese la voce dolce e rassicurante di Clara, che le camminava subito appresso per farla sentire più al sicuro. Yordanka non poteva essere più felice della presenza dell'amica più grande lì in quel momento. Da quando quel terribile Vortice aveva distrutto ogni cosa, Clara era diventata il suo punto di riferimento, una costante di sicurezza che le dava l'impressione che le cose potessero risolversi anche nel momento in cui ciò poteva sembrare impossibile.

Prese un respiro profondo. «Credo... di sì.»

«Ricordati quello che ti ho detto» continuò lei, alludendo alle diverse ore trascorse insieme ad allenarla a parlare in modo più sciolto e agli appunti di idee su come formulare meglio i discorsi che poteva capitarle di dover fare. Yordanka si chiedeva dove avesse trovato tutta quella pazienza, e come facesse a sapere sempre la cosa migliore da dire nel momento più opportuno. Che si trattasse di un cebrim? Se davvero era così, avrebbe dato qualunque cosa per averne uno simile pure lei.

Quando prese a muovere alcuni piccoli e timidi passetti in avanti e centinaia di volti giudicatori nella folla dell'enorme sala riunioni si volsero verso di lei, si sentì improvvisamente impacciata e desiderò sprofondare. La detestavano, lo vedeva nei loro sguardi e poteva udirlo nelle aperte accuse comunicate sia a voce che mentalmente nei suoi confronti. Neanche riuscì a vedere il resto del salone oltre l'enorme corridoio che si intersecava tra quelle due rampe di gradoni, che tutto si avvolse in un intrico di luci, colori, grida e voci, e per un momento temette di essere finita di nuovo ai piedi del Vortice, impossibilitata dal muoversi e dal fare qualunque cosa mentre la sua famiglia veniva brutalmente sterminata.

«Yor, guardami» si sollevò al di sopra del caos una voce ferma. «Apri gli occhi, sono io, Clara»

Quando ubbidì, vide che la ragazza la teneva ferma per le spalle e si era chinata leggermente con la schiena in avanti per incrociare gli occhi nocciola con i suoi. Nessuno aveva mai pensato di chiamarla Yor prima di Clara, e questo le piaceva, perché era una sorta di cosa solo loro, che le dava l'impressione che lei, a differenza dei suoi fratelli, la rispettasse.

JivonhirDove le storie prendono vita. Scoprilo ora