16.Vŭrni se pri men

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Sofia, gennaio 1996

Quando giunse la notizia, stavano mangiando

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Quando giunse la notizia, stavano mangiando.

Gli Ophliri non concedevano loro più nemmeno un tavolo e delle sedie, costringendoli dunque a stare per terra, come dei cani. Il pavimento lercio e freddo dell'atrio di quella che un tempo era stata la loro abitazione, ormai casa di Maksim e dei suoi Ophliri più fidati, non era adatto a essere usato come superficie su cui posare i pasti – avanzi – e ogni posizione era sempre scomoda.

Ilia non sorrideva più da mesi e la mancanza di pannolini e nutrimenti adeguati alla sua età iniziava a farsi sentire. Non che Georgi e Goran se la passassero tanto meglio, ovviamente. Inoltre, erano anche stati separati dagli altri Metephri che avevano vissuto con loro nel dormitorio prima che venisse fatto bruciare. Avevano provato ad allontanare anche i loro due tutori, ma questi si erano rifiutati fermamente. Yordanka li aveva pregati di andarsene, per il loro bene, dal momento che, se intendevano separarli dagli altri di certo non era per trattarli con i guanti e, non essendo dei Grigorov, potevano ancora sperare in una salvezza almeno parziale. Invece sia Konstantin che Hristo erano stati irremovibili. Yordanka non avrebbe mai trovato le parole sufficienti a esprimere tutta la gratitudine e l'affetto nei loro confronti, e per non aver esitato neanche una volta nella fedeltà alla loro famiglia, anche quando tutto il mondo gli andava contro.

E così anche loro, insieme ai Grigorov, al momento stavano ingerendo, tramite cucchiai sgraffignati, una strana brodaglia irriconoscibile, di un colore marroncino versata su ciotole dagli angoli smussati che nemmeno erano state lavate dal precedente pasto, all'interno della quale galleggiavano bizzarri elementi ancora non identificati. L'intruglio aveva lo stesso sapore del vomito e odorava di frutta marcia. Ma era commestibile, questo era l'importante.

«Non lo voglio!» esclamò Goran, come ogni volta, calciando indietro la sua ciotola, che si sarebbe rovesciata a terra se Silviya non l'avesse fermata prima con la telecinesi.

«Sei uguale a tua zia, slŭncize*» rise lei, con evidente riferimento a Violeta, e a quando lei e Sasho erano ritornati nelle loro vite. Tuttavia, quello non era un giorno di cui le piaceva ricordare, e che Sisi lo ritirasse fuori proprio in quel momento le piaceva ancora meno.

Tuttavia, la sua massima preoccupazione, anche più che per la sorella fuggita, era rivolta al terzo figlio, il piccolo Kiril, che ancora era tenuto separato dal resto della famiglia; non gli era permesso nemmeno di vederlo. Lui, già normalmente, faceva molte più storie di Goran per il cibo. Chi si sarebbe occupato ora, di costringerlo a mangiare? Chi l'avrebbe abbracciato per arrestare i suoi tremori e chi si sarebbe riflesso nei suoi attenti occhietti scrutatori?

Era sempre stato prematuro, in ogni aspetto della sua vita, e lo stesso era stato per il suo Cerebrum, sviluppato prima ancora dei fratelli più grandi. Certo, ora poteva difendersi, e sembrava anche parecchio potente, ma a quale costo? Di quel suo misterioso cebrim non aveva ancora il controllo, per cui non aveva nemmeno la possibilità di usufruirne per proteggere la sua persona.

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