20.Spleen

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Quando il cielo basso e greve pesa come un coperchio sullo spirito che geme in preda a lunghi affanni, e versa, abbracciando l'intero giro dell'orizzonte, una luce diurna più triste della notte;

quando la terra è trasformata in umida prigione dove, come un pipistrello, la Speranza sbatte contro i muri con la sua timida ala picchiando la testa sui soffitti marcescenti;

quando la pioggia, distendendo le sue immense strisce, imita le sbarre d'un grande carcere, e un popolo muto d'infami ragni tende le sue reti in fondo ai nostri cervelli,

improvvisamente delle campane sbattono con furia e lanciano verso il cielo un urlo orrendo, simili a spiriti vaganti, senza patria, che si mettono a gemere, ostinati.

E lunghi trasporti funebri, senza tamburi né bande, sfilano lentamente nella mia anima, vinta; la Speranza, piange; e l'atroce Angoscia, dispotica, pianta sul mio cranio chinato il suo nero vessillo.

-Spleen-
(Baudelaire)

Sofia, gennaio 1996

La tempesta era arrivata

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La tempesta era arrivata. E l'albero immortale ne era stato travolto.

«È l'unica cosa da fare.»

Era inevitabile. Era la naturale forza delle cose, a cui nessuno poteva sottrarsi.

Lo stesso ramo ne era consapevole.

«No», si era rifiutato di accettare lui, la voce un rantolo furente, «No, dev'esserci un modo per salvarli entrambi...»

«Non c'è, perché dovrei mentirti?» aveva gridato in risposta sua sorella. La lite era scoppiata furiosa e disperata tra loro, senza che nessuno dei due fosse veramente arrabbiato. Erano solo sciocchi rami che speravano di poter fuggire dal gelo, dopotutto.

La voce fievole e ansante di Silviya aveva arrestato ogni opposizione: «Yordanka, fallo».

Aveva poi deglutito il dolore e, voltasi verso Petar, gli occhi inondati dalle lacrime, aveva aggiunto: «Il bambino deve vivere, Petar. Non desidero altro».

«Sisi...» aveva insistito lui. «Ti prego. Ti imploro. Tu avevi promesso.»

Però posso assicurarti che, per qualunque cosa, io sono qui. Che tu abbia bisogno di silenzio, comprensione, o anche di essere ignorato, devi sapere che non sarai mai solo. Io, Sasho, la tua famiglia, ci saremo sempre, lo sai.

Vedrai che andrà tutto bene, slŭncize.

Te lo prometto Petar.

«Sì, avevo promesso» confermò lei, sforzandosi di sorridere, «avevo promesso che non ti avrei abbandonato neanche dopo la morte, e infatti è così. Resterò sempre insieme a te.»

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