Capitolo tre.

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La sera prima.

Harry.

Mentre con il pick-io percorro il vialetto di ingresso, la casa mi compare davanti agli occhi, ogni singola finestra splendente di luce. Ci sono circa un trilione di finestre, la villa è enorme e fa un'impressione grandiosa. Poi la preoccupazione mi assale e mi chiedo se siano in casa oppure no. Speravo di evitarli fino al mattino.
La tensione che emana da Louis è evidente; la realtà lo colpisce, credo. Sta succedendo anche a me. Devo varcare quella soglia e affrontare i miei demoni. È drammatico, e sembro una ragazzina, ma merda, è la verità.
"Hai una casa gigantesca", mormora Louis.
"Già" la odio. Perdere mia sorella è il fatto più terribile del mondo ed è accaduto proprio qui, anche se è morta quasi con esattezza due anni fa, mi pare solo ieri. Dentro il mio cuore, so che la sua morte è stata in parte colpa mia. E di Adele. Questo è uno dei motivi principali per cui dovrei essere altrove.
"Ed è proprio sull'oceano." Louis sembra triste. "Adoro l'oceano. Ci vado raramente."
"Ci sono delle scale sulla terrazza posteriore che ti porteranno dritto sulla spiaggia", dico, sperando di fargli venire voglia di andarci. Il sorriso che mi fa in qualche modo mi alleggerisce, ma non abbastanza. Non sarà una visita facile, mi sono illuso se credevo che Louis l'avrebbe resa più semplice. Con la sua presenza sembrerà meno stressante, ma ci sono ancora tensione, rabbia e tristezza- troppo emozioni legate a questo posto, in questo momento dell'anno. Entro la fine della settimana penserà che sono completamente pazzo. Racconterà a qualcuno di me? Non mi sono neppure posto il problema, il che prova una volta in più che non ho organizzato il piano a sufficienza. Tutti mi si ritorcerà contro, alla fine. Non posso fidarmi di nessuno e di certo non di questo ragazzo seduto accanto a me, che si mastica l'indice come se dovesse arrivare fino all'osso. È nervoso, ma non sa niente di me.

Mi sudano le mani e ho la nausea. Una cosa è vedere i miei quando sono in vacanza, un'altra è vederli quando vengo a casa e devo affrontare la realtà di quello che è successo qua dentro. Sono passati quasi due anni dall'ultima volta che sono stato qui.
"Stai bene?", la voce di Louis rompe il silenzio ed è piena di preoccupazione. "Respiri in modo strano."
"Sto bene" rispondo con un sospiro, cercando disperatamente di non cadere a pezzi. Parcheggio davanti alla porta chiusa del garage e spengo il motore lasciando che la quiete mi avvolga per un momento. Riesco a sentire i leggeri respiri di Louis, il tic tac tranquillo del motore, il suo profumo, lo shampoo o qualunque cosa sia che aleggia nell'aria. È delicato, un po' dolce -vaniglia o cioccolato, non saprei dirlo- e non si intona all'immagine da duro di Louis proietta. È una contraddizione vivente, e io voglio capirlo.

"Senti, non so perché, ma ho la sensazione che questa cosa sia difficile per te. Mi sbaglio?" Mette la mano sopra la mia, sul cambio, la punta delle sue minuscole dita che mi liscia le nocche. Sobbalzo al suo tocco, ma lui non si sposta. Sono scioccato che stia provando a rassicurarmi così.
Annuisco, poi cerco di mettere insieme due parole, ma non esce niente.
"Anch'io ho una famiglia incasinata" la sua voce tranquilla penetra dentro di me e mi calma i nervi all'istante.
"Non ce l'hanno tutti?" Mi sforzo di scherzare, anche se la maggior parte delle volte credo di essere il solo che ha a che fare con la follia. Nessuna famiglia è fuori di testa quanto la mia.
"Non credo. Merda, non lo so" sorride, e guardarlo mi alleggerisce il cuore. "Solo..ricordati di respirare, ok? So che non mi racconterai cosa c'è che non va, o perché odi la tua famiglia così tanto, ma lo capisco. Lo capisco davvero, e se hai bisogno di allontanarti solo per cinque minuti, ti darò una mano. Dovremmo avere una parola in codice."
Mi acciglio. "Una parola in codice?"
"Si" annuisce, e gli si illuminano gli occhi, come se stesse davvero entrando nella parte. "Mettiamo che tuo papà faccia lo stronzo e ti chieda cosa ne vuoi fare della tua vita, e tu non ce la fai più a sopportarlo. Basta che tu mi dica marshmallow e io lo interromperò e ti trascinerò fuori."
Un sorriso riluttante mi comprare sulle labbra. "Marshmallow?"
"Una parola a caso, no? Che non ha senso. Così è più divertente" il suo sorriso si allarga, e anche il mio.
"E se tu non ci sei?" Sento che non lo perderò di vista un secondo, anche se non sarà facile.
"Scrivimi marshmallow via messaggio. Ovunque io sia, verso da te di corsa."
"Faresti davvero questo per me?" I suoi occhi incontrano i miei, sono pieni di luce, splendenti e bellissimi. Cazzo, è davvero carino. Perché non me ne sono reso conto prima? Sono attratto da lui, io che di solito non sono attratto da nessuno.
"Sono impaziente di fare il lavoro per cui mi hai pagato."
Le sue parole gelide disperdono in un attimo la tiepida nebbia in cui siamo immersi. Un promemoria brutale che quello che stiamo facendo, questa falsa relazione di cui siamo parte, per lui non è nient'altro che un lavoro. "Hai ragione."
Speravo mi salvasse perché gli andava di farlo.

Non dirmi un'altra bugia] Larry Stylinson.Où les histoires vivent. Découvrez maintenant