Capitolo quattordici.

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Giorno 7 (partenza), ore 11:30.

Louis.

È passata qualche ora e ancora non so cosa dire. Dopo la confessione terrificante di Adele sono in stato di shock e non sono nemmeno quello che ne soffre di più. Il modo in cui Harry l'ha presa mi fa paura; non ha avuto nessuna reazione. È freddo come il ghiaccio, senza espressioni, immobile. Vuoto. Ho passato sei giorni e sei notti insieme a lui, l'ho visto nei momenti peggiori e migliori, in quelli di rabbia e di tenerezza, eppure non l'ho mai visto comportarsi così. Non so cosa fare per lui, e non mi rivolge la parola. Finisce per essere il viaggio più lungo e silenzioso della mia vita. Il traffico è brutale, il tempo orribile, le strade sono rese scivolose dalla pioggia ed è quasi impossibile vedere oltre il parabrezza. Ha acceso la radio all'inizio del viaggio, facendomi capire che non aveva nessuna intenzione di parlare, quindi non ho insistito. Anche se avrei voluto, dio solo sa quanto. Avevo così tante domande da fargli. Quella di Adele poteva essere la verità? Gemma era davvero la figlia di Harry? Suo padre –il marito di Adele– ha mai nutrito dei sospetti? Sapeva della loro relazione? Quanto era durata esattamente? Secondo i miei calcoli, lei lo ha usato per molto tempo, almeno quattro anni. Dalle poche cose che mi ha raccontato dal giorno in cui è morta Gemma, ho la sensazione che lei lo abbia trascinato in casa per stare da sola con lui. In sostanza, Gemma è affogata mentre loro scopavano.

Brutale, eppure deve essere la verità, me lo sento. Ecco la ragione della sua dose extra di senso di colpa. Non sono arrabbiato con lui, comunque, e non riesco a odiarlo per quello che è successo. Non è colpa sua, anche se lui la pensa così. Lei lo ha intrappolato in una relazione folle e malata e lui non è stato in grado di uscirne. Era solo un ragazzino quando quella strega ha iniziato a giocare al suo gioco perverso. Mi stupisce persino che sia riuscito a stare con me la scorsa notte.

Durante l'ultima ora di viaggio ho dormicchiato, e mi sono svegliato di colpo quando il pick-up si è fermato e Harry ha spento il motore. Ho alzato la testa e sbirciato fuori dalla finestra rendendomi conto di essere nel parcheggio del complesso di appartamenti dove abito. Sono a casa.
"Siamo arrivati" dice con un tono da oltretomba. "Hai bisogno di aiuto con la borsa?"
Lo guardo incredulo. "Quindi ci salutiamo così?" Quando mi guarda è pieno di dolore, e mi viene quasi spontaneo distogliere lo sguardo. Ma non lo faccio, non vincerà lui, non mi allontanerà. "Hai sentito quello che ha detto, Louis. Non mi aspetto di certo che tu mi resti vicino adesso."
"Hai davvero una così bassa opinione di me?" Quanto mi fa infuriare! Vorrei allo stesso tempo dargli uno schiaffo e abbracciarlo. "Bene." Allungo una mano sul sedile posteriore e prendo la mia borsa; poi apro la portiera e salto fuori con un balzo, e per un pelo non finisco col sedere a terra.
"Louis?" Il suono del mio nome mi blocca, le dita strette sulla maniglia della portiera che fino a un secondo fa volevo sbattergli in faccia. "Cosa?"
"Ho..ho bisogno di rielaborare, di capire" dice implorandomi con gli occhi. "Ho bisogno di tempo." Mi trema il mento ma mi sforzo di non scoppiare a piangere davanti a lui. "Quante volte devo ripetertelo? Non allontanarmi, Harry." Sospira e distoglie lo sguardo. Ha il viso contratto, teso e temo che potrebbe andare in pezzi da un momento all'altro. "Non so come gestire le cose con l'aiuto di qualcun altro. Sono abituato a cavarmela da solo." Mi spezza il cuore ancora di più. Non so come faccia a essere ancora intatto con tutto quello che ha passato. "Vieni dentro con me. Vado a dare un'occhiata a Lottie e poi..possiamo parlare, okay?"
"Lottie" sospira. È come se si fosse dimenticato tutto e io l'avessi riportato alla realtà. "Vai da tua sorella. Anche lei ha bisogno di te. È più importante adesso."
"Harry.." Lottie è importante e lo sarà sempre, ma la mia preoccupazione per Harry è molto, molto più grande. Ho paura di quello che potrebbe fare se non sono con lui.
"Vai, Louis. Ti chiamerò."
"No, non lo farai" sono pieno di rabbia e sbatto la portiera, deluso perché il gesto non mi dà alcun sollievo. Mi incammino verso casa, spalle curve per proteggermi dalla pioggia leggera che cade dal cielo scuro e rabbioso. Sento che Harry accende il motore e mi chiama dal finestrino aperto, ma io non mi volto, non gli rispondo.

Non dirmi un'altra bugia] Larry Stylinson.Donde viven las historias. Descúbrelo ahora