Capitolo dieci.

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Giorno 5 (Ringraziamento), ore 12:55.

Louis.

"La mamma non prepara niente per il Ringraziamento?" domando incredulo, combattendo contro il desiderio di correre fuori ad accendere una sigaretta. Ho nervi a fior di pelle e mi tremano le mani, ma nel pacchetto mi rimangono solo due sigarette. Il pacchetto che era pieno quando sono arrivato qui, e devo tenerle da parte.
"No. Mi ha detto che c'era un piatto di tacchino dal Marie Callender's nel congelatore se lo volevo. Altrimenti mi arrangio." Lottie sembra disgustata e non la biasimo. "Deduco che sia andata fuori città con Larry. Lui ha una figlia, forse ceneranno con lei" è incredibile che mamma non si sia preoccupata di portare Lottie con sé. È sua figlia. Il senso di colpa mi divora per averla lasciato sola, sensazione che non mi è affatto nuova. Sto iniziando a pensare che neanche tutti i soldi del mondo valgono questo trambusto. Il mio cuore è a pezzi, il cervello apatico, e mia sorella è stata abbandonata durante una festa che di solito mia mamma adora e che celebra oltre misura. Anche se siamo soltanto in tre da tempo dato che i miei nonni sono morti a distanza di due mesi l'uno dall'altra quando avevo undici anni, mia mamma prepara sempre un cenone per il ringraziamento e invita tutte le persone che le vengono in mente. A volte c'è anche il ragazzo di turno, altre gli amici del bar dove passa il tempo libero, tipi solitari che non hanno una famiglia con cui trascorrere le feste. Mia mamma può avere le sue colpe –e ne ha davvero un sacco– ma in occasione delle feste si fa perdonare. Non le piace vedere quando qualcuno è triste e solo.

Scuoto la testa. Eppure ha abbondato la sua stessa figlia. E non ha mai cercato me. A volte mi domando se non tenga più alle persone con cui beve che a quelle che ha creato.
"Vorrei essere lì" abbasso la voce perché sono nella casa principale, e chissà se ci sono spie in giro. Non mi stupirebbe. "Non dovresti passare le feste da sola."
"Starò bene" il suo falso coraggio mi uccide. Lottie cerca sempre di fare la dura. Si stancherà quanto mi stanco io? "La mamma di Wade mi ha invitata. Penso che fra un'oretta andrò a casa loro. Wade dice che di solito iniziano a mangiare alle tre circa e che sua mamma fa una torta di zucca cazzutissima."
"Non dire parolacce" mi si alleggerisce il cuore. Credo che le manderò un biglietto per ringraziarla, o qualunque cosa riuscirò a mettere insieme al mio ritorno. "Sono felice che tu abbia un posto dove andare."
"Stessa cosa vale per me" rimane in silenzio per un attimo prima di sussurrare "Mi manchi."
Ho un groppo in gola. "Anche tu mi manchi, ma torno a casa sabato sera, te lo prometto. Facciamo qualcosa insieme domenica, ok? Forse potremmo andare al cinema" non ci andiamo mai, anche se lo spettacolo mattutino è costosissimo, ma chi se ne importa.
"Mi piacerebbe, Louis. Ti voglio bene, buon ringraziamento."
"Anch'io ti voglio bene. Buon ringraziamento, tesoro" chiudo la comunicazione e quando mi volto trovo Adele a pochi passi da me, le sopracciglia perfette inarcate così in alto che potrebbero schizzarle fuori da quella faccia compiaciuta.
"Oh, che tenero che sei a cinguettare al telefono!" Fa un passo verso di me e io indietreggio, un brivido di paura mi corre lungo la spina dorsale, anche se non so perché. Non dovrei temerla, nonostante la sua espressione minacciosa e quei freddi occhi calcolatori. Per me non significa nulla. Ma non voglio discutere, è il ringraziamento! Litigare con la sua matrigna umilierebbe Harry e lo ferirebbe, e non voglio essere questo tipo di ragazzo, anche se sono solo una copertura.
"Non è maleducazione origliare le telefonate altrui?" chiedo perché non riesco a trattenermi. Mi scoccia che mi abbia sentito, e ancor di più che abbia pensato che fosse un ragazzo, o amante. Non dovrei giustificarmi.
"Non quando le conversazioni avvengono fra le mura di casa mia, nel mio studio. Specie quando tu sei il piccolo squaldrino che si scopa il mio Harold." Il veleno delle sue parole mi fa sussultare. La felicità con cui sgancia la bomba del sesso e possessivamente lo chiama «il mio Harold».
"Non è suo" sussurro. Non ho il coraggio di dirlo ad alta voce.
Fa un sorriso maligno. "Ecco dove ti sbagli. Tu sei passeggero, una novità. Ti ha portata qui per scioccarci, per orripilarci e farci credere che potrebbe stare con uno come te, ma io conosco la verità." Lanciando un'occhiata nella stanza cavernosa cerco una via d'uscita, ma l'unico modo per andarmene è passarle oltre, e non voglio. Lo sa, la stronza mi ha intrappolato. "Non dovrebbe inumidire il tacchino, adesso?"
Adele ride, ma il suono è amaro. Non c'è traccia di umorismo. "Stai cercando di distrarmi? Non funzionerà" incrocia le braccia al petto. "Questo periodo di vacanza è molto difficile per la mia famiglia, sai? È il secondo anniversario della morte di mia figlia, sabato."

Non dirmi un'altra bugia] Larry Stylinson.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora