Capitolo sei.

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Giorno 2, ore 21:38.

Harry.

Siamo seduti uno accanto all'altro al tavolo rotondo insieme a una folla di persone che chiacchierano a volume assordante. Restiamo zitti per tutta la cena, per almeno un'ora se non di più. So che è stupido, ma lui mi rende nervoso e voglio fare le cose per bene. In un certo senso non trovo le parole, che cosa posso dire per dare un seguito a quel bacio sul sedile posteriore della macchina di mio padre? Non voglio sminuire quello che è successo. Sto qui seduto e mi crogiolo nei miei pensieri, come una ragazzina, rivivo il momento nella mia testa, più e più volte: il modo in cui mi ha risposto, il piccolo, silenzioso gemito di piacere che ha emesso, la calda sensazione della sua lingua vellutata che scorre contro la mia, le sue mani nei miei capelli. Non ricordo di aver mai ricevuto un bacio così; qualcuno mi ha mai baciato in quel modo? Diamine, non credo proprio, e il pensiero mi raggela.

Non ci diciamo niente, ma sono perfettamente consapevole della sua presenza accanto a me. Il suono melodioso del suo respiro, il profumo dolce che mi fa venire l'acquolina in bocca, il calore della sua pelle, il modo in cui la sua spalla mi sfrega contro il braccio quando prende il bicchiere d'acqua. Mi chiedo se mi tocchi di proposito. Con la coda dell'occhio lo guardo bere: le labbra sottili che si incurvano intorno al bicchiere, la linea delicata del collo e il movimento che fa quando deglutisce. Il desiderio di baciargli tutta quella pelle nuda è così forte che chiudo le mani a pugno e me le premo sulla cosce. Non riesco a smettere di pensare a lui, la sensazione di stringerlo fra le braccia, il suo sapore ancora sulle labbra. Io non perdo mai tempo con queste cose, mai, ho sepolto queste inutili emozioni dentro di me molto tempo fa, e mi sono sempre rifiutato di lasciarle affiorare. La maggior parte delle volte sono un robot, mi muovo a comando, vivo la vita giorno per giorno. Ma questo ragazzo..lui si che ha senso. È reale, bello, e i nostri corpi aderiscono alla perfezione quando lo abbraccio, mi fa venire voglia di provare emozioni. Ma per lui non significo niente: sono solo un mezzo per raggiungere il fine. Un lavoro ben pagato, me la sono cercata, e ora me ne pento.

Sono nevoso e ingollo in fretta la birra che ho preso prima al bar. È la seconda, e se devo sopportare questa situazione ancora un po' ne prenderò presto una terza. Non sopporto che il mio piano sia andato a farsi benedire e non ho idea di come fermare questo treno di sensazioni, non sono nemmeno sicuro di volerlo fare. Mi sto torturando da solo, ma sto bene con lui, e perché non dovrei desiderare di smettere? Ho fatto altre cose che mi facevano stare bene, pur sapendo che era meglio fermarsi.
Odio la vocina dentro la mia testa, mi ricorda tutte le mie colpe, le azioni cattive che ho commesso. Non sono una brava persona e lo so, non ho bisogno di continuare a ricordarmelo.
"Harry, eccoti!" È Kaylie, e ha due amiche che le trottano dietro. Ragazze con cui sono andato a scuola, vestite di tutto punto e agghindate per sembrare copie identiche alle barbie. È difficile distinguerle l'una dall'altra. "Ti abbiamo cercato dappertutto. Ricordi Abby ed Ella, vero?"
"Si. Hey" alzo il mento in segno di saluto e per tutta risposta quelle sventola le ciglia ridacchiando. È snervante, e vorrei che sparissero.
Accanto a me, sento un grugnito di Louis che mi fa sorridere. Con la coda dell'occhio, noto il suo sguardo confuso, misto a una buona dose di irritazione. Kaylie è una che non molla, lo ammetto, ma a quest'ora avrebbe dovuto capire che è il caso di lasciarmi stare.
"C'è un ballo più tardi" dice, indifferente alle occhiatacce di Louis. "Forse potrei rubarti al tuo..ragazzo. Per recuperare il tempo perduto." Lo dice come se fossimo stati insieme, quando a dire il vero a malapena me la ricordo. Non so perché diavolo si sia messa in testa di perseguitarmi.
"Tutte le danze sono per me stasera. Mi dispiace" la voce di Louis è squillante, ma non sembra molto dispiaciuto. Inoltre, ha la mano appoggiata sulla mia coscia, le dita curve intorno alla gamba in modo da sfiorarmi quasi il membro. È una mossa possessiva e la adoro.
"Già, umh.. Scusa, Kaylie" le faccio un sorriso contrito che lei non si preoccupa di restituirmi. Se ne va via sbuffando, gettandosi i capelli biondi dietro le spalle mentre si volta e si allontana con i suoi piccoli satelliti. Le guardo scomparire nella sala, consapevole della presenza di Louis, e ancora di più della sua mano, che è ancora appoggiata alla mia gamba. Non voglio che la sposti.
"Dimmi cosa significa quella ragazza per te." Sembra arrabbiato e i nostri sguardi si incontrano. Quegli occhi azzurri stanno facendo fuoco e io sono il bersaglio.
"Niente, la conoscevo alle superiori, ma parlavamo appena" le labbra di Louis sono rigide, gli occhi duri, sembra pronto a calciare qualche sedere.
"Si comporta come se fosse la tua ex."
"Non lo è" rispondo scuotendo la testa.
"Te la sei fatta, allora" i suoi occhi si assottigliano a una fessura e quando me ne rendo conto il cuore mi martella nel petto. Louis è geloso. E la sensazione di compiacimento che cresce dentro di me mi rende uno stronzo. Prova qualcosa, ci comporta come se io gli interessassi.
"Non me la sono fatta" dico con voce dolce. Non voglio che sia arrabbiato. Allungo una mano e lo tocco, sfiorandogli le guance. Voglio baciarlo, rassicurarlo che fra me e Kaylie non c'è niente, nessuna storia, nulla.
"Bene" poi toglie la mano dalla gamba e allontana il viso. Mi ritrovo con la mano per aria e lo osservo allibito mentre lui si ritira in se stesso. Mi ha tagliato fuori nel giro di pochi secondi ed è la cosa più strana che abbia mai visto. Prima era lì, ora non più, e non ho idea del perché. Allontana la sedia dal tavolo e si alza, allungando una mano verso di me. "Potrei avere il cellulare, per favore?"
"Dove vai?" metto una mano in tasca e tiro fuori il telefono. Per l'ennesima volta rimango sconcertato da quanto stia bene con quel completo. So che starebbe ancora meglio senza.
"Fuori. Devo chiamare mia sorella e assicurarmi che stia bene" mi fa un breve sorriso, e prima che abbia il tempo di chiedergli se vuole che lo accompagni è scomparso nel nulla tra la folla, diretto verso la porta d'uscita che affaccia su una terrazzo enorme sopra i campi da golf. La stanza lo inghiotte finché non riesco più a vederlo e sento l'aria venir meno. Mi manca, ed è ridicolo, dato che non lo conosco nemmeno e siamo stati insieme solo per tre folli giornate, contando anche quella del viaggio. Eppure mi manca.

Non dirmi un'altra bugia] Larry Stylinson.Where stories live. Discover now