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«Pronta?»

Marta annuì fissando davanti a sé e si strinse nel cappotto. Alex mise in moto l'auto e partì.

Marta, volto appoggiato al sedile e sguardo perso fuori dal finestrino, restò in silenzio per tutto il viaggio. Osservava i colori smorti di un febbraio nebbioso, mentre emozioni contrastanti si mescolavano dentro di lei aggrovigliandosi come spaghetti: il dolore le appesantiva il petto, ma la presenza di Alex le infondeva sicurezza e felicità. Potevano dolore e felicità convivere così, entrambi esplosivi e silenziosi allo stesso tempo? Nel mondo che scorreva al di là del vetro, guardava le persone che, ignare della sua esistenza, passeggiavano lungo la strada; sentì montare un'invidia istintiva immaginando le loro vite tranquille, poi la ragione l'accantonò: quante volte lei stessa era parsa tranquilla agli altri quando in realtà stava morendo dentro? Cosa portavano davvero a passeggio tutte quelle esistenze? Quanti drammi, paure, rimorsi, delusioni stavano sfilando davanti a lei?

Quando la macchina si fermò, Marta trattenne il respiro.

La mano delicata che Alex le posò su una spalla le trasmise un po' di calore.

«Andiamo?»

«Devo riuscire da sola.»

«Come preferisci. Se hai bisogno, chiamami.»

Marta fece un cenno di assenso e scese dall'auto.

L'aria ghiacciata le sferzò il volto, ma lei proseguì indifferente. Percepiva distintamente i piedi umidi e freddi stretti nelle scarpe di tela, procedevano un passo davanti all'altro, sentiva l'irregolarità dei sassolini del sentiero attraverso le suole come se diventasse sempre più pesante. Proseguiva avvolta dal silenzio accentuato dalla nebbia accompagnato dal rumore dei passi sui sassolini del selciato; il respiro le usciva dalla bocca sotto forma di rumorosi sbuffi di fumo e il naso le doleva dal freddo.

Si muoveva come in una bolla fuori dallo spazio, sentendo la presenza del proprio corpo in ogni fibra. Le tombe le sfilavano accanto solo ai lati del campo visivo. Dritta verso l'obiettivo. Non poteva fermarsi, o sarebbe tornata indietro.

Quando individuò la parete in cui lo avrebbe trovato, chiuse gli occhi e avanzò al buio. Si fermò. Inspirò ed espirò due volte, poi aprì gli occhi.

Dopo tanto tempo, lui era lì, davanti a lei. La guardava con dolcezza e con un lieve sorriso. A Marta sembrò tranquillo, quasi si aspettasse di trovarlo imbronciato con lei per aver atteso tanto, per averlo abbandonato. Posò una mano sulla foto. «Quanto sei bello, amore mio.»

La sua foto le trasmise una serenità che mai avrebbe pensato. Si era sempre immaginata in quella situazione spezzata in due dal dolore, china davanti alla sua tomba con il cuore frantumato e impossibilitata a guardarlo; invece, riusciva a entrare nei suoi profondi occhi azzurri come se Stefano fosse davvero davanti a lei e le stesse dicendo "Grazie per essere qui. Io sto bene, vorrei che stessi bene anche tu."

Marta si fermò a parlare con lui, gli raccontò tutto quello che le era successo gesticolando e nascondendo il volto dietro le mani per la vergogna come se lui potesse davvero vederla. Non tralasciò nulla, nemmeno di quell'anno passato tra alcol, discoteca e uomini pur di non pensare al fatto di averlo perso; gli parlò di Maurizio, lo psicologo che aveva cercato di aiutarla e di cui si era invaghita, di come si era sentita sbagliata e insignificante; gli disse anche di Alex, non senza arrossire.

«Ti sarebbe piaciuto, ne sono sicura.»

Poi, in silenzio, appoggiò un bacio sulla foto e portò l'altra mano sul cuore. Chiuse gli occhi e si girò, lasciandolo andare mentre prendeva la via del ritorno.

I passi sul selciato suonavano leggeri, gli uccellini cinguettavano e il brusio di altre persone che camminavano e parlavano le fece compagnia fino al grande cancello di ferro.

Alex la stava aspettando appoggiato di schiena all'auto; appena la vide gettò la sigaretta a terra.
Lei gli arrivò davanti, incurvò gli angoli delle labbra e lo abbracciò; Alex la strinse.

«Come stai?»

«Bene.»

Alex le accarezzò i capelli sfiorandole il viso.

«Pensavo fossi scappata, stavo per venire a cercarti.»

Marta si ritrasse e lo guardò con la fronte corrucciata.

«Sei stata via un'ora.»

«Scherzi?»

Alex posò le mani calde sulle guance gelate di lei; Marta posò le sue su quelle di lui e lo guardò dolcemente negli occhi.

«Grazie. Sono felice che tu sia qui con me, Alex.»

Le loro labbra si sfiorarono quel tanto che bastava a sentirne la morbidezza e il calore della pelle.

Nel viaggio di ritorno, Marta spostava di continuo lo sguardo su Alex. Dopo quello che aveva vissuto, non pensava di potersi sentire di nuovo così, e invece era reale, era lì, accanto a lei. La sua immagine le dava un senso di familiarità anomalo, come se stessero insieme da una vita intera. Pensò a quanto, nonostante il passato, ora fosse fortunata.

Ogni tanto lui la guardava con la coda dell'occhio.

«Mi sento osservato.»

«Infatti ti osservo.»

«Marta?»

«Dimmi.»

«Ne vuoi parlare?»

«Di cosa?»

«Dell'incidente.»
Marta rimase in silenzio e Alex si girò a guardarla.

«Tieni gli occhi sulla strada, per favore.»

«Scusa.»

«Non oggi. Ora vorrei tenere strette queste ultime emozioni.»

«Certo, solo quando tu vorrai. Abbiamo il resto della vita per parlarne.»

Marta spalancò la bocca e saltò sul sedile girandosi verso di lui.

«Uao, come corri. Tutta la vita?»

«Hai dei dubbi?»

«No, ma ancora non hai visto quanto sono disordinata!»

«Non vedo l'ora di scoprirlo.»

«Ti sei fatto un'iniezione di zucchero?»

Alex rise.

«Colpa del lecca lecca che mi sono spiluccato nell'attesa.»

«Grande e grosso, mangi i lecca lecca? Davvero?»

«Ahia, ho perso punti? Vedrai cos'altro ancora avrai da scoprire.»

Marta si ributtò con la schiena contro il sedile e sorrise mordendosi il labbro. 

Il vestito bluWhere stories live. Discover now