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Le rose la fissavano dal vaso sul bancone del negozio. Marta prese il biglietto e lo lesse di nuovo chiedendosi chi gliele avesse mandate. Leonardo? No, è troppo... viene spesso, ma mi conosce poco.

Mika riposava tranquilla accucciata nel solito posto sul pavimento, mentre Marta aveva cominciato a sistemare sugli scaffali i nuovi quadernoni che le aveva portato Alex, il suo venditore preferito di cancelleria. Girava le spalle alla porta di ingresso, quando «Mani in alto! Questa è una ra... »

Mika scattò in avanti ringhiando come una forsennata.

«Cazzo, un cane!»

Tempo di girarsi e rendersi conto di quello che stava accadendo, che il tizio col casco integrale aveva lasciato cadere a terra il coltello e aveva afferrato il sasso fermacarte per minacciare Mika.

«Fallo smettere o gli spacco la testa.»

Marta, immobile, con lo stomaco scivolato sotto i piedi e le mani tremanti, fece un cenno. «Mika, qui.» Ma lei continuava a ringhiare mentre il tizio urlava: «Fallo smettere!»

Marta alzò entrambe le mani in segno di resa e si mosse lentamente in direzione di Mika. Cercò di usare un tono dolce. «Bella, vieni qui da me. Va tutto bene.»

Riuscì a raggiungerla con una mano, la accarezzò e, preso il collare, la tirò verso di sé, dietro il bancone. Guardò l'uomo e, con voce tremante, disse: «Prendi quello che vuoi, ma non toccare lei.»

Lui brandiva ancora il sasso verso di loro; Marta vedeva il proprio volto sfigurato dal terrore nel riflesso del vetro del casco.

«I soldi! Dammi i soldi.»

Marta abbassò entrambe le mani.

«Che minghia fai? Su le mani!»

«Ma... devo aprire la cassa. E... il cane...»

«Lega il cane!»

«Prendo... prendo...»

«Sbrigati!»

«Guinzaglio» disse indicando la porta sul retro.

«Prendilo.»

Marta raggiunse il guinzaglio tenendo il collare di Mika con l'altra mano e si guardò intorno, spaesata.

«Muoviti!»

L'urlo la fece sobbalzare. Aprì un cassetto del bancone, gli fece girare intorno il guinzaglio e lo chiuse a chiave incastrando la corda nella chiusura del cassetto.

«Mani in alto!»

Marta eseguì sollevando le braccia di colpo.

L'uomo buttò un sacco nero sul bancone.

«Riempilo!»

Marta si spostò verso la cassa con le mani alzate, le abbassò facendo dei cenni con la testa in direzione del rapinatore per fargli capire che era necessario, poi, col cervello in panne, spinse qualche bottone a caso, ma la cassa non si aprì. La sua mente continuava a saltare da un pensiero all'altro. Il sasso è pericoloso? Saltare sul bancone? Come diavolo si apre 'sta cassa? Farlo cadere? E se non apro? Dove ho il telefono? Che fanno nei film? Ha senso rischiare? Quanti soldi ho? Mi chiudo nel retro? Mika? In quel cassetto, le forbici?

Mika mugolava e abbaiava accanto a lei, strattonando senza successo.

«Non mi guardare. E non fare la furba!»

Marta sobbalzò e abbassò immediatamente gli occhi sulla cassa, mentre l'uomo si chinava per raccogliere il coltello. Marta armeggiava lenta col cassetto della cassa, cercando di mantenere l'immagine dell'uomo all'interno del campo visivo. Lo vide risalire con il coltello in mano e infilarsi il sasso in tasca; il tizio si posò al bordo del bancone e puntò il coltello a pochi centimetri dal viso di lei. In quel momento la cassa scattò, Marta prese i contanti dalla cassa e li infilò nel sacco facendone cadere qua e là per colpa delle mani tremanti.

Il vestito bluWhere stories live. Discover now