17~Scontro A Lavoro E A Scuola

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"Hai il coraggio di
guardarlo dritto negli occhi? Sì
Oh, perché ti investiranno, fino al buio"

Way we go down- Kaleo



«Figlio di puttana» urlò la giovane, afferrò Mark per i capelli spingendolo contro il muro.
Il corvino si dimenò cercando di liberarsi da quella presa che era si stringeva sulla sua nuca.

Riuscì a liberarsi, ma quella bastarda lo spinse contro il muro e gli strinse la mano dietro dopo averlo fatto voltare, con quella sudicia mano che odiava lo teneva forte, rischiando di fargli male.

Mark si svegliò si soprassalto ansimando, guardò che ore fossero dal suo telefono: le 3 di notte.
Fece un respiro profondo e si mise a sedere sul bordo del letto per riprendersi un momento, si ricordò che nell'incubo indossava i vestiti di quando era un giovane ventenne, ritornato alla realtà fortunatamente aveva ancora addosso i pantaloni del pigiama neri e una canottiera bianca con le spalline larghe.

Beh, erano gli stessi con cui era andato a dormire

«Mark, che succede?» chiese Debora preoccupata chiudendo la porta della camera per far sì che le figlie non si svegliassero, il moro si passò una mano sulla fronte e per qualche secondo non disse nulla
«Ti ricordi di quella famosa rissa che ci fu a scuola?» chiese alzando lo sguardo, a quelle parole Debora capì subito di che parlava e annuì

«Quella donna torna nei miei incubi per tormentarmi» continuò Mark
«Quella stronza» disse Debora aggiustandosi i capelli spettinati

«Se quella donna sapesse quello che abbiamo fatto alle sue spalle, ci massacrerebbe fino al midollo» disse Mark.

Intanto prese la bottiglia d'acqua che teneva sempre sul comodino (oltre agli occhiali, il telefono sotto carica e a un libro da leggere) e si rinfrescò la gola

«Sai qual è il problema? È che Camilla e molto debole, la vita l'ha messa a dura prova fin da piccola» disse stropicciandosi gli occhi

«Tu lo sai benissimo, quella sa tutto» disse Debora «Se quella stronza che ce l'ha portata via sapesse, ci ucciderebbe senza pietà»

L'ufficio che si stava preparando al Natale lo rendeva sempre molto accogliente, all'ingresso venivano appese lucine colorate e qualche alberello veniva messo qua e là, e gli impiegati non si facevano scrupoli a metterli sulle loro scrivanie.

Mark si era ritrovato nel giro di tre settimane a essere leader di alcuni progetti che doveva fare con alcuni suoi colleghi, tutti quelli che lo conoscevano non gli mancavano mai di rispetto e coloro che erano diventati più vicini a lui per fare i progetti si sentivano al sicuro.

In effetti Mark era un ottimo lavoratore e per questo nessuno osava guardarlo male, tranne una persona

«Carls, di nuovo a bere come tutte le mattine?» chiese quella voce che non lo scosse minimamente.

Martin.
Quello era il nome di colui che aspettava alla scrivania a braccia incrociate.
Il nuovo assistente del suo datore di lavoro pareva uno che si credeva invincibile ma spocchioso e sembrava una mela acerba.

Mark sapeva chi era, lo conosceva troppo bene, sapeva che quella che Martin portasse, era solo una maschera. "Tutta apparenza" diceva suo padre.

«Buongiorno Martin» disse Mark togliendosi la giacca e la sciarpa mentre le appendeva all'attaccapanni

«Il tuo continuo e strano atteggiamento mi fa credere che tu non sia come io ti abbia immaginato» continuò Martin appoggiandosi alla scrivania

«Diciamo che tu avevi la chiara idea di un lavoratore che rimane in silenzio e che appare come un ologramma quando c'è bisogno» disse Mark incrociando il suo sguardo senza distoglierlo.

Le Avventure Di Un'Imperfetta Famiglia AmericanaWhere stories live. Discover now