Capitolo 5

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Incredibilmente ero riuscito ad addormentarmi, non lo avrei mai creduto possibile dico davvero.
Non so che ora fosse quando mi sono addormentato, ma so esattamente cosa, o meglio chi, è stato a svegliarmi.
Dato che non avevo messo la sveglia la sera prima, sia io che il mio compagno di stanza avevamo saltato qualche ora di lezione.
In ogni caso, qualcuno iniziò a bussare alla porta come se volesse abbatterla e io caddi dal letto per lo spavento. Guardandomi intorno vidi che anche Billie, dall'altro lato della stanza, era caduto dal suo letto e guardava la porta con odio. Decisi che sarebbe stato meglio che fossi io ad aprire all'abbattitore di porte, anche perchè Billie avrebbe potuto ucciderlo. Così mi alzai, ancora mezzo addormentato e aprì la porta.
Mi trovai davanti al ragazzo coi capelli verde acqua, sembrava piuttosto arrabbiato, avrei voluto invitarlo a entrare ma non mi ricordavo il suo nome.
Appena Billie lo vide scattò in piedi urlando il suo nome e gli fu addosso in meno di un secondo. Dovetti separarli con la poca forza che avevo, dopotutto mi ero appena svegliato.
"Sei impazzito Alex" urlò Billie "mi hai quasi fatto venire un infarto bussando a quel modo!"
Il ragazzo, Alex a quanto pare, fece una smorfia sbattendo il suo cellulare in faccia a Billie.
"Guarda che ore sono Cristo santo! Hai saltato due ore di chimica!"
Billie si strinse nelle spalle.
"Non mi è mai piaciuta chimica."
I due scoppiarono a ridere, mentre io li guardavo come se fossero due alieni. Voglio dire, un momento prima stavano per uccidersi e adesso ridevano.
Stavano ancora ridendo, quando vidi il display del cellulare di Alex e per poco non urlai. Le dieci. Le. Dieci.
Avevo saltato due ore di lezione. Era la prima volta nella mia vita che non mi presentavo a lezione, mi sentivo morire.
"Ehilá c'è nessuno?"
Billie mi stava sventolando una mano davanti alla faccia per farmi tornare in me. A quel punto urlai.
"Sono in ritardissimo ho saltato due ore. DUE ORE!"
Stavo ansimando, ero completamente preso dal panico e quei due avevano ricominciato a ridere. Avrei voluto prenderli a pugni e correre in classe. Ma dato che non avevo nè la forza nè la voglia di picchiarli, uscì dalla stanza e iniziai a correre come un fulmine per i corridoi; mi sentivo Flash in quel momento. Fortunatamente la sera prima non mi ero cambiato e avevo ancora la camicia bianca e i jeans, sarebbe stato imbarazzante arrivare in classe con il pigiama, soprattutto se il pigiama era azzurro con delle paperelle gialle, tipo quelle di gomma che si usano per fare il bagno nella vasca.
Ero quasi arrivato davanti alla porta dell'aula 103, riuscivo giá a sentire la ramanzina del professore di matematica e le risate degli altri ragazzi, per fortuna non avevo incontrato ostacoli sul mio cammino e sarei arrivato davanti alla classe in meno di un minuto.
Purtroppo mi sbagliavo.
Appena girai l'angolo finì dritto contro una colonna di cemento, solo quando caddi a terra mi accorsi che non era nè una colonna nè tantomeno di cemento, era Frank. Avrei preferito essere investito da un tir, piuttosto che andare a sbattere contro Frank Iero dopo quello che era successo la sera prima. Sentì il bisogno della famosa voragine, ma era troppo bastarda per accontentarmi e aprirsi sotto i miei piedi.
"Buongiorno Way" disse sorridendo, ovviamente.
"B-buongiorno Iero" balbettai. Come ero patetico. Mi porse gentilmente una mano per alzarmi da terra, si ero caduto dopo lo scontro e si, è piuttosto patetico, lo so. Mi sentivo un sacco patetico in quel momento. Afferrai la sua mano e fui di nuovo in piedi davanti a lui che, indovinate cosa stava facendo? Esatto, sorrideva. "Cosa ti è successo ieri sera?" Il sorriso gli era sparito dalle labbra e il suo tono di voce era tornato serio.
"M-mi dispiace per ieri sera. Io... ecco non me la sentivo."
Quanto ero falso ragazzi. Riuscivo a mentire così bene certe volte.
Frank annuì comprensivo e si passò una mano sul collo, sembrava in imbarazzo.
"S-scusa, so di essere stato troppo precipitoso. Ma per farmi perdonare" sorriso " ti invito ad un concerto della mia band questa sera."
Lui voleva farsi perdonare da me.
Quando invece ero io quello che avrebbe dovuto chiedere perdono, con tanto di abbraccio delle ginocchia tipo soldato Acheo.
Ero così confuso. Ma accettai.
"Passo a prenderti alle otto allora."
Annuì e lui mi passò accanto sussurrandomi in un orecchio: "Ci vediamo stasera Gerard" e poi se ne andò. Rimasi per un po' come un cretino fermo al centro del corridoio, scosso da capo a piedi da una serie di brividi e scariche elettriche.
"Ancora qui?"
Una mano si poggiò "delicatamente" sulla mia spalla, facendomi perdere l'equilibrio. Mi voltai e vidi Alex dai capelli verdi che mi sorrideva sornione. Sembrava lo Stregatto, con quell'espressione.
"Stavo andando in classe veramente" dissi sorridendo a mia volta. Lui si strinse nelle spalle e se ne andò salutandomi con un gesto della mano. Tornato finalmente coi piedi per terra, corsi verso la porta della 103 e bussai.
"Avanti" disse la voce del professor Quinn da dentro l'aula. Entrai inghiottendo il groppo che mi si era formato in gola e andai a sedermi al mio posto scusandomi con il professore.
"Sei leggermente in ritardo Way, sono quasi le undici" disse alzandosi in piedi e venendo verso di me.
"I-io... mi dispiace, non ha suonato la sveglia e..."
La sua risata cristallina interruppe le mie scuse e la sua mano si poggiò sulla mia spalla, dove poco prima c'era quella di Alex.
"Non scusarti Way" disse ridendo "è successo anche a me di arrivare in ritardo a una lezione. Non preoccuparti."
E così dicendo tornò alla lavagna e continuò a spiegare l'equazione che vi era scritta. Il professor Quinn era abbastanza giovane, non doveva avere più di 24 anni ed era probabilmente il miglior professore che avessi. Essendo giovane era caratterizzato da quel particolare umorismo che solo quelli della sua etá hanno e poi ci capiva. Insomma avere matematica alla terza ora era stato un vero colpo di fortuna.
"Davvero non ti è suonata la sveglia" mi chiese Ray sussurrando. Avevamo anche matematica in comune.
"Giá."
"Sappi che voglio una descrizione dettagliata del tuo appuntamento" disse ridendo leggermente. Poi tornò a nascondere la testa cespugliosa tra le braccia, neanche matematica gli piaceva, a volte mi chiedevo se c'era una materia che gli piacesse in tutte quelle che avevamo; probabilmente la risposta srebbe stata negativa.
Dato che neanche a me importava molto della matematica, mi misi a disegnare sul banco. Ero piuttosto bravo a disegnare, grazie a mia nonna Helena, è stata lei ad insegnarmi quando ero piccolo. Disegnare le persone mi riusciva molto facile, solo che certe volte non erano identiche alla realtá. Volevo disegnare questa persona nel modo più realistico possibile, nonostante fossi sulla liscia superfice del mio banco. Frank era perfetto e disegnare la perfezione non è così facile come sembra.

Il suono del silenzio (Frerard)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora