Capitolo 23

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Dopo aver saputo esattamente le mie condizioni, il dottore se ne va e ci guida attraverso vari corridoi, fino ad arrivare davanti ad un'ascensore. Gli infermieri premono un pulsante e, nell'attimo di attesa, mi guardo intorno. L'ospedale è piuttosto piccolo e bianco, decine di infermieri e inservienti sfrecciano da una parte all'altra dei corridoi, senza fermarsi, ed è in quel momento che la vedo.
Lauren cammina pensierosa avanti e indietro davanti a una porta, mi chiedo se sa giá che siamo noi e mi immagino di vederla mentre manda un messaggio a mia madre, dicendole che non potremo andare da loro perchè c'è stata un'emergenza. Non leggerebbe mai quel messaggio, il suo cellulare è rimasto a casa, vicino al lavandino, mentre lei adesso è morta.
Poi vedo che la porta davanti alla quale si trova Lauren è quella d'ingresso per il reparto pediatria, allora capisco che lei si prenderá cura di Mikey, che rimarrá al suo fianco fino a che non si sveglierá e stará meglio, dopotutto le sue condizioni erano migliori delle mie no?

Finalmente l'ascensore arriva, dopo varie imprecazioni del personale, e i barellisti mi caricano al suo interno. Arriviamo sul tetto dove c'è una grande pista di atterraggio per elicotteri e, ovviamente, un elicottero.
Quando Ray era tornato dalla sua vacanza in Amazzonia con lo zio, mi aveva raccontato di come era stato terribile salire su quel mezzo infernale. A quanto pare, aveva scoperto di soffrire di mal d'aria, o qualcosa del genere, e allora mi dice che "Lui era tutto preso a spiegarmi che tipo di vegetazione c'era in quella parte di foresta e io gli vomito addosso, dico davvero, ho vomitato su tutta la sua attrezzatura!"
E mentre lui mi raccontava queste cose io pensavo agli elicotteri, perchè non ne avevo mai visto uno.
"Non diventerò mai un fotografo."
"Ma certo che lo diventerai! Mica tutti quanti fanno servizi fotografici in elicottero!"
"In ogni caso, promettimi che non ci andrai mai."
Vorrei dirgli che a volte non possiamo scegliere.

Stare in piedi dentro un elicottero è praticamente impossibile, dopo essere caduto una decina di volte rinuncio ad alzarmi e rimango seduto per terra. Mi chiedo come facciano gli infermieri a stare in piedi e, allo stesso tempo, a controllare le mie condizioni. Probabilmente avrei vomitato, ma evidentemente i fantasmi non lo fanno.
Quando arriviamo nell'altro ospedale, mi portano subito in sala operatoria, a quanto pare devono drenare l'emorragia e sistemarmi il polmone, anche se non so esattamente come. Io li seguo correndo fino ad una stanza bianca piena di strani strumenti di ferro, doveva essere la sala operatoria.
Il dottore inizia a farsi passare dei bisturi, o qualcosa del genere, e a incidere il mio corpo facendo fuoriuscire del sangue, tanto sangue, non avevo mai visto così tanto sangue in vita mia, giuro. Non capisco cosa mi stanno facendo, so solo che esce tanto sangue e che sono ancora vivo, perchè il monitor continua a emettere dei bip regolari.
Non posso fare a meno di chiedermi cosa sono io adesso, se non sono morto, sono solo un'anima separata dal corpo? Magari se mi concentro su un luogo riesco ad arrivarci, magari posso anche andare alle Hawaii in questo modo. Chiudo gli occhi e mi concentro, ma quando li riapro sono ancora nella sala operatoria e i dottori mi stanno ancora operando. Magari posso uscire dalle stanze attraverso i muri, ci provo, niente. Se non fossi incorporeo mi sarei spaccato il naso, grandioso no?
L'unica cosa che posso fare quindi è aspettare che abbiano finito questa schifo di operazione e che aprano la porta.

Quando finiscono sono sfinito, ancora di più dei dottori se possibile, ma almeno posso uscire da quella stanza infernale. Seguo i barellisti e gli infermieri fino al reparto di terapia intensiva e aspetto che se ne vadano per sedermi sulla sedia vicino al mio letto.
Ho una vicina, è una donna piuttosto anziana, la pelle che le ricopre la parte destra del corpo è grigia e flaccida, come se potesse cadere da un momento all'altro. Distolgo lo sguardo dalla paziente e mi guardo intorno, la caposala è un'infermiera dallo sguardo severo e dal portamento elegante, un'aristocratica insomma, solo pochi letti sono occupati e, apparte quell'infermiera, non c'è traccia del personale dell'ospedale.

Ho un sacco di tubi che mi escono da tutte le parti, alcuni servono per farmi respirare perchè i dottori dicono che non posso respirare autonomamente, altri invece servono per alimentarmi, dei fili sono collegati ad un monitor e segnano i miei parametri vitali, una flebo continua a gocciolare dentro a un filo che finisce nel mio braccio.
È molto triste vedermi in questo stato e non sono sicuro che potrei riuscire a svegliarmi un giorno, ma lo devo fare, per Mikey.
Lui ha bisogno di me.

Un'infermiera dalla pelle candida e gli occhi azzurri come il cielo d'estate mi si avvicina, spostandomi dolcemente una ciocca di capelli dal volto.
"Devi essere forte tesoro, dipende solo da te" mi dice, prima di andarsene mi lascia un bacio sulla fronte e mi rimbocca le coperte.
Mi ricorda mia madre.
Mi ricorda che una volta avevo così tanta paura di quello che poteva esserci sotto al mio letto, che non volevo dormire, allora la mamma era venuta da me e mi aveva sorriso, sistemandomi i capelli, mi aveva fatto sdraiare e mi aveva dato una strana palla di cartapesta.
"Questa ti proteggerá dai mostri" disse.
"Davvero?"
Lei annuì e mi diede un bacio sulla fronte.
"E se loro vogliono lottare con me?"
"Dovrai essere forte tesoro."
Avevo cinque anni.

Decido di seguire l'infermiera fuori dalla terapia intensiva, non voglio più stare lì e poi ho bisogno di vedere la nonna. Sono sicuro che è arrivata subito, appena le hanno detto che si trattava di noi, adesso sará nella sala d'aspetto.
Avevo ragione, la nonna era nella sala d'aspetto e non era da sola.
Appena entro nella stanza la vedo, è in piedi in un angolo con James, parlano con una donna dalla pelle corvina e dagli occhi di smeraldo.
Mi avvicino a loro per sentirli e capisco che la donna è un assistente sociale, uno di quelli che fanno da mediatori fra i medici ai parenti, che ti dicono le condizioni dei pazienti senza sensibilitá.
"Le sue condizioni sono piuttosto gravi" dice "i medici dicono che è in coma."
La nonna si stringe a James, che la sostiene. L'ho sempre detto io che era una brava persona il vecchio James, proprio un brav uomo.
"Dicono che gli staccheranno il respiratore quando potrá respirare autonomamente, per quanto riguarda il coma, beh quello dipende solo da lui."
La nonna annuisce con gravitá.
"Possiamo vederlo?"
"Vedrò cosa posso fare."
La donna se ne va, lasciando Helena a piangere sulla spalla del vecchio James.

Ci sono un paio di zie di cui adesso non mi sovviene il nome e Billie.
"BILLIE!"
Mi accorgo di aver urlato solo dopo averlo fatto, mi avvicino a lui e lo guardo, sta soffrendo.
È seduto in una delle sedie bianche che ci sono in quella schifo di sala, lo sguardo perso, gli occhi spenti e i capelli afflosciati. Mi siedo accanto a lui, vorrei abbracciarlo e dirgli che andrá tutto bene, che io e Mikey staremo bene e che andremo a fare dolcetto o scherzetto insieme ancora una volta.

Qualche anno fa la Easter era rimasta chiusa per tutto il mese di novembre a causa dello scoppio di qualche tubatura. Quindi ci avevano fatto tornare a casa, dato che i genitori si Billie erano in Australia a studiare il comportamente della fauna marina del luogo, lui era venuto da me. Era da poco più di un anno che ci conoscevamo, quindi quel mese ci è servito per approfondire la nostra amicizia e compagnia bella. Durante quel periodo Billie legò molto con Mikey, che all'epoca aveva solo sei anni, e divenne una specie di fratello anche per lui. Mi ricordo che ad Halloween, come ogni anno, la mia famiglia sarebbe andata a fare dolcetto o scherzetto per il quartiere e, dato che c'eravamo anche noi, ci costrinsero ad andare con loro.
Il giorno prima di Halloween, Billie arrivò in casa con un grande sacco nero che conteneva il suo costume da Frankenstein. Sembrava piuttosto eccitato all'idea di andare a caccia di caramelle con me e mio fratello.
"Ti piace?"
"Mh bello."
"E il tuo costume?"
"Non ho intenzione di travestirmi."
"Sapevo che lo avresti detto! Per questo ho preso un costume anche per te!"
"Cosa?!"
Billie tirò fuori dal suo sacco un costume da vampiro e mi costrinse a prenderlo.
"Ho usato i tuoi soldi non preoccuparti."
"Sei pessimo..."
Mikey arrivò in cucina urlando il nome di Billie e, quando lo vide, gli mostrò il costume da diavolo che la mamma gli aveva comprato.
"Dici che rischio di essere troppo infantile con questo?"
"Wow mi hai spaventato! Cavolo con quel costume farei invidia a tutto il quartiere" disse dandogli un buffetto sulla guancia.
"Davvero?"
"Assolutamente si!"
Non dimenticherò mai l'espressione felice di mio fratello dopo quello che gli aveva detto Billie.
Mai.

Il suono del silenzio (Frerard)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora