Capitolo 15

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Vi ricordate quando vi ho detto che in New Jersey nevica un sacco d'inverno? Beh non potete neanche immaginare quanto " un sacco", sia effettivamente un sacchissimo.
Non so se mi spiego, ma c'erano almeno venti centimetri di neve quando sono arrivato nel giardino di casa mia. Mi ricordo che una volta, quando avevo circa sei anni, la neve era così alta che ci ero sparito dentro appena uscito dalla porta d'ingresso, non vi dico quanto ci hanno messo i miei genitori a disincastrarmi o vi spaventate.
In ogni caso, quella mattina aveva nevicato di brutto e il viale di casa mia era completamente sommerso dalla neve, così come i viali delle altre case e la strada principale.

Eravamo tutti e quattro davanti il cancello che dava sul viale di casa mia.
Sembrava una di quelle scene da film horror, dove il gruppo di protagonisti stupidi e sfrontati si piazza davanti a una casa infestata e decide di entrarci, dopo svariate effrazioni e violazioni di proprietá privata, per rompere un po' di vasi antichi da milioni di dollari, per finire poi col risvegliare un'entitá malvagia e, nel caso, stronza che si diverte a sbatterli in tutti i luoghi, in tutti mari e in tutti i laghi. Alla fine, dopo vari stupri, omicidi e suicidi, muoiono tutti e la casa crolla a pezzi; ma è comunque una storia d'amore migliore di Twilight, anche se di amore non ce nè.

Fatto sta che eravamo davanti al cancello del viale di casa mia, il citofono era rotto ed io mi ero dimenticato le chiavi alla Eastern.
"Sei un'idiota Gerard" disse Billie infastidito.
"Ha ragione, come si fa a dimenticarsi le chiavi di casa propria scusa" disse il ragazzo-principessa, che non chiamerò Jack solo perchè mi sta antipatico.
"Capita" sbuffai io, pensando a un modo per entrare.
"Non è colpa sua" mi difese Frank.
Ringraziai Dio, Zeus o chi per loro di avermi mandato un angelo sottforma di Frank Iero.
"No infatti è colpa dell'effetto serra e del riscaldamento globale" disse Alex, avrei trovato un soprannome fastidioso anche per lui, potete starne certi.
"Potremmo scavalcare" propose il ragazzo-principessa, che decisi di chiamare Jack per comoditá.
"Col cazzo che scavalco! Scusa eh, mi rovino i pantaloni nuovi" urlò Billie indicando i jeans neri nuovi di zecca.
"Mio dio neanche mia cugina fa così coi suoi vestiti" disse Alex ridendo.
"Allora potremmo urlare" propose Frank.
"Si certo tanto sono Tarzan io no?"
Tutti scoppiarono a ridere alla battuta di Billie, tutti tranne me. Non ci trovavo nienre di divertente nel fatto che eravamo chiusi fuori casa, con venti centimetri di neve e meno trenta gradi all'ombra.

"Io urlo" annunciai.
E lo feci, urlai il nome di mio fratello, mia madre, mio padre e di tutti i santi del paradiso.
Mi fermai solo quando Billie mi diede uno schiaffo.
"Billie" dissi offeso, portandomi una mano sulla guancia "come osi lurido babbano?"
"Guarda che ti avada kadaverizzo eh."
"Che nerd che siete" disse Jack esasperato.
Giuro che non lo sopportavo quel ragazzo, perchè diamine era dovuto venire anche lui?
Sospirai amareggiato, nessuno era ancora venuto ad aprirci, magari li avevano rapiti gli alieni o Godzilla o che so io.

"Quella è tua madre?"
Mi voltai verso la porta al suono di quelle parole e vidi una figura alta, esile e drammaticalmente rosei, venire verso di noi con un largo sorriso stampato in faccia.
"Si" dissi in un soffio.
"Gerard" esclamò quando mi vide "come mai non sei entrato?"
"E-ecco io" balbettai.
"Si è dimenticato le chiavi" disse Billie, entrando per primo dal cancello che mia madre aveva aperto "bei capelli signora Way."
Mia madre adorava Billie, dico davvero, quel ragazzo riusciva ad essere gentile e cordiale coi miei quanto era stronzo con me.
"Oh grazie Billie" disse lei, portandosi una ciocca rosa dietro l'orecchio "e chiamami pure Donna."
Seguimmo Billie all'interno del viale fino ad arrivare davanti alla porta di casa mia.

Casa dolce casa.
No, non sono così sdolcinato da dire queste cose, soprattutto dopo avere passato un'ora al gelo immerso in trenta centimetri di neve, o erano venti?
In ogni caso, quella era la scritta che recitava il tappeto davanti alla porta d'ingresso e quella era la scritta che sei paia di piedi hanno pestato prima di entrare nella mia umile dimora.
In veritá, la mia dimora, di umile non aveva niente, a meno che non consoderate umile un abete gigante decorato con nastri, palle di ogni colore, bufali e unicorni; per non parlare del vischio appeso praticamente sopra ad ogni porta, le ghirlande attaccate ovunque e il cibo sparso sopra i vari tavoli.

Appena misi piede dentro casa, venni travolto dalla miriade di parenti, amici e compagnia bella. Per una miriade si intende dieci persone decisamente rumorose, sia chiaro.
Michael mi saltò tra le braccia appena mi vide, facendomi quasi perdere l'equilibrio. Era la creatura più dolce dell'universo, dico davvero.
"Mi sei mancato Gee" disse sorridendomi.
"Anche tu Mikey."
Gli scompigliai i capelli biondi, per poi posarlo a terra.
"Gerard caro" disse mia nonna abbracciandomi, profumava di cannella e questo significava che aveva fatto i biscotti alla cannella. Sorrisi solo al pensiero di quel cibo paradisiaco.

Dopo aver salutato tutti e aver presentato i miei nuovi acquisti, quali Frank, Alex e Jack; ci trasferimmo tutti in sala da pranzo per mangiare.
Ovviamente c'era del vischio appeso anche alla porta della sala e ovviamente tutte le coppiette, i miei genitori compresi, si baciarono passandoci sotto. Jack e Alex, davanti a noi, si diedero un bacio veloce, sorridendosi ed andarono a sedersi al tavolo uno accanto all'altro.
"Che rivelazioni" disse Billie con finta sorpresa. Passando sotto al vischio, urtò mio fratello che stava entrando nella sala in quel momento e, prendendolo a tradimento, gli lasciò un tenero bacio fra i capelli.
"Che schifo" si lamentò lui correndo da mia madre.
Eravamo rimasti solo io e Frank, fuori dalla sala.
"Dovremmo entrare" disse piuttosto in imbarazzo.
Io annuì e varcai la soglia, seguito da Frank che sembrava avere tutta l'intenzione di baciarmi.
Presi un bel respiro, o qualcosa di simile a un respiro perchè comunque avevo smesso di respirare appena lui aveva parlato o meglio, appena aveva messo piede nella mia vita. In ogni caso, presi questa specie di respiro e lo baciai, il nostro bacio fu decisamente più intenso di quello dei Jalex, nome nato dall'unione dei loro due nomi data la mia pigrizia nel dirli entrambi, e decisamente più imbarazzante.
Non avevamo la loro stessa disinvoltura, forse dovevamo dare tempo al tempo.
Forse un giorno mi sarei dimenticato di tutto questo, magari accidentalmente.
Forse mi sarei dimenticato di lui, di Frank, ma non avrei mai scordato il tempo che abbiamo passato insieme, mai.

Il suono del silenzio (Frerard)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora