Capitolo 24

449 66 31
                                    

Sono di nuovo in terapia intensiva, in piedi accanto al mio corpo, mi fa strano parlare del mio corpo come se non fosse mio. La nonna è seduta sulla sedia da circa mezz'ora, continua a parlare di cose che ora come ora non mi interessano proprio. Ho bisogno di vedere Frank, ne ho davvero tanto bisogno, eppure non è ancora arrivato, evidentemente non lo hanno ancora avvertito.
Billie aveva provato ad entrare in terapia intensiva con James e mia nonna, ma la caposala li aveva cacciati dicendo che "solo i parenti possono entrare", peccato mi sarebbe piaciuto stare un po' con il vecchio James.
Un'infermiera viene per dire alla nonna che è ora di andare via e la scorta gentilmente fino alla porta, poi torna da me. È la stessa infermiera bionda di prima, quella che ha gli stessi occhi di mia madre, mi sistema la coperta e si avvicina al mio orecchio.
"Dicono che i pazienti in coma non sento niente di quello che diciamo, ma io so che puoi sentirmi, per questo voglio dirti che dipende tutto da te. Vivere o morire, restare o andare via per sempre. Dipende soko da te."

Quando torno in sala di attesta ci sono più persone di prima, una miriade di parenti che non conosco e c'è persino Jack, seduto accanto a Billie per consolarlo.
Sono ancora molto scosso per le parole dell'infermiera, perchè non può essere qualcun altro a decidere per me?
Ray fa la sua entrata in scena accompagnato dalla madre, che sta piangendo come una fontana.
"Devi smetterla di piangere! Gerard è ancora qui, non c'è motivo di piangere hai capito?!"
Era veramente arrabbiato con lei, ma potevo capirlo, era il suo modo per combattere il dolore.
È sempre stato una persona combattiva lui, mi ricordo che è stata una rissa a farci conoscere e a farci diventare amici, combatteva sempre per raggiungere i suoi obbiettivi e vederlo arrabbiarsi con la madre, cosa che non avrebbe mai fatto, mi fa capire quanto sia effettivamente forte. Se morissi probabilmente riuscirebbe a sopportare il dolore. Quello che mi preoccupa è Billie infatti, lui sembra forte ma è la persona più fragile che conosca, dopo Frank ovviamente, la mia morte lo devasterebbe.

"GERARD!"
La sua voce rimbomba attraverso le pareti dell'ospedale e il suo sguardo vaga alla ricerca di qualche volto familiare.
"Frank" sussurro, correndo verso di lui. Vorrei potergli saltare addosso, cadere fra le sue braccia e piangere, ma non posso.
Dietro di lui vedo Alex, deve essere stato lui ad avvertirlo e adesso era finalmente qui, con me.
Dovevano farmelo vedere, lui doveva vedermi e parlarmi così mi sarei svegliato.
"Dov'è?"
"In terapia intensiva" disse Ray "ma non possiamo entrare."
"Cosa?! Perchè?!"
"Solo i parenti possono" disse Billie, che era apparso alle spalle di Ray.
"Troveremo un modo."
Quando mi volto verso l'entrata vedo Vic arrancare dietro Andy, che stava attraversando la sala a falcate veloci, con loro ci sono anche Bob e Kellin, chi lo avrebbe mai detto che un giorno avrei avuto un professore al mio capezzale.
"Dobbiamo trovare una strategia per entrare" annunciò Frank ai ragazzi della band appena arrivati "io devo vederlo."
Tutti annuirono con convinzione, avrebbero fatto di tutto pur di riuscire a far entrare Frank in quella stanza.

Credo che sia la ventesima porta che aprono, cercando una specie di armadio dove i dottori tengono i camici, vorrei poter dire loro che lo spogliatoio è al quarto piano.
"È un piano stupido" disse Billie chiudendo com poca grazia la porta.
"Se fingiamo di essere infermieri ci faranno entrare" disse Frank aprendo un'altra porta.
"Ci serve un diversivo, non un camice" esclamò Vic guardando dentro la stanza appena aperta da Frank.
"Potresti fingere di essere in overdose, sono sicuro che ti faranno entrare" propose Jack.
"Non ti ricoverano in terapia intensiva per un overdose a Portland, ti danno delle pillole e ti rispediscono a casa."
"Potremmooo, non so, suonare, fare casino, distrarre le infermiere con delle avance" disse Andy, passandosi una mano tra i capelli corvini.
"Andy sei un genio! Suoneremo!"

E cosi suonarono davvero. Hanno portato le loro chitarre e, non chiedetemi come, la batteria e si sono messi a suonare. Ovviamente Frank non avrebbe cantato dato che doveva sgattaiolare da me, quindi Billie lo avrebbe fatto al posto suo.
Mi sono seduto per terra davanti a loro, mentre accordano gli strumenti e iniziano il loro pezzo con un forte colpo di piatti. Non essendo un fan della loro musica, torno in terapia intensiva ad aspettare Frank.
Appena il personale li sente suonare, esce dal reparto per andare a vederli e intorno a loro inizia a formarsi un capannello di gente. L'unica persona che non va a vedere cosa succede, è la caposala, quindi Frank non può entrare finchè lei è ancora li dentro.
"Quella stronza non esce" urlò Bob per sovrstare il rumore della sua batteria.
Billie lancia un urlo selvaggio e questa volta la caposala esce di tutta fretta dalla sua postazione, lasciando a Frank la via libera. Lo vedo correre verso di me e finalmente potrò vederlo, cioè, lui potrá vedermi e magari riuscirò ancora a sentire il suo tocco sul mio corpo martoriato.
Vedo le sue dita tatuate afferrare la tenda che mi divide da lui e aspetto di vederla tirare da una parte. Ma all'improvviso la musica si blocca e la mano di Frank scompare. Corro fuori dalle tende e guardo la scena che si apre davanti ai miei occhi, la caposale deve aver chiamato la sicurezza perchè dei tizi vestiti di grigio stanno portando via Frank e gli altro, tutti ammanettati, mentre i loro strumenti giacciono sul pavimento.
"Non potete portarci in prigione! Devo vederlo vi prego! Geraraaaaaard!!"

Sono seduto insieme ai ragazzi, in sala di attesta, le guardie li tengono sotto controllo mentre aspettano di ricevere l'ordine di portarli via.
"Cosa sta succedendo qui?"
Lauren viene verso di noi, o meglio, verso di loro correndo leggermente.
Le guardie le spiegano la situazione e lei dice che è tutto a posto, che questi ragazzi possono entrare, che parlerá con la caposala e che loro possono andare via. Lauren è veramente una persona fantastica, riuscirá a far entrare Frank nella sala e lui potrá parlarmi, lei è sempre stata molto decisa e testarda, magari è per questo che lei e mia madre erano amiche.
Solo in quel momento capisco.
Se Lauren era lì significava solo una cosa.
Non avrebbe mai lasciato Mikey da solo.
Sento il mondo crollarmi addosso, letteralmente, e inizio a correre, senza meta, senza motivo.
L'unica cosa a cui riesco a pensare è che adesso sono solo, sono solo come un cane, mio fratello è morto, Mikey è morto.

"Mamma sei sicura di voler uscire? Papá dice che potrebbe essere pericoloso."
"Sappi che quando ero incinta di te, ho continuato ad andare ai concerti di tuo padre fino al momento del parto!"
"Quindi andiamo lo stesso a comprare i regali di Natale?"
"Ma certo che si! E poi andremo anche a berci una cioccolata calda e a mangiare una torta!"
Facemmo tutte quelle cose quel pomeriggio, la mamma arrancava sotto il peso della pancia e delle buste che, nonostante io insistessi, si ostinava a voler portare da sola.
Dopo aver mangiato la torta e bevuto la famosa cioccolata calda in un bar, annunciò che era pronta a partorire.
Così chiamai mio padre e lui venne subito a prenderci per portarci in un centro per il parto naturale, c'erano un sacco di vasche piene d'acqua e le ostetriche sfrecciavano per i corridoi con panni umidi fra le mani.
Il travaglio durò delle ore, fra le imprecazioni di mia madre e gli "Oh mio dio santissimo" di mio padre. Io rimasi seduto fuori dalla stanza da solo, aspettando, sapevo che aveva bisogno di me.
Il vecchio James era venuto dopo due ore che eravamo lì, mio fratello ancora non si decideva ad uscire, e si era seduto accanto a me. Sembrava piuttosto spaventato dalle urla assatanate di mia madre che provenivano da dentro la stanza.
"Ho uhm portato dei tacos per tuo padre."
Alla parola tacos papá uscì dalla porta e si mise accanto al vecchio James, ingozzandosi di tacos.
"Ancora non ha finito?"
"Sembra che ne avrá per molto" disse papá stringendosi nelle spalle.
Il vecchio James, che non riusciva proprio a tollerare tutte quelle imprecazioni, se ne andò qualche minuto dopo ed io rimasi di nuovo solo.
Dopo altre tre ore sentì mamma chiamare, urlare, il mio nome e subito entrai nella stanza, pronto ad assistere alla nascita di mio fratello.
"Sei sicuro di voler restare?"
Annuì verso l'infermiera che mi aveva fatto quella domanda e mia madre iniziò a spingere. Le ostetriche dicevano in contimuazione di "inspirare ed espirare", mentre la mamma continuava a mandare a quel paese Michael e le ostetriche.
Alla fine la testolina spelacchiata del bambino uscì alla scoperto ed io, che ero proprio lì davanti, fui la prima persona sulla quale posò i suoi occhioni grigi. Era nato senza piangere, facendoci credere di essere un bambino tranquillo, ma avremmo scoperto che era proprio il contrario. Le ostetriche chiesero a papá se volesse tagliare il cordone ombelicale, ma lui si rifiutò, cedendomi il posto.
"Adesso penserá che sia tu sua madre, è l'impreenting" disse mia madre carezzandomi la testa con la mano libera, mentre nell'altro braccio stringeva il bambino.
E in effetti Michael è sempre stato come un figlio per me, ero l'unico che riusciva a calmarlo quando si svegliava la notte, suonando una canzone, ero l'unico a cui permetteva di leggere un capitolo di Harry Potter ogni sera e il mio nome era stata la sua prima parola.
Ma adesso Mikey non c'è più, se ne è andato per sempre.
Non diventerá mai un campione di baseball, non bacierá mai una ragazza, non si sposerá mai, non avrá mai un figlio, non potrò più abbracciarlo nè sentire la sua voce nè il profumo dei suoi capelli biondi, non potrò più suonargli una canzone per farlo addormentare, non potrò più leggergli un capitolo di Harry Potter ogni sera, non potrò più dargli un bacio magico per guarirgli le ferite.
Non avrebbe senso un mondo senza Michael.
Se lui se n'è andato, perchè non posso farlo anch'io?

Il suono del silenzio (Frerard)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora