Capitolo XI

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Per la prima volta salii su una limousine, non che ci fossero altre alternative, i Royalts possedevano solo quella macchina; ma in più quantità (e la gente per strada moriva di fame). I sedili erano neri in pelle e i vetri oscurati, cosicché per chi era fuori fosse impossibile vedere ciò che accadeva all'interno.

Il mio posto fu nei sedili posteriori, tra due guardie massicce dalla pelle scura. A quanto pare il signorino Luke aveva paura che provassi a scappare. E non si sbagliava, se solo avessi avuto la certezza di non essere acciuffata all'istante, lo avrei fatto.

Lui, dal canto suo, era seduto di fronte a me e durante tutto il viaggio, non aveva fatto altro che parlare al cellulare o comunque rimanere con gli occhi fissi su quello schermo luminoso.

E poi c'ero io, che non sapevo nemmeno cosa fosse, un cellulare.

Quando scendemmo dall'auto, mi legò una catena alla caviglia. Tentai di ribellarmi, camminare dietro di lui come un cane era un'umiliazione troppo grande, ma ovviamente non mi diede ascolto.

«Potete andare, qui me la vedo io» ordinò ai due uomini che mi avevano sorvegliata durante il tragitto.

«Non tenterò di fuggire, per piacere toglietemi questa catena, fa male» tentai ancora, ma tutto ciò che ottenni fu uno sguardo gelido e un segno di fare silenzio.

Non mi avevano mai portata a nessuna Asta per gli schiavi, perché mia mamma non lo aveva permesso e questo lo capii solo in un secondo momento. Si era sempre sacrificata al mio posto o comunque, aveva cercato un modo per far sì che io ne rimanessi fuori. Forse erano stati costretti ad accontentarla o forse, semplicemente Philip ci aveva messo una buona parola. Quell'uomo spesso sapeva sorprendermi.

Ma ora che mia mamma non c'era e nemmeno il padrone di casa, loro potevano fare di me tutto ciò che più desideravano. Probabilmente non avevano aspettato altro.

Varcammo dei cancelli aperti, fino a giungere in uno stadio, con al centro una vera e propria arena ed intorno numerosi spalti su cui sedersi.

I Signori prestigiosi, però, avevano il loro posto d'onore e accanto un piccolo sgabello per gli schiavi; gli spalti erano riservati a coloro che, invece, avrebbero dovuto offrire una determinata quantità di denaro per acquistare uno schiavo.

«Volete darmi via?» domandai, dopo che una donna in tailleur ci assegnò un posto. Che buffo, partecipare ad un'asta in tailleur, mentre noi andavamo a competere gli uni contro gli altri!

Luke sbuffò e mi guardò per un attimo. «Non lo so, vedrò i pro e i contro.»

«Avete abbastanza soldi in famiglia» ribattei, osservandolo con occhi da cerbiatta nel tentativo di suscitare la sua pietà. «Cose ve ne fate, di altri ancora?»

«Non si tratta dei soldi» mormorò con un sorrisetto maligno. «Si tratta di ciò che ci conviene, semplicemente.»

Già, semplicemente. Beati loro, che vedevano tutto facile!

Non dissi altro, mi limitai ad aspettare che arrivasse il mio momento, piuttosto terrorizzata. Non avevo idea di cosa sarebbe accaduto, lì dentro.

Poco dopo, la donna in tailleur, accompagnata da due uomini in divisa, venne a prelevarci tutti.
Guardai un'ultima volta Luke con sguardo supplichevole, ancora speravo che cambiasse idea, ma non fu così. Lui mi tolse la catena, finalmente. «Buona fortuna» mi disse soltanto ed io mi trattenni dal mandarlo a quel paese, limitandomi a non rispondere.

Attraversammo l'intera arena e poi ci condussero in un luogo molto simile a una palestra, separata da un angolo pieno di vestiti, trucchi e quant'altro.
Ci fecero disporre in fila, tutti allineati.

Eloise - Figlia di una schiavaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora