Capitolo XXVIII

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Ed ecco che quella sera stessa, mi ritrovai ad uno stupido party privato al quale ero stata obbligata ad andare; in compagnia di James. Secondo lui mi aveva anche fatto un piacere, facendomi uscire per qualche ora. Ma avrei di gran lunga preferito una passeggiata in riva al mare o al parco o semplicemente attorno casa. Un party privato non suscitava affatto il mio interesse, al contrario, ero certa che mi sarei sentita fuori posto per l'ennesima volta. Mille domande mi frullavano nella testa e prima o poi avrei chiesto spiegazione al vampiro.

Quella sera non ero elegante come alla festa dei Royalts, per fortuna indossavo dei semplici pantaloni neri, con taglio dritto e tessuto da cerimonia. Ma non mi avevano risparmiato quei fastidiosi tacchi alti, che tanto odiavo. Sui pantaloni avevo una camicia totalmente bianca ed un cappotto corto beige, con un'ampia scollatura a V e grossi bottoni allacciati sulla pancia. Anche James non mostrava la stessa eleganza di Luke, aveva un semplice jeans, una camicia bianca come la mia e una giacca nera. Non metto assolutamente in discussione la sua bellezza, dote principale dei vampiri, ma la sua presenza mi infastidiva comunque.

«Dove siamo?» domandai al mio padrone, osservando dall'esterno l'enorme dimora nella quale mi aveva condotta. La festa si protendeva anche in giardino e ad accoglierci c'erano camerieri vestiti elegantemente.

«Uno dei tanti fratelli di mia madre» rispose annoiato «è assente per lavoro, quindi i suoi figli hanno dato una festa. Sono dei ragazzini e credono di fare cose trasgressive, non vorrei nemmeno essere qui, stasera».

Sussultai sentendo le sue parole. Eravamo da un altro Princeston? Un altro dei Primi? Questa volta...un maschio? «Suo fratello... dunque, uno dei Primi», commentai semplicemente, con totale schiettezza. James però si bloccò di colpo, osservandomi gelido, ma con interesse.

«Cos'hai detto?» sbottò e il tono rigido della sua voce provocò in me un certo terrore.

«Io...no, nulla, lasciate stare» risposi, fingendo che la questione fosse di poca importanza. Forse avevo sbagliato, certi tasti dolenti è meglio non toccarli, sopratutto in determinate situazioni. Eppure non avrei mai imparato, la mia bocca sarebbe sempre andata a ruota libera.

Il vampiro dai capelli neri mi afferrò per un polso, stringendolo e mi avvicinò a sé. «Ho sentito bene, schiavetta. Adesso io e te andiamo a parlare in privato.»



•••



Odette telefonò a Luke, quella sera, non si sentivano ormai da due settimane!

Il vampiro all'inizio si rifiutò di rispondere, da un po' di tempo si era chiuso in se stesso, prestando poca attenzione al mondo intorno a sé e sopratutto alle troppe persone che cercavano di fargli ritornare un po' di buon senso. Ci avevano provato sua madre, le sue sorelle, finanche Detlef, mentre suo padre si era limitato a guardare da lontano, rimanendo marginale a tutta la situazione, come aveva sempre fatto. Poi, fulminato da uno sguardo glaciale di sua madre, aveva deciso di rispondere. Avrebbe rifiutato qualunque proposta di Odette, di questo era certo. «Pronto?» borbottò svogliato, sbuffando quando sentì la solita voce gracchiante della sua futura moglie dall'altro lato del telefono.

«Amoruccio!» esclamò quella con voce fin troppo snervante e sembrava davvero molto felice di sentirlo. Ormai aveva perso le speranze, non credeva che Luke le avrebbe risposto davvero. «Che piacere sentirti! Come procedono i preparativi per il compleanno?»

Ma possibile che quella donna pensasse solo alle cose futili e poco importanti della vita? «Boh, chi lo sa, se ne sta occupando mia madre» in realtà a Luke non interessava affatto del suo compleanno, non voleva nemmeno festeggiarlo. E sapeva bene che non interessava davvero nemmeno a Odette, ma era il passo mancante perché loro due potessero divenire marito e moglie.

Eloise - Figlia di una schiavaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora