Capitolo XXI

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Nelle settimane che seguirono, rimasi totalmente distaccata dal signorino Luke, mentre Logan tentò di riavvicinarmi. Non provavo nulla nei suoi confronti e non volevo nemmeno stare insieme a lui, ma alla fine decisi di fare pace, principalmente per due motivi: assecondare la padrona ed accontentare me stessa. Logan mi serviva e ben presto lo avrei usato per i miei scopi. A stare con vampiri egoisti, si imparava a pensare come loro; solo a se stessi.

In ogni caso, il vampiro moro sapeva benissimo come farsi perdonare. Mi portò fuori al luna park, un pomeriggio e mi parlò di quanto fosse dispiaciuto, di quanto il sentimento che provava per me fosse grande, di quanto ci tenesse a me. Però lui era un vampiro e controllare i suoi istinti non era affatto una cosa facile.

Ma Logan, ben presto, divenne l'ultimo dei miei pensieri.

Da un giorno all'altro, le condizioni di mia madre peggiorarono drasticamente, erano ormai i primi di giugno e le giornate cominciavano a diventare sempre più calde. Più i giorni passavano, più Christina stava male ed io la accompagnai a fare la chemioterapia in ospedale. Con noi venne anche il signor Philip, che sembrava molto interessato alla salute di mia madre.

Il St Thomas' Hospital era un posto che non gradivo molto, nonostante quella fosse la prima volta che ci andavo. Nulla da dire, la struttura in sé era una delle migliori e possedeva le tecnologie più avanzate, nonché i medici più noti ed esperti della zona.
Ma erano gli ospedali in sé a provocare il mio disgusto. Le pareti completamente bianche, infondevano pace, certo, ma mettevano una tristezza tremenda. Le barelle, le stanze vuote, le sedie a rotelle, le flebo, ma soprattutto l'odore di medicine, di sangue, di disperazione e di sconforto. Solo osservando gli occhi dei bambini e dei pazienti che lottavano tra la vita e la morte senza alcuna intenzione di arrendersi, si intravedeva un barlume, una goccia di positività: speranza.

Durante la chemio, mia madre vomitò. La prima volta fu davvero terribile per entrambe e Philip dovette darmi il cambio, non riuscivo a guardarla in quelle condizioni. I capelli cominciarono a caderle, il viso a perdere colore e sotto gli occhi le comparvero delle occhiaie violacee. Lasciai Philip con lei ed uscii a prendere una boccata d'aria, poi mi lasciai andare ad un sano pianto. Temevo davvero che mia mamma morisse, che non riuscisse a combattere il cancro.

Mi aveva fatto una sola richiesta, prima che iniziassero le cure: di lasciarla morire a casa e non in ospedale, se mai fosse arrivato il momento. Le dissi che non avrei mai permesso una cosa del genere, ma io cosa potevo mai fare contro quella malattia?

Avrei voluto esaudire l'ultimo desiderio di mia madre, ovvero quello di incontrare la sua famiglia. Ma non sapevo davvero come fare. E questo mi faceva piangere ancora di più, perché provavo un profondo senso d'impotenza. Mi sentivo così piccola, contro qualcosa di troppo grande per chiunque, anche per i migliori specialisti.

«Non mi piace vederti così» la sua voce era dolce e sensuale, sentii una mano posarsi sulla mia spalla e non ebbi nemmeno il coraggio di scacciarla. Trattenni un singhiozzo e asciugai le lacrime. «Non mi piace quando piangi.»

«Logan...» mormorai.

«Vieni qui» lui aprii le braccia ed io, incurante, mi ci fiondai, lasciando libero sfogo alle lacrime. Chissà perché, con lui sentivo sempre la necessità di essere me stessa. Non avevo bisogno di fingere, anzi, mi comportavo con naturalezza. Mi passò le dita fra i capelli, mi baciò la fronte, mi strinse a sé; si comportò come qualunque fidanzato che si rispetti. «È tutto okay, ci sono io» mormorò al mio orecchio «Ehi, guardami?» continuavo a singhiozzare, incessantemente, avevo accumulato troppo ultimamente ed avevo sempre pensato che piangere fosse una debolezza, senza capire che, invece, non lo era affatto. «Si sistemerà tutto.»

Eloise - Figlia di una schiavaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora