Capitolo 12 - Osservazione

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Aprendo gli occhi, mi resi conto di essere caduta dall'amaca durante la notte. Di nuovo.

<< Va bene che sono passate solo due settimane - dissi a bassa voce a quella trappola di corde – ma non ti sembra il momento di iniziare ad andare d'accordo?! >>. Ero finita più vicina del solito al comò di legno scuro. Ancora mezzo metro e avrei rischiato di sbattere la testa sullo spigolo.

La cosa inquietante è che il comò era dall'altra parte della stanza e non capivo come diavolo avevo fatto ad arrivare fin lì senza svegliarmi. – Forse... no, non lo voglio sapere – pensai mentre mi alzavo con la schiena che supplicava di farle un massaggio e il collo dolorante. Lo stomaco mi si contorceva al solo pensare a quello che avrebbe potuto essere successo durante la notte, e l'idea di andare in fondo alla faccenda non mi entusiasmava.

Dall'oblò filtrava la forte luce solare, creando una macchia d'oro sul pavimento di quercia della camera e permettendomi all'ultimo secondo di non inciampare sul mio stesso zaino. – Devo decidermi a svuotarlo e metterlo via prima che si coalizzi con l'amaca per uccidermi – pensai lanciandolo in un angolo. Solo in quel momento mi accorsi che la mia compagna di stanza era già uscita.

Sì perché, diversamente da ciò che mi aspettavo, non ero l'unica donna della ciurma. Certo, Halta non era un granché femminile: anche le labbra, ad esempio, che solitamente avrebbero dovuto avere una forma morbida e carnosa, erano solo una linea sottile senza colore o presenza e, avesse avuto qualche tipo di curva, con i vestiti che indossava risultava totalmente invisibile, nascosta dalla maglia verde e i pantaloni bianchi stile sedicesimo secolo.

No, non era decisamente più femminile di un lampadario. Però, almeno, non avevo l'ansia di essere l'unica ragazza della ciurma.

Mentre mi vestivo per andare a pranzare, il mio sguardo ricadde sulla fodera della mia spada, il regalo di Tetsuya, dello stesso colore cupo del sangue raggrumato. Nella mia mente si materializzarono uno ad uno i volti degli amici e dei conoscenti che avevo lasciato senza neanche salutare un'ultima volta. Quando vidi Lucy, le lacrime punsero crudeli in fondo agli occhi.

Continuavo a maledirmi per averla fatta piangere proprio il giorno in cui siamo salpati, il giorno in cui lei avrebbe voluto solo saltare per casa tutta contenta e tartassarmi di domande per essere sicura che avessi preso tutto, cercando di contenere l'agitazione di vedermi andare via. Sentire le sue lacrime bagnarmi la casacca fu la sensazione peggiore che abbia mai provato. Credevo mi si fosse aperta una ferita sul petto, come se un animale feroce mi avesse lacerato la carne all'altezza del cuore.

Allontanai il più bruscamente possibile quei pensieri. - Quel che è fatto è fatto, basta fare tragedie – mi sgridai. I miei piedi mi portarono fino alla porta del bagno, al lato destro della camera. Mi lavai la faccia nel lavandino sciacquando via i residui di sonno e guardai il mio riflesso nel piccolo specchio di fronte a me. Era la mia faccia di sempre: occhi scuri di un colore troppo profondo per essere identificato, naso lievemente all'insù, labbra piccole e rosate. La mia solita, insulsa faccia di sempre.

Nulla di anomalo.

Afferrai la casacca e me la infilai al volo mentre uscivo dalla stanza e andavo verso la sala da pranzo. Doveva essere circa mezzogiorno, perché appena entrai la confusione mi investì. Pirati che più che parlare urlavano e di tanto in tanto tiravano giù qualche santo, probabilmente per invitarlo a ubriacarsi con loro. A vederli non sapevo mai se esserne turbata o ammirarli per la loro abilità nel ridere e bere sakè allo stesso tempo.

Forse "bere" non è il verbo adeguato. "Tracannare" rende di più l'idea.

Comunque fidatevi, è più difficile di quanto sembri. Io ho rischiato di strozzarmi, una volta: ero ad una festa di compleanno e dovevamo brindare con un goccio di spumante. Roba da nulla, se non che per sbaglio mi avevano dato del sakè e, mentre stavo bevendo, qualcuno aveva fatto una battuta e mi era andato di traverso. Stavo soffocando dal ridere.

Tiger's Blade [INCOMPLETA/NON CONCLUSA]Wo Geschichten leben. Entdecke jetzt