Cap. 5

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È passata una settimana da quando ho iniziato a convivere con Juuzou. A volte mi fa saltare i nervi, altre mi fa addirittura ridere. E ridere è sempre più difficile per me. Non esco praticamente più, né per fare la spesa, di cui continua ad occuparsi il mio nuovo coinquilino, né per andare a scuola. Mi sono chiusa in me stessa -e nella camera da letto- più di prima. Ormai sono tutt'uno con le lenzuola.

Anche quella mattina, Juuzou mi aveva rotto i timpani per annunciarmi che stava andando a lavoro.

-Aka-chaaaaaaaaan! Io vado!

-Mmh... ciao- mi ero limitata a mugugnare da sotto le coperte.

Da allora non mi sono alzata nemmeno dopo aver udito la porta d'ingresso chiudersi. Sono rimasta a letto, gli occhi socchiusi puntati verso la finestra ignorando l'orario. C'è il sole, ma non basta ad invogliarmi a mettere piede fuori.

Dopo quella sera in cui crollai davanti a Juuzou non ho pianto più, e non so dire se sia meglio o peggio. Ho cominciato ad essere più apatica. Mi sta abbandonando anche la rabbia. Che senso avrebbe prendersela, poi? Certo, la mia famiglia è stata uccisa da due ghoul, ma alla fine sono morti anche loro e accanirsi contro la loro intera specie non servirebbe a nulla. Anche se avessi voluto, non sarei mai riuscita ad ucciderli tutti e ciò non avrebbe riportato in vita i miei genitori. Vendetta, giustizia... che parole sono? Qual è il loro significato? A che servono? A niente, ecco. Un bel niente. Prolungherebbero solo la frustrazione e il dolore per la perdita.

Anche stamattina ho dormito fino a tardi. Con uno sbadiglio mi trascino fuori dal letto per poi dirigermi in bagno a darmi una sistemata. Non mi guardo nemmeno allo specchio. So già di essere un disastro, dunque eviterei volentieri di abbassarmi ulteriormente l'autostima.

Dopo essermi lavata almeno la faccia evitando il contatto visivo con il mio stesso riflesso, scendo in cucina per fare colazione. Proprio ieri Juuzou è andato a fare un po' di spesa, ma sperare che sia avanzato qualcosa è troppo. Infatti, come apro lo sportello del frigo, mi ritrovo davanti una mera bibita gassata, così, senza fare troppi complimenti, la prendo e vado a sedermi sul divano in salotto. Accendo la televisione cominciando a fare un po' di zapping tra i canali finché non mi imbatto nel telegiornale.

"Ennesimo massacro da parte di una banda di ghoul nella ventesima circoscrizione. La vittima è una famiglia intera composta da cinque persone. La CCG dichiara...".

Quelle poche parole bastano a farmi spegnere subito la TV. Rimango ferma a fissare il mio riflesso nello schermo nero, ascoltando i miei stessi pensieri che si affollano e scontrano come pesci rossi in un acquario troppo piccolo. Non so bene cos'è che abbia innestato la realizzazione -forse la mia figura pari a quella di un alcolizzato di mezza età-, ma finalmente, dopo una settimana, mi rendo conto di una cosa: è vero, la vendetta non avrebbe risolto nulla, ma non lo avrebbe fatto nemmeno starsene a poltrire sul divano con una bibita in mano. Per non parlare del fatto che sto praticamente vivendo sulle spalle di Juuzou e questo è profondamente ingiusto. Lui mi ospita a casa sua e io lo ripago in questo modo?

"Mi vergogno di me stessa."

Proprio in questo momento odo il familiare suono di chiavi che girano nella toppa.

-Aka-chan sono tornato!

Resto sorpresa formulando mentalmente un "di già?", ma dopo aver rivolto lo sguardo all'orologio appeso in cucina mi rendo conto che sono già le undici e venti. Non ho nemmeno il tempo di voltarmi nuovamente verso l'ingresso che Juuzou si piazza praticamente a qualche centimetro dal mio naso.

-Hai fatto presto oggi- sorrido leggermente allontanandomi un po' dal suo viso.

-Già!- esclama lui buttandosi di peso sul divano, le mani dietro la nuca.

𝐇𝐮𝐦𝐚𝐧 || 𝐽𝑢𝑢𝑧𝑜𝑢 𝑆𝑢𝑧𝑢𝑦𝑎Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora