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Camminava per strada, spaventato.
Sapeva che lo stava seguendo, non poteva nascondersi da lui.
Avrebbe riconosciuto ovunque la sua voce bassa e roca.
Avrebbe riconosciuto ovunque lo strano rumore metallico che faceva quando camminava.
Si guardò intorno.
Una piccola parte di lui sperava che il suo demone fosse venuto fin lì per porre fine a quella tortura comunemente chiamata vita.
Ma era davvero vita la sua?
Nascondersi ogni giorno, scappare, trovare nuovi posti in cui cercare di sfuggirli, sapendo comunque che lui l'avrebbe trovato comunque.
Era una corsa per la vita, iniziata quando suo padre era morto.
Da quel giorno divenne tutto frenetico, e lui si perse nel tempo.
Non aveva idea di quanti anni avesse, non si fermava a pensarci.
Non aveva avuto una infanzia, né una adolescenza.
Il suo rumore lo risveglio da quello tanto di trans.
Doveva iniziare a correre, e anche velocemente.
O almeno, avrebbe dovuto farlo.
Perché continuo a voler sopravvivere?
Si chiese, preso dalla disperazione più totale.
C'era davvero qualcosa per cui vivere in quella tremenda vita?
No, non c'era.
Allora smise di correre.
Lo stava aspettando, fermo, in mezzo alla strada.
Era spaventato, sapeva che stava per finire tutto.
Lacrime calde scesero sulle sue guance, era felice.
I passanti lo vedevano, ma lo ignoravano, e lui ignorava loro.
Rumori metallici, stava arrivando.
Le ginocchia cominciarono a tremargli, e respirava a fatica.
Dall'ombra uscì lui.
Colui che gli aveva rovinato la vita.
Colui che aveva ucciso sua madre.
Quel mostro.
Il ragazzo non provava più paura, ora era pronto, ma non a morire, voleva combattere.
Non per la sua vita, quella, l'aveva persa ormai da anni.
Voleva combattere per vendicare sua madre, e la vita normale che gli era stata negata.
Il mostro era davanti a lui, con il volto coperto.
Ro tirò fuori un coltello dallo zaino che lo aveva accompagnato per anni, e pugnalò il mostro.
Quello rise, come se gli provocasse piacere, e scomparì.
L'aveva sconfitto.
Era finalmente finita, o almeno, così credeva.
Una giovane donna si avvicinò a lui, chiedendogli "perché lo ha fatto?„
Il ragazzo era confuso, finché non vide che stava sanguinando.
Non aveva colpito il mostro, non c'era mai stato nessun mostro.
Era scappato tutta la vita dai suoi peccati.
Era lui che aveva ucciso sua madre.
Era lui che si era negato una vita normale.
Aveva fatto tutto da solo.
Questa consapevolezza lo uccise più del coltello che aveva ancora nella pancia.
Stava morendo, per colpa sua.
La morte non gli era mai sembrata più vicina di quel momento, e lui non poteva fare altro che lasciare che quella fredda presenza lo prendesse nelle sue grinfie.

n/r
nON SO SE RO SI SCRIVE COSÌ, MA VABBÈ.
cercherò di aggiornare più spesso gnaw, alla prossima xx

mad hatterDove le storie prendono vita. Scoprilo ora