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𝑭u una cena impacciata dato che Jimin e i suoi genitori rimasero in silenzio per tutta la durata

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𝑭u una cena impacciata dato che Jimin e i suoi genitori rimasero in silenzio per tutta la durata. Il Signor Park guardava il figlio spingere il cibo ai bordi della ciotola, passando poi lʼattenzione al suo aspetto magro.

ʻʻA scuola ti danno da mangiare? Non hai nulla addosso.ʼʼ Rimarcò lʼuomo, la sua voce fece sussultare il ragazzo. La Signora Park lo fulminò di striscio, seccata del fatto che ancora una volta stesse dando la colpa a qualcun altro al posto di accettare il fatto che suo figlio non stesse bene.

ʻʻSolamente... cose normali,ʼʼ rispose Jimin mentre posava le bacchette, ancora seduto. ʻʻNon ho fame, potrei andare per favore?ʼʼ

ʻʻNo, hai toccato a malapena il tuo piatto ed è la prima volta dopo tanto tempo che possiamo passare del tempo come una famiglia, non ti alzerai finché non finirai ogni singola cosa che cʼè nella tua ciotola e fino a quando non hanno finito tutti,ʼʼ il Signor Park si accigliò. ʻʻTua madre ci ha messo tempo per preparare questo pasto, il minimo che tu possa fare è mangiare.ʼʼ

Così Jimin si lasciò scivolare di schiena sulla sedia, forzando giù morso dopo morso mentre rispondeva alle domande del padre con semplici monosillabi. Si sentiva male, ed iniziò a pentirsi di non essere andato da Yoongi.



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ʻʻAllora dimmi come sta andando la scuola?ʼʼ Chiese il padre dopo la cena, non volendo ancora lasciarlo andare via. Jimin si agitò dal panico, il suo stomaco era già in disaccordo con il cibo che aveva mangiato.

ʻʻIo, uh, mi sono fatto degli amici. E... le lezioni non sono così male, ed ho un prof molto carino, Jo―ʼʼ

ʻʻIl Signor Jo ha portato Jimin in infermeria quando è svenuto.ʼʼ Disse la Signora Park, lanciando unʼocchiataccia al marito.

ʻʻPerché sei svenuto?ʼʼ Jimin scrollò le spalle. Non voleva parlarne con suo padre, lo imbarazzava e il Signor Park non sembrava volesse mai capire. Ebbe una conversazione abbastanza difficile quando aveva provato a spiegargli che gli piaceva un ragazzo, e sarebbe stato ancor più difficile spiegargli che forse suo figlio non era così perfetto.

ʻʻNon avevo dormito molto bene, ero davvero stanco,ʼʼ mentì, guardando le sue gambe. ʻʻSono esausto, posso andare a dormire?ʼʼ

ʻʻSono solo le sette,ʼʼ disse il Signor Park mentre guardava lʼorologio. Jimin scrollò di nuovo le spalle. ʻʻBeh, domani dovremmo comunque passare del tempo assieme, se vuoi davvero andare fallo.ʼʼ

ʻʻGrazie.ʼʼ Disse Jimin non appena si alzò, lasciando silenziosamente la stanza. Non era ancora arrivato in camera che poteva sentire le voci ovattate dei suoi genitori discutere. Sapeva di cosa stavano parlando, aveva sentito quelle storie troppe volte per ricordarsene.

Entrò nel bagno e fece irruzione davanti al water. Si ficcò due dita in gola, vomitando. Le lacrime gli punsero gli occhi mentre rigettava la cena, il suo corpo tremava mentre il retrogusto aspro di vomito lasciava la sua bocca. Singhiozzò.

Si lavò, tornò poi nella sua stanza per prendere il pigiama prima di andare a farsi una doccia. Esitò mentre ergeva affianco al letto, guardando in basso. Si accucciò, prendendo da sotto di esso le due scatole nascoste.

Tolse il coperchio ad una, rivelando tutti gli oggetti che aveva rubato. La ripose sotto per poi prendere la seconda. Stringendosi il pigiama al petto, tornò in bagno.



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Ora, Jimin stava bene. Aveva lasciato le scatole a casa, nella speranza che magari se non le avesse avute con sé non avrebbe avuto la tentazione di usarle. E non ce lʼaveva. Ma adesso, che le scatole erano lì dopo aver avuto a che fare con il padre, Jimin non riuscì ad evitarlo.

Tirò fuori esitante uno dei rasoi, sentendosi in colpa mentre lo fissava. Brillava sotto la luce del bagno; promettendogli sollievo da tutto il dolore, un modo per liberare tutte le emozioni represse.

Le lacrime iniziavano a cadergli dagli occhi mentre tagliava il polso, il sangue fuoriusciva dalla ferita fresca. Si aggiunse un altro taglio alla collezione di cicatrici, ma alla fine Jimin fu distratto da tutto il resto.

Il telefono prese a vibrargli dalla tasca dei suoi jeans, e sobbalzò. La lametta cadde contro il pavimento mentre cercava lʼapparecchio, e quando lo raggiunse lo tirò fuori. Il sangue colava dal suo braccio, ma alla vista dellʼid del mittente, rispose.

ʻʻScusa se ti disturbo, Jimin, ma mi mancavi,ʼʼ Disse Yoongi quando accettò la chiamata, sospirando leggermente. ʻʻMia madre ha iniziato a rompermi su certe cose, e volevo sentire la tua voce.ʼʼ

ʻʻStai bene?ʼʼ Chiese Jimin mentre si alzava, aprendo lʼacqua del rubinetto per poi infilare il braccio leso sotto. Il sangue si trasformò in acqua rossa, ma lo ignorò focalizzandosi solo sulla voce di Yoongi. Era preoccupato che in qualche modo Yoongi capisse cosa fosse successo, e decise di fermarsi, almeno per ora.

ʻʻSì, non è nulla. È solo che, vuole che faccia successo e che mi trovi un buon lavoro quando sarò più grande, e pure io. Ma la nostra opinione su ciò che rende un lavoro buono e di successo sono due cose completamente diverse,ʼʼ Sospirò, e Jimin si sentì male. era lui quello che doveva essere triste tra i due, non Yoongi. Yoongi non doveva essere triste, non era giusto. ʻʻMi dispiace, non volevo passarti i miei problemi. Come stai?ʼʼ

ʻʻBene.ʼʼ Disse Jimin guardando in basso i suoi polsi.

ʻʻÈ quel Jimin che in realtà dice ʻnon sto molto beneʼ o stai bene veramente?ʼʼ

ʻʻSto bene, hyung. Sono solo un poʼ stanco, e sto per fare una doccia. Sono in bagno.ʼʼ Chiuse il rubinetto, sperando che Yoongi capisse di doverlo lasciare andare.

ʻʻSei nudo?ʼʼ Ridacchiò leggermente.

ʻʻHyung.ʼʼ Borbottò Jimin riprendendolo, facendolo sospirare.

ʻʻOk, ok. Chiamami quando esci, voglio parlare con te.ʼʼ

ʻʻCiao hyung.ʼʼ


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