VII

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Tornò a casa e le sembrò di avere il fiatone, nonostante non avesse corso.
Era successo tutto troppo velocemente. Non era ancora riuscita ad accettare il fatto che quelle due persone con cui convivesse fossero i suoi genitori che già scopriva di aver ferito qualcun altro? C'erano troppi dubbi e domande nella sua mente. Magari Michael era il suo ragazzo prima... no, non l'aveva guardata con quel tipo d'interesse. Inoltre, se Luke era amico di un suo amico, era solo un caso che si fosse trovato all'ospedale quel giorno? E perché aveva finto di non conoscerla?
Sentì le lacrime tornargli su e si sbrigò a salire le scale. Si chiuse in camera sperando che i suoi genitori non l'avessero sentita, ma purtroppo non fu così.
— Posso? — chiese gentilmente Elizabeth dopo aver bussato. Chiuse delicatamente la porta dietro di sé e raggiunse la figlia sul letto. Heather era seduta da un lato, con il volto rivolto verso il muro e lo sguardo vuoto.
Sua madre le si sedette schiena contro schiena, probabilmente intuendo che non fosse ancora pronta per un confronto madre–figlia. La ringraziò mentalmente per questo.
Nessuna delle due disse nulla. Elizabeth era una donna protettiva (non che la biasimasse), costantemente in silenzio e con i modi capaci di ingentilire chiunque, ma riusciva a capirla dannatamente bene.
E' per questo che è tua madre, le suggerì una parte di lei e le lacrime finalmente le scesero silenziose sulle guance.
— Mi dispiace. — riuscì a mormorare, ma sentì la propria voce rompersi ancora prima di terminare di pronunciare quelle poche parole.
— Ehi. Non ti abbiamo mai incolpato di nulla noi. — la richiamò la donna, voltandosi ma comunque non invadendo il suo spazio. Non le afferrò il viso o le accarezzò i capelli, anche se Heather pensò che la tentazione dovesse essere tanta.
Si sentì letteralmente una merda. Quella era sua madre, dannazione! E lei stava sperando che non la toccasse per non dover ritrarsi dal suo gesto.
Heather ricambiò lo sguardo e notò una scintilla viva negli occhi della madre. Quest'ultima le sorrise.
— E' dura, è vero. — proruppe infine. — Perché tu sei qui... ma è come se non lo fossi. — Il suo sguardo si fece vacuo un momento e perse il contatto con la ragazza. Poi, qualcosa sembrò darle speranza. — Ma ho passato un periodo peggiore. Sai quale? I sette giorni in cui sei rimasta in coma. Non avevo idea se saresti sopravvissuta o meno. Il mio cuore era letteralmente diviso in due. Non mangiavo e non dormivo.
Poi un angelo ti ha mandata qui da me. —
Le tremò il labbro inferiore e con una mano esitante scansò una ciocca di capelli che accarezzava lo zigomo di sua figlia. Heather non si sentì a disagio, ma si beò di quella gentilezza.
Si era data la colpa ventiquattr'ore al giorno per tutto quello che era successo, da quando era uscita dall'ospedale, e quando poi Michael aveva avuto quella reazione, questo si era incrementato. Sapere che c'era ancora qualcuno che non la biasimasse, nonostante lei fosse la prima, le dava conforto.
— Non so cos'abbia fatto per meritarmelo, ma so di aver avuto un'altra occasione, proprio come la hai te. Non sei morta, ma sei qui con me, adesso, e se serve farò tutto d'accapo. —
Le lacrime avevano smesso di gonfiare gli occhi di Heather, che rimase un momento ad assaporare quelle parole. Poi, abbracciò la madre.
Rimasero così qualche secondo, ma fu proprio Elizabeth ad allontanarsi. — Non voglio che tu sprechi la tua vita, tesoro. Voglio che tu la viva appieno. —
Sembrò implorarla con gli occhi.
Qualche minuto dopo, sua madre la lasciò sola. Non aveva spiccicato parola, eppure sentiva di essersi tolta un peso. Supponeva che le cose con i suoi genitori non sarebbero tornate alla normalità da un momento all'altro; aveva bisogno di tempo per se stessa, prima. Finché non fosse riuscita lei ad accettare questa situazione, niente intorno a lei si sarebbe sistemato, tantomeno il rapporto con le persone che prima la conoscevano.
Questo era il vero proposito con il quale si presentò il giorno dopo a scuola.
Trovò subito Luke al suo armadietto e gli si avvicinò con passo spedito.
— Ehi! — Lui si voltò nella sua direzione e sembrò sorpreso del sorriso che lei gli rivolse.
— Heather, ciao. — Dopodiché, l'imbarazzo cadde su di loro. — Mi piacciono i capelli così. — le disse.
Lei arrossì; se li era allisciati e adesso le arrivavano ben oltre il seno. Anche a lei piacevano parecchio. Ne accarezzò una ciocca con la mano.
— Ascolta, avrei bisogno di parlare con Michael. —
Luke sembrò leggermente deluso, ma cercò di non darlo a vedere. Heather neppure seppe dire come fece ad accorgersene... semplicemente, lo percepiva. I lineamenti del suo viso solitamente erano meno tesi. Non che si fosse messa da osservarli.
— Oh, be', credo abbia Educazione Fisica adesso, perciò lo trovi fuori. Sei fortunata che non la faccia; solitamente se ne sta seduto in disparte sull'erba a scrivere canzoni. — ridacchiò, poi distolse lo sguardo.
Ci fu nuovamente imbarazzo fra i due, poi Heather si liquidò velocemente e uscì nel cortile. Come previsto, Michael era seduto sull'erba umida di fine Febbraio, con un capellino da baseball dalla visiera girata sul capo e la schiena curva su qualcosa. Luke aveva ragione: stava scrivendo a matita su un taccuino.
— Ciao. —
Lui si voltò di scatto. Non disse nulla finché lei non gli si sedette affianco, continuando a fissarla in ogni suo movimento. — Ciao. Che ci fai qui? —
— Ho bisogno di parlarti. —
Lui annuì appena, ma ritornò ben presto a rileggere ciò che aveva scritto sul foglio, ignorandola.
— Ascolta, so che non è facile per te e non ti biasimerei se fossi arrabbiato con me. —
— Ma non lo sono. —
Heather si girò a guardarlo, colta alla sprovvista. Il suo tono era atono, quasi annoiato, eppure sembrava essersi un po' ammorbidito.
— Ma potresti. Ciò non vorrebbe dire che mi incolpi di qualcosa. Vorrebbe dire semplicemente che... —
— Che io ti odi? Heather, non sono arrabbiato con te. — scandì bene le parole avvicinandosi al suo viso e facendo una cosa inaspettata: le sorrise da fratello maggiore e le scompigliò i capelli con una mano. Poi, si alzò in piedi. — Anzi, mi dispiace per ieri. E' solo che Luke ci ha colti alla sprovvista portandoti lì... non ero ancora pronto. —
'Stavolta toccò ad Heather annuire distante, un po' sconcertata. Non stava capendo; lui le stava sorridendo davvero come se tutto andasse bene? Mentre dentro di lei si era scatenata una guerra in attesa di un Trattato di Pace.
Pensava che dopo il discorso con sua madre le cose si fossero un po' sistemate, di essersi almeno un po' alleggerita il peso sulle spalle... invece non era così. Ancora una volta, aveva cercato di auto convincersi che andasse tutto bene.
Guardava Michael sorridere e non sapeva cosa provare. Ecco qual era il suo problema: non provava niente.
Era stato così da quando era uscita dall'ospedale fino a quando non si era guardata allo specchio, e adesso quella sensazione era tornata. Era come se non sapesse a quale emozione dare prima posto — rabbia, dolore, malinconia, nostalgia — e le avesse annullate tutte.
Michael fece un'altra cosa inaspettata: allungò una mano per aiutarla ad alzarsi e lei l'accettò come fosse un'ancora di salvezza a cui aggrapparsi da quel vuoto in cui stava precipitando.


amnesia.Donde viven las historias. Descúbrelo ahora