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Si spinse a forza oltre un paio di ragazzi ubriachi che le ostruivano la strada e uscì finalmente fuori. Per un attimo, dentro le era sembrato di star per avere un attacco di panico, ma fortunatamente era riuscita a chiudere gli occhi e respirare con calma. Con tutto quel chiasso era stato piuttosto difficile calmarsi e distaccarsi dal mondo circostante; si era sentita come un pesce fuor d'acqua per tutto il tempo, così alla fine era dovuta uscire.
Era passata solamente un'ora da quando erano arrivati. Heather non voleva chiedere loro di andarsene, ma non voleva neppure rimanere lì fuori al freddo per tutto il tempo. Ancora meno voglia l'aveva di passare la serata dentro.
Quella ragazza attaccata a Luke si era rivelata essere la sua ragazza, Leona. Finalmente aveva il piacere di conoscerla. Eppure aveva come un'aria familiare. Le sembrava di avere il suo nome sulla punta della lingua, come se lo avesse già sentito.
Leona aveva un caschetto moro e occhi di ghiaccio: era praticamente bellissima. Heather non riusciva neppure a paragonarsi a lei... non che dovesse farlo. Le aveva sorriso e l'aveva salutata come se fosse una vecchia amica; dovevano conoscersi prima. Così, con la scusa del bagno, si era allontanata e quando era tornata al bar, i ragazzi non c'erano più.
Le rimaneva solo una possibilità: ubriacarsi. Aveva diciassette anni, e seppure l'idea le suonasse malissimo, per gli altri non c'era niente di strano. Almeno si sarebbe divertita e non si sarebbe ricordata di quella serata.
Prese una lunga boccata d'aria prima di rientrare.
Si fece strada lungo la pista da ballo a spintoni; ormai aveva perso i ragazzi da una buona ventina di  minuti e ritrovarli lì in mezzo le sembrava un'impresa impossibile.
Tirò fuori dalla tasca del giubbino una ventina di dollari che le avevano dato i suoi genitori qualche giorno prima e li schiaffò con decisione sul bancone del bar, incatenando con lo sguardo uno dei baristi, che capì al volo e la raggiunse. Era un ragazzo piuttosto carino: tratti regolari, mascella pronunciata e capelli castani compostamente portati dietro le orecchie. Le sorrise e le chiese cosa desiderasse.
— Io... non lo so. — Tutta la sua convinzione cominciò subito a sgretolarsi.
— Prima volta con l'alcool? — domandò retoricamente il barista alzando gli angoli della bocca in un sorriso curioso. Non sembrava sorpreso, probabilmente non era la prima volta che le capitava una ragazza disorientata come lei. Ne fu sollevata e ricambiò il sorriso.
Lui si mise subito all'opera dandole le spalle e nemmeno un minuto dopo le allungò un bicchiere sul ripiano. Heather gli porse la banconota ancora fissando il drink.
— Non preoccuparti: questo lo offre la casa. — Le fece un occhiolino e poi tornò al suo lavoro.
Chiuse gli occhi e prese un respiro, poi alzò il bicchiere e ne bevve metà d'un fiato. Arricciò le labbra: aveva un sapore orribile e la gola le bruciava.
Qualche minuto dopo, una ragazza le si sedette accanto e ordinò una "tequila boom boom": era un drink servito in un piccolo bicchiere insieme ad uno spicchio di lime e a del... sale?
La ragazza in questione bevve d'un sorso la tequila e dopo aver inghiottito reagì come Ettie, poi mangiò il sale e succhiò il lime dalla buccia.
Heather strabuzzò gli occhi, poi — Uno di quelli. — ordinò al ragazzo di poco prima non appena ripassò.
Lui le sorrise maliziosamente e si mise al lavoro. Nel frattempo, lei finì il drink precedente in un sorso e poi fece come visto dalla ragazza con il successivo.
Cominciò a sentire la testa girare e inizialmente la cosa non le piacque, così decise di ordinare immediatamente un altro drink e arrivare a quella parte della sbornia in cui avrebbe potuto sorridere senza sapere perché come quasi tutti i presenti in quel locale.
— Dovresti andarci piano. Soprattutto se è la tua prima volta. — le consigliò mister Io–So–Tutto–Perché–Sono–Un–Barista.
Heather lo ignorò e ordinò altri due shot, 'stavolta di diversi gusti. Il sapore cominciò stranamente a piacerle.
Dopo diversi drink, la sensazione che tanto aveva aspettato stava cominciando ad impossessarsi di lei. Stavano suonando una canzone che aveva sentito diverse volte in radio e il corpo le fremette per la voglia di ballarla.
Ad un'altra ragazza dietro al bancone ordinò un altro shot da bere prima di gettarsi nella mischia, ma Io–So–Tutto–Perché–Sono–Un–Barista comparve subito dopo e la guardò con rimprovero. Le venne da ridere per il soprannome che gli aveva dato, ma lo fece sotto ai baffi. Era l'alcool che parlava e agiva per lei, perlopiù.
— Dovresti davvero rallentare. — Lei agitò la mano in aria con noncuranza e alzò il bicchierino per berne il contenuto, quando una mano le afferrò l'avambraccio.
Scattò con la testa verso destra e davanti le comparve Luke. La stava guardando in cagnesco.
— Luke. — mormorò flebilmente fra le labbra. Era come se l'alcool fosse scomparso dal suo corpo.
— La conosci, amico? Ti consiglio di farla smettere di bere. — disse il barista.
— Non sono affari tuoi. — ringhiò Luke contro quest'ultimo, poi si rivolse alla ragazza. — Adesso tu vieni con me. — le impose, trascinandola via. Heather ebbe appena il tempo di poggiare il bicchiere ancora pieno sul bancone. Sembrava un ragazzo totalmente diverso dal Luke che lei conosceva.
Aprì la bocca per ribattere e dire che si stava comportando da vero stronzo, quando per poco non cadde. Le girava la testa e Luke se ne accorse.
— Merda. — mormorò fra le labbra mentre si muoveva urgentemente da un lato. Le pose davanti un bicchiere d'acqua e le disse di bere. Lei fece come richiesto, seppure non si sentisse male; era stato solo il momento quando scese velocemente dallo sgabello. Non se la sentiva di contraddire Luke.
Lui la fissò nei minimi dettagli, come se stesse imprimendo la sua immagine nella mente. Già non sembrava più arrabbiato, ma solo preoccupato. A Heather venne da sorridere, ma i suoi pensieri sembravano lontani chilometri da quello che realmente stava succedendo.
Il ragazzo le riafferrò la mano e la condusse fuori dal locale. Respirarono entrambi a pieni polmoni e poi lui, ancora mano nella mano – non come se stessero facendo una passeggiata romantica, ma come se si fosse cacciata nei guai e la stesse riportando a casa –, la scortò sul marciapiede. S'incamminarono verso la strada principale. Heather non chiese nulla, aveva solo voglia di addormentarsi, risvegliarsi il giorno dopo e dimenticarsi di tutto.
Giunsero in un bar e Luke comprò una bottiglietta d'acqua.
— Bevi, rallenterà la sbronza. — Una volta fuori, le porse l'oggetto, poi continuò a camminare al suo fianco.
— Dove stiamo andando? — prese il coraggio di chiedere Heather in cammino ormai già da una decina di minuti. Luke aveva portato le mani in tasca e sembrava assorto. Non voleva disturbarlo per dirgli che doveva andare in bagno.
Heather aveva bevuto quasi tutta la boccetta d'acqua perché quando era con Luke non aveva bisogno di droghe.
— A casa. —
— Non volevi rimanere con i ragazzi? — In realtà, Heather aveva pensato di dire un'altra cosa.
Lui alzò le spalle e la guardò, — No. —
Le sorrise.
Rimasero in silenzio per un altro po', poi — Cosa cercavi di fare? —, le domandò.
Heather ci pensò bene su: voleva dare una risposta che gli avrebbe fatto capire come si sentisse.
— Dimenticare. — Avrebbe dovuto fare una sola cosa quella sera, eppure non c'era riuscita. Non sapeva se ce l'avrebbe fatta a sopportare quel peso che sentiva per l'intera notte. Saranno state quasi le due e lei non sapeva se sarebbe riuscita a dormire. — Buffo, eh? La cosa peggiore che mi sia mai capitata è l'aver dimenticato tutta la mia vita ed era esattamente ciò che stavo cercando di fare questa sera. — Luke non sembrò trovarlo altrettanto divertente, oppure non la stava ascoltando. — Perché non sei rimasto con la tua ragazza? —
Lui sembrò ridestarsi immediatamente e rimanere spiazzato. — Se n'è dovuta andare. —
Heather rimase zitta; si era sentita chiudere la gola. Quindi se lei fosse rimasta, Luke non l'avrebbe mai raggiunta, e lei a quest'ora sarebbe ubriaca a ballare Bitch Better Have My Money di Rihanna senza alcun pensiero.
Le venne voglia d'urlargli contro, ma non era realmente colpa di Luke. Lei non poteva pretendere di essere messa al primo posto solo perché lei l'avrebbe fatto.
Rimasero in silenzio per il resto del tragitto, finché non giunsero davanti casa sua. Pensò che avrebbe potuto tranquillamente chiudersi la porta alle spalle senza voltarsi, ma lui la fermò.
— Prima, ogni tanto ci mettevamo sul tetto di una delle nostre case a guardare l'alba o il tramonto insieme. — mormorò Luke, come se non volesse rovinare il silenzio del vicinato.
C'era tristezza in quel prima, constatò Heather, ma le sembrò un'ottima idea. Le bastò sorridere che lui si era già incamminato verso la balaustra bianca del porticato. Ci salì sopra e poi si aggrappò alla bassa tettoia. Una volta sopra, aiutò lei a fare lo stesso. S'incamminarono entrambi ancora più sopra, accanto alla cappella dalla quale usciva il fumo del camino, e si sedettero sulle tegole uno accanto all'altra.
— Credo che la tua ragazza sia molto carina. —
Lui le sorrise con gli occhi che brillavano, — Sì. Sì, è davvero bella. — Rimase a guardarla ancora un po', con il sorriso sulle labbra.
— Come si chiama? —
— Leona. —
— Wow, suona così bene. — sputò Heather. Non sapeva perché l'aveva detto. Ridacchiò per quello e lui le venne dietro. — Scusa, era un commento senza senso. —
Luke alzò le spalle. — Mi piace quando dici cose un po' senza senso. —
Rimasero qualche altro minuto in silenzio. Nella testa di Heather ronzavano così tante domande che non sapeva da dove cominciare.
— Posso farti una domanda? — proferì. Luke annuì. — Se io prima ero molto amica con Michael, e quindi anche con gli altri ragazzi, perché all'ospedale hai fatto finta di non conoscermi? Devo aver conosciuto anche te. —
Non sapeva se quello che aveva detto avesse senso, ma per lei era così. Aveva bisogno che ogni pezzo del puzzle fosse al suo posto per andare avanti.
Luke si morse il labbro con un sorriso divertito sottostante. — Diciamo che prima io non ero proprio questa versione di ragazzo, e non andavo molto d'accordo con quei tre. — Fece spallucce, come se fosse niente, ma a Heather non sembrava così.
Se non era quel Luke, chi era? Un secchione? Un duro? Un sorrisetto le crebbe sulla bocca, ma prima che potesse chiedergli cosa intendesse il cellulare del ragazzo cominciò a squillare e lui lo tirò fuori dalla tasca dei skinny jeans.
— Michael? —
— Luke, è quasi un'ora che cerco di chiamarti. Dove sei? Heather è con te? —
La diretta interessata riuscì a sentire il tono preoccupato del ragazzo dall'altro capo del telefono senza muoversi dal suo posto. Sorrise involontariamente. Sin da subito, Michael si era comportato come un fratello maggiore verso di lei e questo le aveva fatto piacere, invece di vederlo come un'intromissione.
— Sì. L'ho riaccompagnata a casa. —
Sotto si riusciva a sentire il trambusto della festa che cominciava a svanire, come se Michael si stesse allontanando.
— Cazzo, amico, potevi dirmelo! Io sto impazzendo qui! —
— Mi dispiace. —
— Va bene. Trovo gli altri e cerco di convincerli ad andarcene. Ci vediamo domani. —
Luke ridacchiò chiudendo la telefonata, — Michael non è un amante delle discoteche. Preferisce rimanere a poltrire a letto a giocare alla play station o al computer. —
Heather non rimase sorpresa da quell'informazione, ma non seppe dire perché. Lo immaginava perfettamente: il ragazzo, sdraiato scompostamente sul letto con una fetta di pizza in mano, a poltrire.
Rimasero a chiacchierare fino all'alba del più e del meno. Era bello che potessero parlare di qualunque cosa, perché Heather effettivamente di quel mondo sapeva poco e niente. Tante volte si era chiesta se era possibile dimenticarsi dei colori, dei numeri, dell'alfabeto.
Al chiarore del sole che spunta dietro ai palazzi di Seattle, Heather per la prima volta pensò che forse c'era del positivo nel poter ricominciare. Riscoprire il mondo e dare un valore ad esso.
— Ho un mal di testa atroce e ho sonno. —
— Conseguenza del caos del locale e della leggera sbronza che hai preso. — Luke le sorrise apprensivo e picchiettò con le mani sulle sue gambe stese sulle tegole. — Stenditi. —
Heather socchiuse le palpebre alla luce del sole e Luke pensò che il castano dei suoi occhi illuminati dalla luce viva fossero qualcosa che gli era mancato da morire, e che quindi non voleva più mancare di vedere.
Lei fece come richiesto: poggiò le mani unite sulle cosce del ragazzo, e sopra una guancia.
— E' il primo tramonto che guardo arrivare. — gli confessò sussurrando, come per paura di disturbare il sole stesso.
— Può essere anche il mio, se vuoi. —
Heather sorrise, nonostante le sarebbe piaciuto fosse il loro.

(l'immagine non c'entra niente con il capitolo, è solo per ricordare a tutti quanto sia bella)

amnesia.Where stories live. Discover now