XXIII

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Il giorno dopo, Heather fece fatica a mettere piede dentro scuola.
Non sapeva se aveva tanto voglia di un confronto. Non sapeva neppure se l'avrebbe avuto o se l'avrebbero ignorata. In realtà, non sapeva neppure se si sarebbero presentati.
Per esperienza, sapeva che quando c'era una questione di cui discutere, i ragazzi tendevano a scappare, perciò Heather non fu molto speranzosa di incontrarli.
Per l'appunto, per i seguenti due giorni, i ragazzi non si presentarono a scuola.
Heather fu tentata di scrivere loro, ma era piuttosto stanca di farlo e non ricevere risposta, per poi vederli catapultarsi da lei con le scuse, quasi pretendendo di essere perdonati.
Aveva bisogno di spiegazioni. Non le andava di avere il cuore in gola per tutto il tempo durante il quale loro non si facevano vedere.
Così, quel venerdì non si sarebbe mai aspettata di incontrarli.
Invece, subito intravide Luke al suo armadietto.
A Heather mancò il fiato, e fu costretta a bloccarsi sul posto.
Luke era distrutto: aveva i capelli spenti e arruffati, la barba incolta e le occhiaie, ed era fermo davanti al suo armadietto aperto, con lo sguardo perso.
Avrebbe voluto avvicinarsi e fare qualcosa, qualsiasi cosa per farlo stare meglio. Sentiva attanagliarsi lo stomaco.
Rimuginò sull'avvicinarsi o meno, ma poi venne ridestata dal rumore di un'anta sbattuta. Luke aveva chiuso l'armadietto con talmente tanta rabbia da attirare l'attenzione di alcune persone intorno a lui, che si allontanarono immediatamente.
Poi se ne andò, e lei decise di seguirlo di soppiatto.
Voleva solo sapere cosa stesse succedendo e se lei ne fosse la causa.
In quell'istante, la campanella della prima ora suonò e Heather si accorse che Luke non aveva in mano alcun libro.
Lo seguì fino al corridoio oltre il quale non c'erano classi, ma solo lo sgabuzzino e gli spogliatoi, e che perciò era vuoto.
Per poco Heather non si fece scoprire. Alla fine riuscì ad appostarti dietro l'angolo, da dove guardò Luke accasciarsi a terra e poggiare scompostamente la testa contro il muro.
Un attimo prima che lo raggiungesse, venne presa da parte da qualcuno.
Michael. I suoi occhi erano freddi, ma allo stesso tempo imploranti.
— Heather, devi andartene. —
— Come? — Non voleva credere che anche loro la stessero cacciando. Voleva solo discutere dei problemi come qualsiasi gruppo di amici e poi lasciarsi tutto alle spalle.
Invece sentiva il mondo crollarle addosso.
— Heather, è... non puoi capire. —
— Allora spiegami! —
— No. — fece Ashton, comparendo alle sue spalle. — E' troppo complicato. —
— Gli amici servono a questo. A capire quando nessun altro sembra riuscirci! — ribatté Heather. — E noi siamo amici. —
— Lo siamo, è vero, e se vuoi bene a Luke, adesso devi stargli lontana. —
Sembrarono pregarla.
Heather si sentì morire dentro, ma fece finta di niente e se ne andò.
Se era davvero quello di cui Luke aveva bisogno, l'avrebbe fatto per lui.

Non vide i ragazzi per tutto il giorno, e cercò anche di evitarli lei stessa.
All'uscita, s'incamminò amareggiata verso la fermata dell'autobus, sperando di avere un po' di tranquillità. Quando vide Grant venirle incontro con un sorriso, si ricordò di lui e si sentì in colpa per essersene dimenticata.
— Ehi. — lo salutò. Lui si appoggiò al palo della fermata, davanti a lei. Dovette mordersi il labbro per trattenersi dal dire qualcosa su quanto fosse bello. — Ancora complimenti per il tuo nuovo tatuaggio. —
Tentò di essere convincente e Grant sembrò crederle.
— Grazie. — Portò le mani fuori dalle tasche dei suoi jeans logori e Heather pensò che avesse delle bellissime mani. — Allora, ti va se ti invito ad un vero e proprio appuntamento 'stavolta? —
Heather avrebbe voluto picchiarsi per ciò che stava per dire.
— Scusa, Grant. Al momento ho bisogno di stare vicino ad un amico. —
Heather lasciò andare un sospiro; non credeva d'averlo davvero detto, ma era ciò che pensava. Grant annuì comprensivo.
— Capisco. Sei anche meglio di come pensavo. — Arricciò il naso. — Cavolo, mi piaci. Chiamami se cambi idea. —
Heather lo guardò allontanarsi e riunirsi a Tyler per andare a casa.
Il cortile della scuola era ormai quasi totalmente vuoto, ma poteva vedere le due macchine di Michael e Calum, vuote, parcheggiate dall'altra parte della strada. Il tempo minacciava di non far arrivare mai la primavera.
Quando si voltò ancora verso l'edificio scolastico, sentì delle voci ridestarsi e alcuni degli alunni rimasti accorrere vicino al muro dell'entrata.
Heather li raggiunse in poco tempo; Michael era fra quelle teste, ne era certa.
Nel giro di pochi secondi, la scarsa folla si disperse di nuovo.
Rimanevano solo Ashton, Calum, Michael e Luke. Quest'ultimo aveva la testa bassa e una mano chiusa a pugno dalle nocche scorticate e arrossate.
Lasciò andare un ansimo, poi alternò lo sguardo stupito dall'uno all'altro.
— E voi lasciate che questo succeda? E io dovrei stare lontana? —
— Non voglio che tu stia lontana. Te l'ho promesso. — mormorò Luke.
Lei continuava a non capire.
Calum prese Luke per le spalle e lo allontanò da lì, seguito da Ashton.
— Heather, a volte il male peggiore non accade a chi dimentica, ma a chi la memoria non è mai andata via. —

Heather aveva sempre rifiutato le offerte dei genitori di andare a qualche gruppo di sostegno, ma adesso ne aveva davvero bisogno.
Non voleva sentirsi compatita e capita, non voleva piangere e disperarsi, voleva solo sentire gente parlare. Non voleva rimanere da sola con se stessa. Si sarebbe solo convinta ad andare da lui. Non riusciva a vederlo soffrire, perché lo amava. Lui era il ragazzo che lei amava, nonostante non avesse idea di quando tutto fosse iniziato.
Era iniziato sin dal primo giorno che l'aveva incontrato. E si era imposta di dimenticare come la faceva sentire, le sensazioni che scatenava in lei; ma era arrivata alla conclusione che fosse impossibile.
Quando si buttò sul letto, voltò la testa verso destra e la foto di lei e i ragazzi sul Rainier Square le apparve davanti. L'aveva appesa qualche settimana prima, qualche giorno dopo averla trovata. Si destò e prese la cornice fra le mani. Avrebbe tanto voluto assistere per un momento a quella scena, come un fantasma. Vedere quella ragazza che non aveva mai conosciuto con quei tre ragazzi, solo per cinque minuti. Sentirli ridere felici.
Mentre osservava il sorriso sornione di Michael e quello genuino di Ettie, fece la cosa più stupida e impulsiva che la mente le disse di fare: scaraventò con tutta la sua forza il quadretto contro il muro. Mentre ascoltava attentamente ogni vetro infrangersi e poi ricadere atterra, le sembrò di star ascoltando il suo cuore. Lo sguardo le ricadde sulla foto, che nell'impatto era caduta rivolta verso il basso, quindi con la superficie bianca a lei visibile.
Mentre in sottofondo sentiva i passi di suo padre risalire le scale, Heather notò che c'era una scritta sul lato bianco della fotografia. Si avvicinò immediatamente e si accucciò per terra, prendendola in mano.
Mi sarebbe piaciuto essere lì a stringerti la mano.
Ti amore da morire, L

Sentì il suo fiato mozzarsi in gola e strinse la foto tra le mani.
— Heather! — la chiamò suo padre urgentemente non appena mise piede nella sua stanza. — Stai bene? Cos'è successo? —
Heather si alzò immediatamente. — Sto bene, davvero, ma adesso devo proprio andare. Torno presto! — farfugliò, fiondandosi fuori casa.
Cominciò a correre verso quella di Michael, sapendo che li avrebbe trovati lì.
Non si fermò neppure una volta a pensare a quello che stava facendo, il suo cervello andava a tremila e il cuore cominciava a minacciare di farle venire un attacco.
— Luke! Michael! — gridò con tutto il fiato che avesse. — Ashton! Calum! —
Meno di due minuti dopo, Michael fu sotto casa. Solo quando vide bagnarsi lui, capì che la pioggerellina fina che anticipa un vero acquazzone la stava ormai bagnando da tempo.
— Che ci fai qui?! Ti ho– —
— Cos'è questa? — Gli mostrò la foto, seppure avessero diversi metri di distanza tra di loro. Lei sapeva che Michael l'avrebbe riconosciuta. — Michael! —
Heather non si rese conto dell'intensità con la quale aveva pronunciato tali parole, ma sembrarono avere l'effetto che voleva.
Non disse niente per un lungo tempo, e Heather pensò che non avrebbe parlato.
— Leona non è la ragazza di Luke. —
Heather avrebbe voluto urlare per la frustrazione. E mentre fiumi di parole uscivano dalla bocca di Michael, cominciava a sentirsi male.
— Lui era lì con te, Heather. Era lì con te e ti ha vista perdere i sensi davanti a sé per colpa sua. Ti ha vista entrare in coma per una settimana, durante la quale non è mai venuto via dall'ospedale. E quando poi ti sei risvegliata, ti eri dimenticata di lui. — Michael sembrava arrabbiato, e Heather pensò che lo fosse con lei. Adesso che sentiva come stavano realmente le cose, si chiese perché non avrebbe dovuto. — Lo vidi venire da me, quel giorno. Pensavamo che sarebbe scoppiato... per tutto. Invece, lo sai che disse? "Voglio farla innamorare ancora. E ancora, e ancora, se fosse necessario. Anche se dovessi farlo ogni singolo giorno della mia vita." —
Heather cominciò a piangere.
— Ci convinse a non dire niente. Anzi, non ci fu davvero bisogno di convincerci. Nascondemmo tutto ciò che riguardava lui. I tuoi genitori capirono quanto Luke ci tenesse e ci aiutò. Tolsero tutte le foto che ritraevano anche lui, e lasciarono solo quella, incorniciandola così che non potessi leggere la scritta retrostante. —
Michael strofinava i polpastrelli delle mani tra di loro, come se gli formicolassero.
— Ha fatto tutto questo per te. Non ha mai vacillato. Neanche una volta. E adesso è a pezzi, perché deve guardarti andare con un altro ragazzo e fingere che fra voi due non ci sia mai stato niente.
L'amore fa questo, Heather. Ti ammala e ti da la cura, ma ti fa scegliere se tenerla per te o lasciarla alla persona che ami. —

amnesia.Where stories live. Discover now