XVIII

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Heather non seppe interpretare quell'affermazione.
Ci aveva pensato e ripensato per tutto il giorno, ma ancora non era sicura.
"Le cose più semplici sono le più complicate", aveva letto una volta.
E' come se il tempo non fosse mai passato. Intendeva che non fosse mai passato dal giorno prima? Perché anche lei aveva avuto quel pensiero. Oppure si riferiva ad un tempo ancora più lontano? Magari prima dell'incidente? E perché lo aveva detto? Lui non c'era in quella foto sul Rainier Square. E ovviamente loro alla fine non vi erano più saliti in cima.
Era tentata di chiedere ai ragazzi, ma non voleva rovinare quel rapporto che sembrava aver appena ricostruito, in un modo che non conosceva.
Dopo le sette ore consuete del mercoledì, Heather uscì da scuola con una stanchezza fisica e mentale accumulata negli ultimi due giorni.
Come era successo per tutte le altre lingue, anche col cinese aveva dovuto ricominciare daccapo, con un professore privato. Non se l'era proprio sentita di rifiutarsi, non aveva voluto deludere i suoi genitori dicendo loro che non era esattamente una sua priorità al momento.
Non che fosse proprio stata attenta, quel giorno. Aveva troppi pensieri per la testa.
Chiunque l'avesse conosciuta, le aveva detto che lei era una ragazza dalle mille sorprese e risorse, e lo si poteva vedere dalle lezioni extra di Cinese, che erano state una sua idea, da come riuscisse a far incastrare perfettamente la vita scolastica con la vita sociale, senza farsi mancare niente in nessuno dei due campi.
Tutti i professori parlavano bene di Heather, ma lei non aveva mai cercato di ingraziarseli. Semplicemente, faceva del suo meglio per dare il massimo in tutto quello che faceva, perché era così che le piaceva. Era energica, solare, riusciva a portare l'ottimismo in qualsiasi gruppo di persone si trovasse.
Quando Heather aveva sentito descriversi questa ragazza, aveva fatto fatica a credere di essere la stessa persona. Non si sentiva così. Non sentiva tutta quella felicità o quell'ottimismo. Più che altro, emozioni represse. E si sentiva in colpa per questo.
Ma non aveva aperto bocca al riguardo. Se stava male, non poteva parlarne con nessuno, perché non voleva infierire sul dolore che già stavano provando le persone a lei vicine; se stavano male loro, non poteva consolarle, perché sentiva che avrebbe solo peggiorato le cose fingendo di agire come avrebbe agito quella persona che ormai non era più. Dovunque si girasse, non poteva fare niente. Doveva reprimere tutto.
Era come correre una maratona senza mai fermarsi, poi cercare di prendere un lungo respiro e rendersi conto di non riuscirci.
Per questo, faceva tutto quello che poteva per rimanere la Heather di una volta, una ragazza che le avrebbe fatto piacere conoscere.
Scese pesantemente i gradini dell'edificio scolastico, già rimuginando sul fatto di dover tornare a casa. Avrebbe preferito fermarsi per fare due passi in un parco.
D'un tratto, sentì la voce di Michael chiamarla da lontano. Era in piedi ad una decina di metri da lei, intento a scostarsi dal corrimano che costeggiava la scalinata scolastica per raggiungerla.
— Ehi. Che ci fai qui? — domandò, sorridendogli. Sperò davvero che Michael potesse essere la sua scusa per non tornare a casa, ma si pentì subito dopo di questo pensiero.
— Ti stavamo aspettando. —
— Stavamo? —
— Sì, io e i ragazzi. — Indicò una macchina celeste che Heather presunse fosse degli anni 60–70. Ashton suonò il clacson mentre Calum si sporse dal finestrino del passeggero. Luke non sembrava esserci.
Quando rivolse nuovamente l'attenzione verso Michael, l'amico stava ridendo di gusto.
— Sai, Ashton ha appena riavuto la sua macchina. Bisogna festeggiare! —
— Ma allora ce l'avete la patente! —
— Oh, sì. E' lunga storia: un paio di mesi fa abbiamo fatto una scommessa contro Luke e te, e abbiamo perso. — Fece spallucce.
— Be', allora penso che mi toccherà venire con voi se voglio sentire questa storia. — Rinsaldò la presa dello zaino sulla spalla e s'incamminò a passo spedito e con un sorriso sulle labbra verso la macchina dove si trovavano i suoi amici.

— Quindi mi stai dicendo che avete perso una scommessa contro di me? —
Michael sorrise come se ricordasse dei bei momenti passati.
— Diciamo che Luke non ha fatto molto parte del piano. —
— Che femminuccia. — commentò Calum dal posto del passeggero.
— Eri veramente perfida. Una sera ti prendemmo in giro per esserti lamentata dei tacchi alti e della gonna stretta, e tu ci chiedesti di vestirci con i tuoi abiti e passare una serata intera al cinema così. — Rise. — Pensavamo "Andiamo, al cinema! Non poteva scegliere cosa più facile!", ma tu invitasti le ragazze con cui Calum e Ashton si stavano sentendo e noi tutti perdemmo la scommessa. Eccetto Luke. Quella mammoletta aveva detto sin dall'inizio "Oh, io lo so che la mia– — Si bloccò di colpo. — che è difficile indossare quella roba. — continuò poi, come se nulla fosse successo.
Heather rise. — Così invece di chiedervi di portarmi a scuola per un mese, non ho fatto usare neppure a voi l'auto. — Riassunse, raggomitolando il filo della storia. — Wow, ero davvero astuta. —
Scoppiarono entrambi a ridere, poi Heather volse il suo sguardo fuori dal finestrino, tentando di concentrarsi sull'esterno per capire dove stessero andando, ma in realtà stava pensando a Luke. Avrebbe voluto che fosse con loro.
— Mi dispiace. Non dovremmo riportare a galla continuamente vecchi momenti. — esordì Michael d'un tratto. Heather si voltò.
— Cosa? Non è vero! Io sono contenta di sentirveli raccontare. Dico sul serio. — Gli sorrise con dolcezza. Fu quasi certa di aver visto qualcosa tremolare negli occhi di Michael.
Poi, Ashton annunciò che erano arrivati e scesero tutti dall'auto.
C'era voluta più o meno una mezz'ora per arrivare.
Si trovavano sull'84esima Avenue, da cui erano appena usciti. Erano entrati dentro una recinzione, davanti a loro si ergeva un edificio bianco e spoglio. Sarebbe potuta essere una prigione come una scuola. Invece, su un cartello rosso attaccato alla recinzione lesse: "Champion Arms Shooting Range".
— Che diamine...? Mi avete portato ad un poligono di tiro?! — Scattò verso i ragazzi, che sembravano non stare più nella pelle. — Io pensavo saremmo andati ad un pub! —
— Ma sono appena le quattro del pomeriggio! Sarebbe davvero triste bere a quest'ora. — commentò Calum.
Lo guardò male e poi gli diede una pacca sulla spalla. Lui si lamentò come una femminuccia e scoppiarono in una risata generale.
— Fidati, ti piacerà più di quanto pensi. — Ashton rise come se sapesse qualcosa che lei non sapeva e poi s'incamminò verso l'entrata.
— Okay, facciamolo. — annuì convinta.
Heaher era piuttosto sicura che quella non fosse la prima volta che i ragazzi ci venivano, perché nel giro di cinque minuti si ritrovarono dentro ad una stanza lunga e grigia, composta di tante postazioni divise fra loro da separé a griglie. Davanti, una stanza vuota e buia sembrava finire oltre dove lo sguardo di Heather riuscisse ad arrivare. Ma non seppe dire se fosse solo una sua impressione o meno. Delle sagome con disegnatevi cerchi numerati uno dentro l'altro erano appese a diverse distanze.
Le postazioni sembravano tutte vuote tranne una: era l'ultima della fila, quella più lontana da loro. I ragazzi dietro di lei continuavano a mormorare qualcosa mentre si avvicinavano a quell'uomo.
Una volta a distanza di sole due postazioni, Heather riconobbe le spalle larghe, le gambe affusolate, la tensione delle braccia. Non riusciva a chiudere gli occhi, ma le ritornò in mente l'immagine di lei chiusa in una macchina con lui per tutta la notte.
Luke stava sparando con un'intensità impressionante. Il suo corpo era testo e allo stesso tempo a suo agio. Come se lo facesse da tempo. Heather pensò che non voleva essersi persa anche quello.
Quando Luke finì i colpi e si preparò a ricaricare, abbassò le braccia tese e solo allora li notò.
Heather lanciò uno sguardo alla sagoma da lui colpita: aveva fatto centro per sei volte di seguito.
Luke si tolse gli occhiali di protezione e li squadrò con sorpresa e... spavento?
— Non puoi venire qui senza di noi! — lo rimproverò giocosamente Michael, già infilandosi i suoi di occhiali e posizionandosi una postazione più lontano da Luke.
— Andiamo, ho appena ripreso la mia macchina e tu te ne stai qui? — esultò Ashton, imitando Michael e affiancandolo.
Solo allora Heather si rese conto che Luke stava guardando lei, e che lo aveva sempre fatto da quando erano entrati in quella stanza. Quindi, perché sembrava spaventato dalla sua presenza?
A quel punto, un uomo spuntò alle spalle degli altri e le allungò l'arma. Solo allora i due si ridestarono da quel torpore momentaneo, e Heather si accorse che tutti avevano una pistola in mano tranne lei.
— Una Beretta 98FS per la signorina. — Il tizio le sorrise e le porse l'arma con una scatolina di ricambi. Era un signore piuttosto sovrappeso con una fascetta sulla fronte e dei baffi che cominciavano ad ingiallirsi.
Le sorrise e poi uscì dalla stanza.
I ragazzi avevano già preso posto.
Quando si voltò ancora un po' disorientata, Luke le apparve davanti con un sorriso sulle labbra.
Da un po' di tempo aveva cominciato a portare i capelli bassi sulla fronte, ma adesso erano tutti un po' arruffati. Aveva anche cominciato a farsi crescere la barbetta, il che a Heather non dispiaceva.
Ma fu sollevata di vederlo sorridere, come se le avessero tolto un peso dallo stomaco.
— Posso aiutarti con questa? —
Heather gli sorrise ed annuì.
Luke le mostrò come posizionarsi, come distendere le braccia e ricaricare la pistola. Le fece provare a sparare e non centrò neppure una delle cinque volte. Alla sesta, sfiorò la spalla della sagoma, ammaccandola appena.
Risero per così tanto che Heather solo dopo una decina di proiettili riuscì a centrare il terzo cerchio.
Posò la pistola sul ripiano dove si trovavano i proiettili di ricambio, si voltò e buttò le braccia al collo di Luke esultando.
Quando si allontanarono l'uno dall'altro, era come se una scintilla avesse minacciato di accendere un fuoco che li avrebbe bruciati.
Dopo un'altra ricarica di quindici colpi, Heather non riusciva neppure più a pensare di toccarlo.
Se si sentiva così elettrica solo vicino a lui, o per un semplice abbraccio, come poteva fingere che ciò che provava non esistesse?
In più, non aveva idea di come lui l'avrebbe presa. Oltre ad essere già fidanzato, ogni volta che si trovava con lei cambiava umore. Proprio non riusciva a capire cosa vagasse per la sua mente quando si trovavano insieme.
Luke era una pistola senza la sicura: Heather non poteva mai avvicinarsi senza sapere se avrebbe sparato o meno.


non penso di avere una scusa decente per spiegare i quattro mesi di assenza... perdonatemi comunque  ❤️ 

amnesia.Tahanan ng mga kuwento. Tumuklas ngayon