XI

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Quando si svegliò il mattino dopo, si sorprese che fossero ancora tutti e due sul tetto di casa sua, insieme.
Aveva paura che fosse stato solo un sogno, un brutto scherzo della quasi sbornia che si era presa. Aveva appurato di non essere una ragazza da festa e che probabilmente non lo era neppure prima. Il mal di testa che l'aveva assistita per tutta la notte non poteva essere solo opera di quel poco alcol che aveva bevuto. Non si era ubriacata, eppure si sentiva la mente così incasinata e il petto che le bruciava che pensò dovesse essere successo per forza qualcosa, la sera prima.
Seduta sull'apice del tetto di casa sua, si voltò indietro e Luke era ancora sdraiato a pancia in su, con una mano sullo stomaco, a russare leggermente. Si ritrovò a sorridere.
Ecco cos'era successo.

Quella mattina, Heather si era sorpresa di come i suoi genitori non se la fossero presa per niente. Non odorava d'alcol o fumo e loro non si accorsero di dove avesse passato la serata. Avevano semplicemente pensato che Luke fosse venuto e che i due ragazzi si fossero addormentati sul tetto. Evidentemente, non era una cosa nuova per loro. Heather, comunque, preferì non chiedere nient'altro; si chiuse in bagno per una doccia rigenerante e poi dormì fino all'ora di cena.
Non riusciva neppure a capire quello che provava. Era un sentimento cresciuto troppo in fretta ed era decisa a reprimerlo.

Heather non si aspettava nulla da quel sabato.
Quelli precedenti li aveva semplicemente trascorsi a poltrire e a pensare al suo passato inesistente, e adesso al pensiero le si stringeva lo stomaco. Le sembrava un'epoca fa.
Decise che per cambiare sarebbe andata a fare una corsa. Cercò di contare gli isolati che passava e, dopo un paio di essi, si fermò per riprendere fiato.
La corsa le permetteva di sfogarsi, in un certo modo. Quando correva, soprattutto con la musica nelle orecchie, si distaccava dal mondo circostante e s'immergeva nel suo. Non che fosse emozionante, anzi, il più delle volte era stancante; ma non stancante come dopo aver corso per un'ora, ma stancante come averne viste così tante da essersi arresi.
Negli ultimi tempi, tuttavia, era riuscita ad alternare tali pensieri con altri decisamente più positivi. Le sembrava di essere bipolare certe volte.
Il vento fresco le batteva sul collo nudo provocandole una piacevole sensazione.
Nel bel mezzo del suo allenamento, un corpo si affiancò al suo. Heather si fermò di colpo e tolse le cuffiette dalle orecchie.
— Luke, cavolo, mi hai fatto prendere uno spavento. — Si portò una mano al petto e si accucciò su se stessa per riprendere fiato. Il ragazzo rise e Heather pensò che non l'avesse mai sentito ridere, o che se era successo non ci si era mai soffermata. Scosse la testa, — Non ti hanno mai detto di non avvicinarti di soppiatto ad una persona con le cuffie nelle orecchie? —
Lui fece schioccare la lingua sui denti emettendo un 'tsk' e poi portò le mani sui fianchi.
— Corsa mattutina? —
— Avevo bisogno d'aria fresca. — annuì lei.
— Io sto andando a casa di Michael. E' qui vicino e ci sono tutti. Potresti venire. — Alzò le spalle.
A Heather la risposta uscì di getto dalle labbra, come se fosse scontato. — Sì. ­—
— Quanto hai preso al test di Algebra? — chiese poco dopo lui per fare conversazione.
— Una B–. —
— Io una B+! — le rinfacciò e la ragazza si mise a ridere. Le sembrò un bambino. — Non posso crederci. E' praticamente la prima volta che prendo un voto più alto di te! Questo è il lavoro di cinque anni di scuola. —
Heather continuò a ridere e continuarono a punzecchiarsi come se non fosse passato un solo giorno da prima dell'incidente, proprio come vecchi amici. Rischiarono persino di oltrepassare la casa di Michael, se non fosse stato per uno dei ragazzi che li chiamò dal garage aperto.
La porta ad anta era tirata verso l'alto e lo spazio era occupato da un divano a due posti (i ragazzi ci stavano tutti e quattro) piuttosto vecchio, una chitarra appoggiata contro di esso e una cassa di legno al suo fianco; infine un paio di scaffali in ferro retrostanti pieni di roba.
— Heather! — la salutarono loro, e la ragazza in questione fu felice di non vedere più sorpresa indesiderata sui loro volti, quanto piacere e spontaneità. Le sarebbe piaciuto che le cose fossero tornate come una volta, seppure come una volta lei non aveva idea di cosa significasse.
— Stavamo per metterci a suonare. Rimani? — le propose Calum.
— Voi suonate? — domandò lei piuttosto stupita.
Per un attimo tutti si dimenticarono della sua amnesia, ma fu Michael a recuperare con più naturalezza di quella che lei s'aspettava.
— Sì. Se rimani, dopo ti offriamo una bella pizza surgelata. — le sorrise sornione e afferrò la chitarra, poi si sedette sul piccolo divano. Un attimo dopo, tutti gli altri lo seguirono a ruota e lo strumento finì in mano a Luke, alla destra di Michael.
Quest'ultimo sistemò la chitarra, fece scrocchiare le dita e si leccò le labbra, e quando fu sul punto di cominciare, alzò lo sguardo su Heather. Colta alla sprovvista, rimase a guardarlo solo per un attimo, poi cominciò a passare le dita sulle corde della chitarra. Lo fece in un modo così dolce e delicato che a Heather neppure parve lo toccasse, lo strumento.
Ashton era seduto sulla cassa di legno che aveva visto all'entrata, ma alla quale non aveva dato molta importanza. Adesso che la guardava più attentamente, c'erano degli adesivi sulla facciata rivolta verso di lei, con il nome del ragazzo sopra.
Vi batteva le mani riproducendo un ritmo che accompagnava la voce di Michael e la melodia di Luke.
Per Heather quella era la prima volta che vedeva una cosa del genere, e lo trovò piuttosto intenso.
But now that I'm broken, and now that you know it.
Caught up in a moment, can you see inside?
Era riuscita a catturare alcune delle parole del testo che stava cantando Michael. Per un attimo le sembrò di leggere veramente quel dolore negli occhi del ragazzo, ma pensò semplicemente che fosse un ottimo cantante.
Luke cantò la seconda strofa, mentre il ritornello era comune a tutti. Heather pensò che le piacesse da matti scoprire dei particolari dei ragazzi giorno dopo giorno, dal momento che scoprire i suoi la faceva solo stare male.
Si complimentò con loro e poi chiamò i suoi genitori per avvertirli che sarebbe rimasta lì a pranzo.
— Heather... —
— Sono davvero da loro. — rise. — Anzi, c'è qui Michael che sta facendo lo scemo. —
— Salve signori Porter! Heather è in buone mani. —
— ...d'accordo. — Suo padre sembrò decisamente più rilassato, e forse anche un po' divertito.
Quando attaccò, Michael stava facendo bruciare la cipolla sul fuoco.
— Michael! — lo rimproverò e si fiondò ai fornelli ancora ridendo.
Lui emerse da dietro lo sportello del frigo e tirò fuori un barattolo di passata di pomodoro.
— Oops. —
Si erano messi loro due a preparare il pranzo perché, una volta finita la canzone, i ragazzi avevano tutti puntato il dito contro di lei per cucinare e Michael aveva affermato di voler controllare che non desse fuoco alla cucina.
La verità era che Heather non ricordava alcuna ricetta, ma aveva visto distrattamente qualche volta la madre cucinare qualcosa.
Alla fine, si era rivelata più capace di quanto credesse e Michael si era fatto da parte di sua spontanea volontà, semplicemente guardandola.
Si chiese se prima fosse brava in cucina, se almeno le piacesse.
Era in momenti come quelli che ricominciava a sentirsi a disagio e a cercare di capire cosa ci fosse nella testa di quel corpo in cui era capitata.

Mangiarono davanti alla tv mentre i ragazzi a ruota giocavano a Call Of Duty o Fifa. Heather era come il ragazzo delle boccette d'acqua, solo con le birre o con il cibo. Era arrivata persino ad imboccare Calum con la forchetta, che aveva finito per farsi cadere i spaghetti sulla maglietta quando si era mosso perché il suo personaggio era morto.
Heather passò il primo pomeriggio di divertimento della sua vita. Eccetto i messaggi ai suoi genitori ogni ora, si era dimenticata del tempo che passava e in un attimo erano le sei e mezza. Il cielo aveva cominciato a scurirsi già da un po' e lei aveva deciso che era meglio tornare a casa.
Luke si era offerto di accompagnarla e i ragazzi erano rimasti in silenzio, anzi a Heather le era addirittura parso di aver visto uno scambio di occhiate strane fra Ashton e Luke.
Quando metà delle volte insieme ai ragazzi si divertiva da matti e si sentiva a casa, per l'altra metà non aveva idea di quello che stava accadendo e si sentiva fuori posto.
Luke tentò di cominciare qualche discorso o di farla ridere, ma questa volta era Heather a non essere in vena e lui sembrò afferrarlo al volo.
Una volta davanti il vialetto di casa, Heather pensò realmente di entrare senza voltarsi dopo niente di più che un sorriso come saluto, ma Luke non rese le cose facili.
— Se per caso non ti fossi ancora vista allo specchio, io... noi tutti pensiamo che tu sia bellissima. —
Poi, si voltò.
Heather era piuttosto sicura che i suoi genitori fossero lì da qualche parte dietro quelle finestre a guardare ed accertarsi che fosse tutt'apposto, perciò non rimase più di un paio di minuti fuori. Si sentiva stordita.
Salutò i suoi genitori, salì le scale per la sua camera e si rese conto di una cosa: adesso aveva qualcos'altro per cui sentirsi in colpa.




i know i'm late, soo sorry

amnesia.Hikayelerin yaşadığı yer. Şimdi keşfedin