So, diary, I'll confide in you (parte 2)

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Come aveva previsto, Damon faticò a chiudere occhio, quella notte, forse dormì due ore in croce, forse nemmeno quelle: la testa di Elena si frapponeva tra lui e la sveglia ed era troppo privo di forze per alzare la sua e guardare.

C'erano cose che era meglio non sapere, la mancanza di sonno era una di quelle o rischiava di sentirsi stanco per principio, anche se il sonno proprio non ne voleva sapere di arrivare.

La sua ragazzina dormiva placidamente addosso a lui, come se non avesse alcuna preoccupazione al mondo, quando, invece, era forse la persona che ne aveva di più. Le invidiava questo lato del suo carattere, lui non aveva mai saputo gestire problemi che non fossero i suoi, era cresciuto così, forse erano solo le conseguenze di averlo dovuto fare praticamente da solo.

E questo era uno dei tanti motivi per il quale aveva lasciato casa sua per andare da lei: non avrebbe potuto andare da nessun'altra parte, non nello stato in cui era.

Le accarezzò i capelli, beandosi di quel momento di calma assoluta, quando il mondo intero dormiva e lui era l'unico testimone di quello che succedeva, e insieme era anche l'unico ad avere il privilegio di osservare la sua ragazzina come, sperava, non l'avrebbe vista nessun altro.

Elena mugolò e si sistemò meglio, nel sonno, contro di lui, lasciandogli libera la visuale sul comodino.

«Sarà meglio che sorgi e brilli, Bella Addormentata.» le sussurrò all'orecchio. «Sono le sei del mattino.»

Stavolta, il mugolio di Elena fu di fastidio. «Lasciami dormire, guastafeste.» si lamentò, prima di girarsi dall'altra parte.

Damon rise.

«Coraggio, è ora di andare a scuola.» le ricordò, facendole emettere un secco lamento frustrato.

Le pizzicò un fianco e lei sobbalzò, prima di girare la testa e guardarlo assonnata, eppure male. «Oggi è venerdì, c'è educazione fisica alla prima ora. Non rompere.»

Questo per lui non significava nulla, ed Elena se ne accorse un attimo dopo, quando al cervello fu dato abbastanza tempo per capire la sua faccia confusa.

«Stefan non te l'ha detto?» gli chiese e lui negò con la testa, anche se non sapeva esattamente cosa non gli avesse detto. «L'altro ieri mi sono slogata la caviglia agli allenamenti delle cheerleaders, quindi ho avuto il permesso di entrare più tardi dalla mamma. Me l'ha dato spontaneamente, ci credi?»

Damon sollevò la coperta solo per assicurarsi che non fosse niente di grave, ma la fasciatura sembrava solo di protezione.

«Fratello coglione!» imprecò, sottovoce. «Mi dice le stronzate e queste cose se le tiene per sé!»

«Credo non ti volesse preoccupare inutilmente. Non è niente.» replicò Elena, eppure la sua faccia corrucciata era sempre lì. «Non contestare il suo desiderio di fare ciò che tu fai per lui.»

Erano così simili, anche se Stefan gli teneva nascosti argomenti meno scottanti, e lei poté solo sorridere di questo, di come due fratelli così diversi e cresciuti lontani potessero avere una tale somiglianza.

«Certo che mi fai sempre fare la parte dello stronzo.» commentò lui, incredulo.

Quella battuta gliela servì su un piatto d'argento: «Ma tu sei un pochino stronzo.» ricalcò quella che fin troppo gli piaceva rinfacciarle, punzecchiandolo sul petto con un indice. «Il che ti rende impossibile farne semplicemente la figura... era così vero?»

Lo guardò maliziosa, mordendosi un sorriso che finì per esserlo altrettanto.

Il ragazzo le restituì un'occhiata di sbieco. «Tu impari troppo in fretta, ragazzina.»

Dear Diary - The Vampire DiariesWhere stories live. Discover now