He smiled (parte 3)

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Inizio col dire solo SCUSATEMI PER IL RITARDO, ci ho messo una vita perché mi sono impantanata su una scena e sono stata super impegnata D:

Cooomunque, il capitolo è finalmente qui e io domani vedrò di mettere le dediche alle lettrici più accanite, che voglio davvero ringraziare perché ho la sensazione che voi crediate in questa storia anche più di me.

Sono rimasta davvero commossa dell'affetto che avete per questa versione dei personaggi di TVD, e non so come ringraziarvi.

Adesso godetevi la lettura \o/


Era praticamente in preda al panico, ancora tremante. Non seppe mai per quanto tempo rimase a fissare la soglia vuota del salottino, incapace di muoversi.

Aveva paura a lasciare solo Stefan, ma l'unica cosa che le era davvero chiara era che aveva bisogno di aiuto: cercò di inspirare a intervalli regolari, prima di farsi prendere dalla paura, e dalla paura vera. Non se lo poteva permettere, e sarebbe cascato il mondo prima che si fosse detto che aveva abbandonato un amico, specie se in quelle condizioni.

Sulle sue gambe traballanti, Elena si diresse verso l'uscita che già piangeva, non aveva un piano, non riusciva a pensare ad altro che a respirare: cercò di ricordarsi come avrebbe dovuto fare, di contare, ma non riusciva nemmeno a rammentare i numeri.

E, poi, più pensava a Damon più il suo respiro sembrava volerle mozzarsi in gola, e rischiava di sentirsi soffocata dalle lacrime: come glielo avrebbe spiegato cos'era successo?

Come, a un ragazzo che si era forzato a fidarsi dopo essere stato tradito da una che aveva la sua stessa faccia? E cosa avrebbe fatto, senza il suo perdono?

No, non ce la faceva.

Non respirava.

Si appoggiò al muro con una mano, l'altra sullo stomaco, quasi per sentire se stessa, ma non ce la faceva. Ed era sola.

Si piegò, sotto al peso delle lacrime e dello sforzo di trattenerle, di prendere aria.

«Elena!» la chiamò una voce, preoccupata.

Qualcuno fu subito al suo fianco a sorreggerla.

La investì un'ondata di sollievo quando incrociò lo sguardo preoccupato di suo padre, sembrava che avesse corso, dal fiatone.

«Tesoro, che è successo?» le chiese, preoccupato.

Elena gli si aggrappò al collo, nascose il viso contro la sua spalla e scoppiò a piangere. «Papà!» riuscì a dire, tra i singhiozzi. «Papà...»

Si lasciò andare, stringendolo forte, il suo contatto con la realtà. Una realtà in cui il suo migliore amico era ancora su un pavimento freddo.

Non poteva lasciarlo lì.

«Stefan... Stefan è svenuto. Era ubriaco, non so cosa devo fare.» si scostò, improvvisamente di nuovo agitata, gesticolando verso la sala.

Lui era un dottore, avrebbe sicuramente saputo cosa fare... giusto?

«Stai tranquilla, tesoro.» la rassicurò lui, con dolcezza. «Ci penso io.»

Lei poté solo annuire in modo quasi febbrile, lo lasciò andare solo perché sapeva che il suo migliore amico aveva bisogno di aiuto e perché sua madre si era praticamente precipitata nel corridoio, la notò solo grazie allo sguardo che si scambiò con suo padre.

«Oh, tesoro.» Miranda fu subito con le braccia intorno alle sue spalle. «Va tutto bene, Elena. Stefan starà bene.»

Ma non era solo Stefan, era tutto: era Damon che l'aveva guardata in quel modo, era Caroline che, non appena avesse saputo cos'era successo, probabilmente l'avrebbe odiata, era Jeremy che non sapeva che fine stesse facendo, ed era anche lei che si vedeva infinite immagini passare davanti agli occhi, come se non potesse più avere pace fino alla fine dei suoi giorni.

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