Capitolo 2: Fiocco rosa

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"[...] Parece que sabemos tanto y, en realidad, conoscemos tan poco... Por eso hay que afinar el oido, hay que buscr la paz del silencio para que el mensaje de esas otras voces no llegue. [...]"

(José Manuel Fajardo)





Berlino, 1929:

Nell'ospedale principale della città, la famiglia Abib diede la lieta notizia della nascita della loro primogenita: Ariela. La bambina aveva gli occhietti castani chiusi, il nasino a patata cosparso da lentiggini, le labbra piccole e sottili, che ricordavano un cuoricino, le orecchie altrettanto piccole e dei capelli rossicci spettinati.

La piccola giaceva in una coperta bianca, tra le braccia della madre che le canticchiava un motivetto, accompagnato dal dolce suono dell'armonica suonata dal padre.

Poco dopo furono interrotti da un bambino che entrò nella sala dell'ospedale correndo come un matto.

"Signor Alex" il bambino attirò l'attenzione del signor Abib chiamandolo e, con le manine intrecciate dietro la schiena, si dondolava sui piedini mostrando un enorme sorriso.

"Natan, quante volte ti ho detto di non correre in ospedale!" lo riprese il padre, David, seguito dalla moglie, Devora non appena entrarono nella stanza. I due uomini si salutarono con un batti cinque, mentre Devora si avvicinò a Chana abbracciandola con cautela e sorridendo alla viste della bimba appena nata.

"Scusatemi!" Natan aprì le braccia cercando di ottenere l'attenzione da parte degli adulti: "Posso vedere la bambina?"

Alex prese in braccio il bambino, per poi affiancarsi al letto. Natan si sporse leggermente in avanti per vedere meglio la piccola.

Aveva solo due anni, sapeva parlare benissimo ed era un bambino molto curioso. Anche fin troppo, a detta dei genitori. Un giorno Devora e David non trovavano più il piccolo e cominciarono a chiamarlo e cercarlo, prima in casa, poi per strada. Dopo una giornata di ricerche, tornarono nella loro abitazione, quando sentirono uno strano rumore provenire dal soffitto. Si recarono lì e videro il figlio seduto per terra con un album in mano e con una candela che faceva luce.

"È molto piccola" affermò Natan.

La bambina, non appena incrociò lo sguardo con gli occhi azzurro ghiaccio del bambino, sorrise.

"Papà, mamma! La bimba mi ha sorriso!" Natan mostrò un sorriso a trentadue denti toccandosi i capelli nero corvino.

Alex posò, al suo posto, il bambino per poi prendere la piccola Ariela e metterla tra le braccia del piccolo, che la stringeva con attenzione. Alex prese la macchina fotografica e fece una foto ricordo ai due bambini.

Un ricordo che riecheggiava nella stanzetta della bambina, che cresceva velocemente.








Arrivò l'anno 1933, e Hitler prese il potere della Germania nelle proprie mani.

Ariela era nel negozio del nonno, ora gestito dal padre, mentre Alex serviva un cliente e Natan faceva i compiti accanto alla sua nuova amica.

Improvvisamente, un uomo in giacca e cravatta e dall'aria seria, entrò nel negozio di musica e strinse la mano ad Alex, e lasciò i clienti nelle mani della moglie.

"Allora, dove dobbiamo costruirlo?" chiese l'uomo misterioso.

"Prego, seguitemi" il bruno fece strada all'uomo, passando dal retro del negozio e salendo le scale recandosi ad una soffitta ben nascosta.

"Cosa vorrebbe farci qui?" chiese l'uomo.

"Un appartamento per accogliere almeno sei persone" rispose Alex.

"Va bene, vedrò cosa fare" rispose l'uomo guardandosi intorno per analizzare il posto e per pensare a quale lavoro effettuare per i restauri.





Berlino, 1935:

Hitler, ormai al potere della Germania, espresse la differenza tra razza ariana ed ebrea. La prima era la razza perfetta: tedesco di sangue e di dinastia, un Tedesco puro, con la T maiuscola; rappresentava la perfezione umana con capelli biondi ed occhi chiari e corpo ben scolpito.

La seconda, invece, era la razza ebrea (ma includeva anche gli omosessuali, i diversamente abili, persone nate con malformazioni o con difficoltà motorie e i rom): era la razza bruta. L'uomo dai baffetti rettangolari alimentò il suo odio contro gli ebrei emanando una Legge, chiamata Legge di Norimberga. Tale legge, infatti, impediva agli ebrei di sposarsi fra di loro, sposarsi con gli Ariani, di frequentare gli stessi luoghi frequentati dagli ariani (come biblioteche, bar e negozi), non potevano camminare sul marciapiede; inoltre erano obbligati ad indossare una stella a sei punte e i negozi, gestiti da ebrei, dovevano avere un cartello con la scritta Jude.

Con tale legge, il negozio di Alex andava male, non vendeva tanto come prima. I clienti si fermavano davanti alle vetrine e sembravano interessati, ma non appena notavano la scritta Jude, giravano i tacchi e andavano via.

"Ciao papà!" Ariela entrò nel negozio del padre andando incontro al genitore, che accolse la figlia a braccia aperte.

"Salve signor Alex" Natan entrò nel negozio "Sono passato per prendere i cappotti dei miei genitori"

Ariela notò una macchiolina gialla sul cappotto del suo amico d'infanzia e si avvicinò a lui.

"Abbiamo lo stesso cappotto! Anche io ho la stella! Vedi?" la bambina sorrise segnando la stella di Davide cucita sul suo cappotto "Vuol dire che siamo uguali? E le persone che non ce l'hanno?" la piccola cominciò a fare domande.

"Sì, Ari, siamo uguali e chi non ha la stella, vuol dire che non è migliore di noi" rispose Natan.

Chana arrivò dal retro del negozio con un grade pacco in mano.

"Tieni, dì a mamma e papà che la stanza è pronta" la donna sorrise al bambino, e lui sorrise per poi andare via.

Non appena arrivò a casa, Natan lasciò il pacco sul tavolo in soggiorno e corse in camera sua. Saltò sul letto e cominciò a prendere a pugni il cuscino urlando.

David e Devora raggiunsero il figlio. Il padre lo staccò dal cuscino e, dopo aver bloccato le braccia del piccolo dietro la schiena, il bambino dai capelli corvini si lanciò tra le braccia della madre, cominciando a piangere.

"Cosa è successo, Nat?" chiese Devora accarezzando i soffici capelli del figlio e asciugando le lacrime.

"Oggi Ariela era al negozio e ha notato che anche io, come lei, avevo la stella cucita sul cappotto. Le ho detto che tutte le persone che posseggono queste stelle sono tutti uguali, mentre chi non la ha, non è migliore.. non volevo rovinarle l'immaginazione. Perché Hitler ce l'ha anche con noi bambini? Cosa gli abbiamo fatto di male? Cosa vuole da noi?" urlò Natan, in preda alla disperazione.

"Natan,hai fatto bene. Quando Ariela crescerà, le spiegheremo tutto e capirà. Ora èancora piccola e vede tutto con occhi innocenti. Dobbiamo solo dare tempo altempo." David tranquillizzò il figlio abbracciandolo.

Where are you?Opowieści tętniące życiem. Odkryj je teraz